3 - Casa dolce casa

65 15 43
                                    

Anche se rimanere a terra a fissare il cielo non gli era sembrata, lì per lì, una cattiva idea, non l'aveva aiutato a trovare una soluzione al suo problema.

Dopo essersi ricomposto come meglio poteva ed essersi sciacquato la faccia tumefatta nel torrente, Fergus aveva dato ciò che rimaneva del suo pranzo ai pesciolini che si erano dimostrati piuttosto grati per quel dono inaspettato e si era incamminato verso casa.

Si sentiva imprigionato in un limbo, combattuto tra il desiderio di stare al fianco di Corha, nella speranza che prima o poi lo guardasse con occhi diversi e quello di spassarsela con i suoi amici, rubare qualche bacio alle ragazze, fare le cose normali che fa un giovane uomo di vent'anni.

E quelli sarebbero tuoi amici?

Con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e la testa infossata tra le spalle, Fergus sbuffò, continuando a camminare.

Aveva visto la sua faccia riflessa nell'acqua del torrente e, per quanto non fosse ridotta poi così male, si vergognava a farsi vedere dagli altri in quello stato. L'ultima cosa che voleva era che gli abitanti di Princeps lo considerassero un attaccabrighe come suo padre.

Per questo motivo, cercò di evitare d'incrociare gli occhi di chi gli passava accanto anche se, essendo sabato pomeriggio, c'era parecchia gente per le strade.

Passò velocemente davanti alle botteghe del fabbro, del falegname, del macellaio e del panettiere, sperando che nessuno cercasse di fermarlo per parlare. 

Non volendo lavorare nella falegnameria del padre, Fergus aiutava i negozianti nelle loro botteghe per mettere da parte qualche soldo e magari, un giorno, andarsene da Princeps.

In più, era un ragazzo socievole e spesso si fermava a fare due chiacchiere, in special modo con Mastro Cloud, il panettiere del paese nonché cugino del sindaco.

Nonostante i buoni rapporti che Fergus e sua madre Clara intrattenevano con i loro compaesani,  nessuno aveva mai impedito a Orson di fare del male alla sua famiglia.

Fergus non se la sentiva di biasimarli, in realtà, nella loro posizione forse avrebbe fatto lo stesso. Gli eroi, purtroppo, esistevano solo nei racconti e nelle leggende.

Superò la via delle botteghe e si ritrovò nella piazza principale, al centro della quale sorgeva un massiccio pozzo in mattoni e ferro battuto.

Raggiunta casa sua, esitò un secondo, la mano appoggiata al cancelletto di legno. Lanciò un'occhiata all'abitazione che sorgeva dall'altra parte della strada.

Lì viveva Corha.

Avrebbe dovuto dire a Silia Rootless cosa era successo ma quando scorse un movimento dietro alla piccola finestra della cucina, si voltò ed entrò in casa sua a grandi passi.

Quello che trovò non gli piacque per niente.

Sua madre era seduta vicino la tavolo, il pancione che tirava la stoffa della veste. Lian non si vedeva da nessuna parte, con tutta probabilità era stata mandata in camera sua per non vedere quello che sarebbe successo.

Clara aveva una tovaglia ricamata appallottolata sulle ginocchia. Sarebbe stata bianca come la neve se, in alcuni punti, non fossero spiccate evidenti macchie scure, come lanterne dal bagliore vermiglio in una notte bianco latte.

"Che è successo?"

Fergus conosceva già la risposta.

Sua madre aveva un labbro spaccato e un occhio gonfio.

Lacrime ormai asciutte le solcavano le guance arrossate.

"Nulla, tesoro, sono stata sbadata come al solito... Mi sono scordata di preparare il pranzo per tuo padre in tempo... Sai, ultimamente sono un poco stanca..." gli rispose senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.

Il Bastone del Verbo - Libro PrimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora