Doppio sogno (II)

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Nonostante il vuoto di frasi, io e Marco sentiamo la necessità di insultarci, ricorrendo a canali di comunicazione alternativi: dai pugni menati all'aria, ai talloni pigiati con una tale forza che potrebbero uccidere gli scarafaggi dell'intero studentato.

Il gioco dei mimi diventa l'arte nella quale ci dilettiamo per tutto il pomeriggio, con gli effetti sonori di porte sbattute, bicchieri lanciati e voli di cuscini, una pioggia di piume d'oca al posto della neve di fine febbraio.

Quando Tess scrive a Marco per invitarci in un localino del centro, i nostri musi sono così lunghi da toccare la voragine dell'Inferno, i nostri fiati così grossi da battere in potenza la bora di Trieste. Marco punta la porta a indicarmi che vuole uscire, io indico il letto a dire che pretendo di restare.

È evidente che non ci possiamo dividere: come potremmo altrimenti scannarci per il resto della serata e protrarre la nostra guerra binomiale?

Sono io a cedere, ma non per un attacco di debolezza: ho in testa il pallino di fargli passare una serata da film dell'horror, e l'umiliazione risulterà ancora più succosa, se avverrà davanti ai suoi amici.

Il Das Pack ci vede arrivare in ritardo, spintonandoci a vicenda – entrambi vogliamo passare per primi dalla porta del locale – e contendendoci l'ultima sedia libera. Il tutto continuando a strapparci di mano la grande lavagna bianca che ci stiamo portando appresso.

«Una spiegazione, grazie» dice Tess.

Amelie smette di masticare la chewing-gum, Pavel lancia per errore una pallina in testa a Juanito.

Non ci parliamo, scrive Marco sulla lavagnetta.

Colpa sua! Scrivo in rosso. È uno stupido!

Marco impugna il pennarello blu, sotto lo sguardo esterrefatto del Das Pack. La marmaglia ci trova addirittura più divertenti dei loro superalcolici.

«Fermi, non si capisce niente se scrivete così in fretta» ci sgrida Juanito.

Stiamo imbrattando ogni angolo della lavagna, sovrapponendo scritte blu e rosse senza nemmeno cancellare i precedenti litigi.

«Va bene, non parlate tra di voi» puntualizza Amelie, le labbra incollate da una patina di chewing-gum scoppiata. «Però potreste parlare con noi?»

NO. Ecco la risposta unanime del binomio.

«Dove l'avete presa la lavagna?» ci chiede Tess, il suo Sex on the Beach ancora intatto.

Io e Marco scriviamo a turni la storia del furto, di come abbiamo saputo mettere da parte il nostro odio per improvvisare un perfetto lavoro di squadra, lui nei panni nel palo, io della mano che esegue.

Abbiamo rubato la lavagna dello studentato, scrive.

Quella sulla porta della lavanderia con i turni delle pulizie.

Metà delle parole sono in italiano, motivo per cui il Das Pack inizia a disinteressarsi alle nostre narrazioni. Io e Marco invece siamo totalmente assorbiti da questa guerra. Sputate in inchiostro, nel centro della lavagna, si sormontano frasi che da chissà quanti anni tenevamo asserragliate nella fortezza del cuore.

Se hai un problema con me, devi dirlo! Mi accusa.

Sei tu che esci tutte le sere e mi eviti! Ho male al palmo da quanto sto stringendo il pennarello, la punta ormai spaccata, l'inchiostro in via di esaurimento.

Non mi sembrava di evitarti l'altra sera!

Sempre a quel bacio rotto stiamo tornando. Sapevo di averlo ferito, che l'attimo in cui l'ho staccato da me gli ha tirato un cazzotto di ferro sulla mascella. Ma come al solito Marco ha insabbiato il problema sotto il tappeto, lasciato che la polvere si accumulasse fino a dividerci con una muraglia cinese.

Binomio - 3Where stories live. Discover now