Col piede sinistro (II)

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Cara Moleskine di Woodstock, più che in un libretto dei pensieri, rischi di trasformarti in uno sfogo di confessioni alla Stranamore, un collage di frasi abominevoli come nemmeno il diario di una tredicenne.


Sai, Marco, so che non lo vuoi sapere, che ci sono parole capaci di ferirci, ma questo Zeno ci sa proprio fare. Deve essere un esperto di corteggiamento, il Casanova di Nomi, il Don Giovanni dell'Ateneo e chissà quante studentesse ha fatte cadere ai suoi piedi con i suoi appostamenti da rubacuori? In questo la tua brutta copia è meglio di te, perché di cuori ne hai saputi rubare solo due: il mio e quello di Celeste.


Appunto queste frasi sulla Moleskine e con un pizzico di stupore mi accorgo che il nome di Celeste non mi ferisce. Niente istinti omicidi, crisi respiratorie, preghiere al Diavolo per spedire quel dolce angioletto all'Inferno.


E comunque che ti dicevo? Pulcinella è incredibilmente bravo a corteggiare!


A fine lezione, lo trovo seduto sui gradoni davanti a Lettere, un ombrello sottobraccio per impedire che un acquazzone improvviso mi metta a mollo.

«Come minimo, mi devi una birra, un premio per ricompensarmi di questo eccellente salvataggio!»

Con quel sorriso innocente scioglierebbe persino la regina dei ghiacci e il suo palazzo di neve!


Non c'è niente di male, Marco, a uscire con uno che ti assomiglia, con il tuo stesso sorriso e il tono da bambino. Non c'è niente di male se mi sto divertendo.


Zeno mi racconta della sua nascita: «E così mia madre, gravida di un imprenditore inglese, e in visita alla chiesa di San Zeno, a Verona, mi ha partorito in mezzo alla navata centrale, dritta dritta davanti all'altare, con il parroco che si faceva il segno della croce e i chierichetti che mi tagliavano il cordone ombelicale.»

Io quasi mi strangolo con delle bollicine di birra.

«Ti giuro che è così» insiste Zeno. «Infatti mi chiamo Zeno, come la chiesa e non come il caso clinico del romanzo.»

E Dante?

«Perché in borsetta mia madre aveva una copia della Divina Commedia

Parliamo del più e del meno, mentre le lancette girano come impazzite nel tondo dell'orologio. E per ogni ticchettio Zeno ha una storia da raccontare, una pazzia da proporre, un piano in cui coinvolgermi. È un vulcano in eruzione, io una popolana circondata da lava e lapilli. Dalla mia posizione posso solo ascoltarlo e seguirlo, proprio come per anni ho seguito Marco, proprio come vorrei fare ora e io... Non sto cercando un chiodo per liberarmi del re dei chiodi in persona, vero?

«Devo andare» lo dico non appena Zeno mi invita nel suo atelier di quadri.

La mia affermazione lo spiazza:

«Credevo ci stessimo divertendo.»

Sì, anch'io, però...

«Non posso.»

Sgommo come Bip Bip direzione tana e ringrazio Zeno per essere un coyote e non un Bip Bip ancora più veloce di me. Non mi insegue, non mi cerca, non si apposta nemmeno più davanti alle macchinette per offrirmi un caffè senza zucchero. Ho fatto davvero bene a scappare da lui. È evidente che sarei stata solo un trofeo tra i tanti.

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