30. La cena

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«Salve, Madre, volevo solo scusarmi con lei personalmente e ringraziarla per aver ritirato la denuncia» disse Betta a occhi bassi.

«Prego, accomodatevi» ordinò la donna mentre indicava le sedie di fronte alla scrivania.

Betta alzò le iridi verso l'ultimo scaffale e notò che il fascicolo con le lettere A-C non c'era più.

«Stai cercando questo?» chiese ironicamente la suora. Prese la carpetta e la lasciò cadere sul tavolo. Il tonfo fu assordante, a tal punto che la ragazza sobbalzò. «Ciò che sto per fare è in modo assoluto vietato. Ciò che saprai da me non dovrà mai uscire da questa stanza, intesi?»

Betta annuì, le sembrava di stare nuovamente in caserma. Quel luogo che puzzava di vecchio le dava la nausea e la presenza di quella donna, tanto dura, la faceva tremare. Preferiva di gran lunga la poliziotta. Non riuscì nemmeno a rispondere; sentiva la gola come legata, o meglio, come se qualcuno gliela stesse serrando.

L'anziana aprì il fascicolo.

«Betta Corsaro, adottata da Anna, detta Nina, e Giuseppe, detto Pippo, Corsaro. Nata nel giorno due ottobre del 1990... Eccoti qui» disse mentre faceva roteare i documenti per farli controllare alla ragazza.

La ragazza sgranò gli occhi: era la prima volta che vedeva su carta qualcosa che apparteneva al suo passato. Sapeva da mesi la verità, ma quella foto sull'angolo della pagina di lei bambina, risalente a quando aveva circa tre anni, con l'espressione algida e triste, era la prova lampante dell'adozione. Si voltò verso lo zio, che asciugò una lacrima dal suo stesso viso. Persino lui era provato per l'evidenza di una bugia durata diciotto anni.

«Hai vissuto qui dal gennaio al novembre del 1993, fino a che non ti hanno adottata. Prima di allora sei stata alla Congregazione dei Fedeli. Se vuoi sapere qualcosa in più, devi dirigerti lì. Mi è stato solo detto che ti hanno lasciata davanti al cancello quando eri una neonata.»

«Lasciata? Mi hanno abbandonata lì fuori?» chiese Betta con voce tremante.

«Purtroppo non posso essere più precisa, ma credo di sì» rispose la donna serafica. «Avevo già detto al ragazzo che non avevo nulla in mano. Non è questo l'orfanotrofio che cerchi! Adesso devo uscire per una commissione, per cui devo chiedervi di andare»

Si alzò e tese la mano verso Santo e poi alla ragazza. I due strinsero la sua dopo essersi messi in piedi.

«La ringrazio, Madre, per il tempo che ci ha dedicato. Le siamo grati!» disse l'uomo mentre ancora salutava l'anziana.

«Non ringraziate me, ma lui» spiegò portando lo sguardo verso la porta.

Poggiato allo stipite, a braccia conserte, vi era Alex.

Santo si avvicinò a lui e tese il braccio. Il ragazzo ricambiò.

Betta, a passo veloce, uscì dalla struttura. Si diresse verso l'auto e attese lo zio per qualche minuto. Quando l'uomo arrivò, la nipote gli si gettò addosso.

«Piangi se ti fa star bene» disse con dolcezza.

«Non faccio altro da quando ho ripreso!» disse e asciugò le lacrime.

Santo sorrise con fare paterno e la strinse ancora a sé.

«Andiamo ad aiutare la zia per la cena.»

La ragazza annuì e salirono in auto per tornare a casa.

***

Stella aveva già preparato la tavola con il suo servizio di piatti preferito.

NON PIANGO MAIWhere stories live. Discover now