34 - Tradimento

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Il vuoto la stava inghiottendo come un mostro famelico dalle fauci spalancate quando d'un tratto la caduta s'interruppe, lasciandola sospesa nel nulla.

Mani l'afferrarono.

Voci concitate riempirono l'aria, ombre di uomini che non conosceva oscurarono il bagliore del sole.

Poi un pizzico sul collo, come la puntura di un insetto.

Il mondo roteò attorno a lei e si spense come la fiamma di una candela lasciata su un davanzale.

"No!"

Corha si mise a sedere, pronta a lottare contro chiunque avesse cercato di tenerla ferma ma guardandosi attorno, realizzò di essere sola.

Il letto sul quale l'avevano adagiata si trovava al centro di una stanza molto ampia, scavata nella viva roccia.

Anzi, non una stanza ma una sorta di salone che si sviluppava in lunghezza e le cui alte pareti di pietra bianca si ergevano per almeno venti metri, fino a incontrarsi nella volta del soffitto. Pesanti lampadari in ferro chiaro, simile ad argento, illuminavano quel luogo singolare emanando una luce tremula che non proveniva da candele, bensì da lucide formazioni naturali simili a cristalli.

Le pareti erano ricoperte di arazzi dai colori brillanti che narravano eventi dei quali Corha non sapeva nulla.

Su uno di essi era raffigurato un campo di battaglia. I fili spessi dell'ordito tracciavano linee sinuose disegnando volti esangui e corpi inerti, schiacciati da cavalieri dalle rosse armature che brandivano armi luminose.

Sulla parete opposta, invece, una grande città scolpita nel fianco di un'alta montagna aguzza, osservava la valle sottostante illuminata da un sinistro bagliore proveniente da un buco nel terreno, sul quale si affacciavano uomini dalle vesti variopinte, le mani sottili protese verso la misteriosa fonte di luce.

Corha si alzò e fece alcuni passi, giusto per testare il suo stato di salute. Era quasi certa l'avessero drogata.

Si portò una mano al collo dove ricordava di aver sentito la puntura che le aveva fatto perdere i sensi e si rese conto che ancora le bruciava.

La testa le girava leggermente e aveva un saporaccio in bocca ma, tutto sommato, stava discretamente bene.

"C'è nessuno?" domandò alla sala vuota. La sua voce le ritornò indietro come un'eco spettrale ma fu l'unica risposta che ottenne.

Avanzò, decisa a esplorare quel luogo sconosciuto.

Protese una mano in avanti per precauzione, nel caso avesse perso l'equilibrio, ma la ritrasse emettendo un gemito di dolore quando le sue dita incontrarono una sorta di barriera invisibile. Uno sfrigolio sinistrò le riempì le orecchie e le dita si arrossarono come se avessero toccato una fiamma viva.

Spaventata, indietreggiò e fissò il vuoto davanti a sé ma per quanto si sforzasse non riusciva a vedere nulla. Rassegnata all'idea di provare altro dolore, decise di tentare nuovamente a toccare la barriera nella speranza di riuscire almeno a intravederla per un attimo.

Prese un respiro profondo e allungò la mano già tumefatta.

Il dolore arrivò atteso ma comunque violento. Digrignando i denti per non urlare, fissò con attenzione il punto in cui le sue dita avevano cominciato a dolerle e vide come una sorta di pulviscolo nell'aria attorno a esse.

Più il tempo passava, più il movimento di quel pulviscolo diventava frenetico. Quando una vibrazione cominciò a percorrerle il braccio, decise che era giunto il momento di porre fine all'esperimento.

Allontanò la mano e se la portò al petto, gocce di sudore le imperlavano la fronte e un senso di nausea le squassava lo stomaco.

Era in trappola.

Il Bastone del Verbo - Libro PrimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora