Lettere della nonna

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Sara

Finalmente è arrivato il momento di andare da mia madre. Non ne ho tanta voglia, ma ormai ho promesso di passare a trovarla. Siccome devo andare a casa sua e non so dove si trova, decido di chiamare un taxi. Una volta concordato l’orario con il taxista, mi vesto alla svelta e attendo il suo arrivo. Dopo un po' suona il campanello. «Sono il tassista», «Va bene, scendo subito!» Salgo sul taxi e ci dirigiamo alla via che gli ho indicato.

Ci si arriva in mezz’ora di macchina, infatti verso ora di pranzo sono già sotto la dimora di mia madre. Chiamo mamma al cellulare e la avviso che sono arrivata. Lei si affaccia alla finestra e mi avvisa che abita al terzo piano. Mi da' una strana sensazione fare visita a lei e sapere che si tratta in realtà della casa dove viveva la mia amata nonna. Non ho mai conosciuto mia nonna: morì poco dopo la mia nascita.

So solo che era una donna molto dolce e simpatica, molto diversa da mia madre: di loro due tutti gli amici dicevano sempre che non sembravano nemmeno madre e figlia, dato che non si assomigliavano affatto. Salgo le scale e raggiungo il terzo piano. «Mamma! Sono io!» le grido. «Ciao, figlia mia!», mi risponde lei, un poco gelida. Mi riceve senza darmi il bacio di benvenuto, e non mi concede neppure un abbraccio; in compenso mi fa accomodare in un salottino squallido: il divano è rotto, i muri sono sporchi e vari vestiti sono sparsi qua e là. Non sembra nemmeno una casa abitata. «Perché tutto questo casino?» le domando stizzita. «Non ho avuto tempo di mettere ordine! Ho problemi con il mio compagno, troppe cose per la testa e così non riesco a sistemare tutto quanto!» Mamma si è messa sulla difensiva, come fa sempre.

Cerco di sorvolare, ma la cosa mi dà ugualmente fastidio. «Va beh, tu come stai?» le domando. «Benino, sono felice che tu sia qui con me.» replica con voce un po' triste. «Ho preparato da mangiare. Tranquilla, i piatti sono puliti, almeno quelli!« continua.

Ci portiamo in cucina. La mamma ha preparato la pastasciutta e un po' di carne con verdura. Come dessert c'è della frutta. Stranamente, mi rendo conto che lei non mi fa neanche una domanda su Carola e i miei nipoti. Vorrei tanto chiederle il perché, ma vengo interrotta dallo squillo del telefono. «Scusami, è il mio!» dice mamma.

La telefonata dura alcuni minuti, e appena mamma torna disponibile parto all'attacco: «Bene, come mai non mi hai chiesto niente di Carola e dei suoi figli? Che poi sono anche i tuoi nipoti!» il mio tono della voce è chiaramente accusatorio. «Perché di loro poco m’importa. Non li sopporto! A me importa solamente di te.» No... questo è davvero un colpo basso. «Beh, si è fatto tardi! Devo proprio tornare a casa. Non cercarmi mai più, sia chiaro!» le urlo in faccia.

Prima di andare via, però, vado un attimo in bagno. Durante quel breve tragitto noto una stanza chiusa: fortunatamente la porta non è chiusa a chiave. Entro e scorgo un cassettino semiaperto; curiosa come sono, lo apro. All'interno ci sono tantissime lettere. Sono state scritte da mia nonna. Sì, perché questa era la sua stanza. Prendo il malloppo e corro via da quella casa, senza nemmeno salutare.

Vedo mamma affacciarsi alla finestra: mi chiama ma a me non va di risponderle. A essere sinceri non la voglio più vedere! Chiamo un taxi e mi faccio riaccompagnare a casa mia. Lì  trovo mia sorella e i miei nipotini. I due bambini sono talmente belli, che mi assale la tristezza se penso che a mia madre non frega un bel niente di loro.

Li raggiungo rimanendo in  silenzio e li osservo mentre fanno qualcosa. «Zia! Ciao! Che bello che sei tornata!» grida di gioia Carlo. «Ciao, amore della zia! Come stai? Anzi, come state tutti e due?» chiedo felice. «Bene, zia! Stiamo facendo la torta alle mele. Ci aiuti?» mi chiede Susan. Ma sì, che mi costa dar loro una mano! Tanto non ho altro da fare.

Rimaniamo tutta la sera a preparare il dolce e a cuocerlo nel forno, divertendoci e ridendo a crepapelle. Non sono mai stata tanto felice come oggi. La litigata con mia mamma me la dimentico all’istante. Salvo il fatto che a ricordarmela ci pensa mia sorella. «Dove sei stata tutto il giorno? Non mentirmi, per favore. Sai bene che lo capisco subito quando mi conti delle frottole!» soggiunge, facendomi l’occhiolino. «Va bene, adesso te lo dico.», le rispondo, lievemente turbata. «Carlo e Susan, per piacere, potete andare a prendermi da bere?» chiede loro mia sorella.

Lo fa simulando nonchalance, ma i miei nipotini capiscono all’istante che mamma vuole restare da sola con me. «Perfetto, e dunque?», mi chiede Carola. «Te lo dico subito: sono andata a trovare mamma. Ma non la rivedrò mai più. Non sopporto il modo in cui lei ci tratta, e quelche è  peggio, mamma in pratica ignora deliberatamente sia te che i tuoi figli! Ti rendi conto che così non va bene?»  le rispondo tutto d’un fiato. «Non è giusto! Mamma mi aveva promesso che sarebbe stata presente, ora che sa che noi stiamo qui. E invece adesso vengo a sapere da te che farà l'esatto contrario. Poveri figli miei... loro due sono affezionati alla nonna. Se scoprissero una cosa del genere, ci resterebbero malissimo! Grazie per aver deciso di non parlarle più.» conclude piangendo.

Faccio l’ unica cosa che mi viene meglio, cioè la abbraccio. Per un momento Carola rimane impassibile, ma poi contraccambia. «Mamma, zia! Tutto bene?»  ci chiede Carlo. «Sì, caro, tutto bene. Troppe emozioni in troppo poco tempo, tutto qui! Dai, tu che dici, preparo la cena che vi piace tanto?»  gli chiedo mentre si stacca da me. «Vogliamo le patatine e gli hamburger!» esclamano i miei nipoti in coro. «Ho capito, chiamo il McDonald’s.» concede Carola.

Una volta ordinato il tutto, attendiamo in cucina che ci venga consegnata a domicilio l'ordinazione. Dopo un’ora circa arriva finalmente la nostra cena. Appena finiamo di mangiare saluto tutti con un bacio e me ne vado in camera mia. Mentre mi tolgo i pantaloni, mi scivolano fuori dalle tasche le lettere della nonna.

Con tutta questa confusione me le ero scordate! Decido di prenderne una e leggerla. Si è conservata molto bene. Do una scorsa veloce, e capisco subito che parla della guerra, più precisamente della seconda guerra mondiale. Nonna spiega che ha iniziato a scrivere lettere, perché sua figlia non vuole mai ascoltarla. Aggiunge anche che purtroppo non ha nemmeno dei nipoti ai quali raccontare cose ed eventi.

Affida quindi alla penna  le sue memorie, sperando che qualcuno le possa un giorno leggere,  una volta che lei non ci sarà più. Il caso ha voluto che proprio io trovassi le sue lettere! Ne sono felice, perché forse finalmente imparerò a conoscere bene la mia cara nonna. Non mi sembra neanche vero che lei abbia raccontato tutto in queste sue lettere.

In pratica, nonna ha creato una sorta di diario: peccato che non le sia venuto in mente di utilizzare un quaderno! Sarebbe stato bello. Quasi quasi lo faccio io, al suo posto. Vorrei che la  sua storia fosse letta e ricordata da tutti. Forse, quando tornerò a Padova, trascriverò queste lettere per poi farle pubblicare, così rimarrà vivo un bel ricordo di mia nonna. Le lettere, in tutto, sono trenta.

Ne apro altre quattro e mi accorgo che tutte parlano della guerra e delle atrocità di quel periodo. Scopro anche che nonna era di origini ebraiche; era ebrea e quello è il motivo per cui fu deportata al campo di sterminio di Auschwitz. A quanto leggo, fortunatamente nonna rimase poco tempo in quell'orrido lager, perché ci finí dentro a guerra quasi finita.

Fu salvata da un soldato tedesco, poi i due s’innamorarono e si sposarono. Ebbero due figli, ossia mia madre e suo fratello, che purtroppo morì poco tempo dopo. D’improvviso, attira la mia attenzione una frase: ~ Cara nipote, oggi ti vorrei dire… ~ . Non riesco a leggere altro, perché odo un forte rumore che proviene da fuori: mi affaccio alla finestra e noto una macchina.

Ha frenato bruscamente e si è fermata sotto casa. -Chi è? - penso tra me e me. La macchina va via subito e io mi rimetto a letto. Penso a mia nonna. Adesso so finalmente qualcosa di più sul suo conto. Appena avrò tempo, leggerò tutto con calma. Prima devo incontrare l' amica di Ra'hel. Di punto in bianco ho come il presentimento che qualcosa di strano stia per accadere.

Dovrò agire velocemente. Sarà meglio che domattina mi alzi presto, intendo portare a compimento quanto prima la mia delicata missione. Devo cercare di convincere quella donna a venire con me a Padova. Me ne occuperò  domani. Ora basta emozioni e basta elucubrazioni! Voglio rilassarmi un po'. In realtà provo un po’ di tristezza, che cerco di cacciare via chiudendo gli occhi. Grazie al cielo dopo un po’ riesco a rasserenarmi e mi addormento.

Il nodo dal passato Where stories live. Discover now