Fine di un incubo

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Marie


No, maledizione mi hanno braccata e scoperta...ormai sono in trappola. Mi devo arrendere - non ho via di scampo - ma non prima di aver eliminato Sara. Sono circondata: non posso fuggire dalla porta principale né da quella sul retro. Mi hanno intimato di uscire immediatamente, altrimenti faranno saltare in aria la casa, con me dentro!  Eh no, io devo rimanere in vita! Ho detto allo sbirro che stavo per consegnarmi e che avevo solo un'ultima cosa da  fare.

Questi poliziotti sanno il fatto loro, lo devo riconoscere: sono riusciti a rintracciarmi, non so nemmeno come, e ora eccoli: determinati e pronti addirittura a sfidare la morte! Se vogliono un finale memorabile, beh, li accontenterò. Okay, fra un po' mi ammanetteranno, ma prima voglio vendere cara la pelle; ho deciso che almeno uno di loro pagherà lo scotto di tutto questo.

Ho appena partorito un’idea pazza: visto che persino mio figlio non mi vuole con sé, darò fuoco alla mia stessa villa, con Sara e Federico dentro! Presto qui divamperanno le fiamme. Io ne uscirò viva ma i miei due ostaggi bruceranno all’inferno, oh si! Prendo un accendino e mi procuro dell’alcool, poi spruzzo il liquido infiammabile un po' dappertutto e provoco un incendio. Guardo compiaciuta i miei due ospiti coatti, in particolare Sara; la scema ha ancora  la maschera sul viso e questo mi rende ulteriormente soddisfatta.

Se mio figlio non mi vuole, allora vorrà  dire che creperà miseramente pure lui, e per mano mia! Intanto il fuoco inizia a propagarsi rapidamente. Esco con le mani in alto e mi consegno agli agenti.  «Dimmi subito dove sono gli altri!» mi urla contro quello che, a occhio e croce, deve essere il capo. «Vuoi fare l'eroe e morire anche tu? Prego, accomodati!» gli rispondo inviperita.

Il tipo si precipita in casa incurante del pericolo. Tra me e me ammetto che al tipo non mancano certo gli attributi. Passano svariati minuti -  leggo negli sguardi dei presenti paura mista ad ansia - e alla fine, va a sapere come, il capo dei poliziotti riappare in compagnia di quella stronza di Sara e con mio figlio in braccio. Mi mordo le labbra per lo scorno che sto subendo, estraggo la pistola che gli agenti non mi hanno trovato addosso - quegli incompetenti non mi hanno neppure perquisita a dovere - e esplodo un colpo alla cieca.

Combinazione colpisco proprio il salvatore di mio figlio. Gli altri poliziotti, a questo punto, mi riservano un trattamento decisamente meno morbido: in pochi secondi mi volano addosso e mi assestano un violento colpo alla testa; la botta non basta a tramortirmi, e tuttavia mi mette fuori combattimento.

Vengo ammanettata e scaraventata a bordo di una macchina della polizia, senza tanti complimenti.  Qualcuno chiama l'ambulanza, poi il nulla: benché parzialmente stordita, realizzo che ci stiamo dirigendo in qualche posto di polizia. Ormai, sono in balia di questi stronzi. È tutto finito, non posso fare altro che rassegnarmi.

La testa mi gira. Da una parte vorrei scappare ancora, ma dall'altra so che sarebbe inutile, tanto più che le portiere sono bloccate. Dannazione, i miei piani sono andati a monte... Questa volta la polizia è stata più furba di me. Al diavolo! Vi odio tutti!

Raggiungiamo una stazione di polizia, poi mi trascinano in un una stanzetta buia. Con me c'è un tizio dall'aria strana: è alto e muscoloso, sembra arrabbiato e mi fulmina con lo sguardo. Nei suoi occhi leggo chiaramente un astio profondo nei miei confronti; credo che, se potesse, mi ammazzarebbe con le sue stesse mani! Insieme a lui c’è una donna.

Sono ambedue poco gentili con me: non mi salutano e forse è meglio così. In fondo, ai loro occhi io non sono che  una spietata assassina. Non risponderò a nessuna delle loro domande. Ho lasciato che mi arrestassero ma non intendo di certo farmi abbindolare. «Marie, sei gravemente sospetta di essere l’artefice di vari omicidi e di duplice sequestro di persona. Lo vuoi negare?» mi dice la donna, in tono molto severo. «Mi astengo dal risponderle. Non aprirò bocca se non in presenza di un avvocato.» ribatto serrando i pugni. «Una come te non ha bisogno di avvocati! Tu sei una povera pazza. Nessun avvocato vorrà prendere le tue difese. Ti conviene dirci tutto e con le buone! Altrimenti quella boccaccia te la faccio aprire io!» replica la donna, mentre mi agguanta per il colletto.

Il nodo dal passato Where stories live. Discover now