15. Alla ricerca della verità

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Betta aprì il foglio che Alex si era premurato di darle. Amanda le si avvicinò rapidamente.
«Quanti sono?»

La bruna sospirò, voltò di poco il foglio per farlo vedere all'amica.
«Tre! Da dieci che ne avevo trovati online, sono solo tre che hanno la data corrispondente» sussurrò incredula.

Amanda scrutò il foglio e si accorse di un asterisco sul terzo nome indicato.
«Guarda cosa ha scritto Alex accanto al segno. Sono tre, è vero, ma uno è chiuso dal 2008. Diamine!»

«Da dieci anni...» mormorò Betta mentre rifletteva.

«Non ci voleva! Mi sembrava troppo facile!» esclamò la bionda.

Betta riportò lo sguardo su quelle righe con una smorfia.

«Distretto Cascina Merlata, dove si trova?»

«Beh, non è così vicino! È una zona piena di risaie... Quale dei tre si trova lì?»

«Proprio quello chiuso» rispose

Il rombo di una moto fu così assordante da interrompere le ragazze, che si voltarono a guardare.
Una bellissima centoventicinque, dal colore blu elettrico si fermò sul ciglio della strada, poco distante dalle due.
Il ragazzo tolse il casco e guardò intensamente Betta.

«Cosa ci fai di nuovo qui?» chiese lei stupita.

Alex passò le mani tra le prime ciocche di capelli, per poi spingerli indietro e legarli con un elastico.

«Mi pare di aver capito che vuoi dare un'occhiata agli orfanotrofi... Se vuoi ti do un passaggio! Con la moto ci impieghiamo meno.»

«E sentiamo... Per quale arcano motivo dovrei fidarmi di te? Tu sei il classico tipo che non fa nulla senza ottenere qualcosa in cambio. Come mai vuoi aiutarmi?» chiese Betta con tono inquisitorio.

«Ah, già! Tu sai tutto di me. Senti, Elisa è impegnata, sono ancora le undici del mattino e io non ho nulla da fare... Mi sto annoiando. Se questo ti basta...»
Alex prese il secondo casco e lo tese verso Betta.

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo. Amanda le fece cenno di andare.
«Vai pure. Io torno a casa e avviso Santo che sei con Alex» disse scandendo il nome dell'uomo.

Il ragazzo scosse la testa e rise.

«Guarda che non mangio nessuno! Dillo pure a chi vuoi!» concluse lui e indossò il casco.

Betta rimase a riflettere ancora per qualche secondo, poi, con fare veloce, salì sulla moto.

«Quanto tempo ci impiegheremo ad arrivare a Cascina Merlata?» urlò Betta per farsi sentire da Alex che, roteando l'acceleratore, continuava a far rumore.

«Mezz'ora, anche meno» rispose sicuro di sé.

Partirono alla volta di quella Milano poco frequentata. Tra campi e risaie, per arrivare nella struttura abbandonata, Alex guidò, senza fatica, su strade sdrucciolevoli e sterrate.

«Sembra che tu conosca bene questi posti, ci sei già stato?» chiese curiosa Betta.

Alex fece sbandare la moto frenando di colpo. Betta si sbilanciò e gli colpì la schiena con il petto.

«Tieniti!» ordinò lui, prima di afferrare le mani della ragazza per spingerle attorno al suo addome. «Non vedi che le strade qui non sono comode?»

Non era una tipa da rimanere senza parole. Probabilmente lei stessa si aspettava di dargli una risposta che lo ammutolisse, ma non fu così. Nel momento in cui le sue mani toccarono quella parte del corpo del ragazzo, un fuoco le partì dallo stomaco per finire dritto sulle guance. Rimase come impietrita, nella stessa posizione, per tutto il tempo del tragitto.

Oltrepassarono un cancello arrugginito e decadente. Dava accesso a un'area sabbiosa e arida, che costeggiava un edificio ingrigito e, in alcuni punti, anche diroccato.

La ragazza scese con una tale rapidità da spingere Alex a perdere quasi l'equilibrio. Rimase col viso sospeso verso quella muraglia di cemento armato, gli porse il casco stirando il braccio verso dietro. Guardò ossessivamente quell'edificio per un po' di secondi. La facciata era consumata e le innumerevole finestre, dai vetri rotti, davano un senso di inquietudine e oblio alla ragazza, che però ne apparve quasi affascinata. Fece giusto qualche passo in avanti per dirigersi verso quella entrata guastata dal tempo e dalle intemperie; l'arco che si era creato per la mancanza della pesante porta, ormai abbattuta, sembrava invitarla a entrare. Si fermò, si voltò per un attimo verso Alex, il quale poggiò i caschi sul sedile e la seguì.

«Mio Dio!» esclamò Betta appena entrata.

La volta di legno scuro, che primeggiava su una grande scala dello stesso colore, dava un senso di grandezza non indifferente. Sebbene fosse squarciata ai lati, la parte centrale era ancora stranamente intatta.

«Queste mura non possono parlare, peccato... avrebbero avuto tanto da raccontare» sussurrò Alex mentre si accostava a Betta.

La ragazza rimase quasi folgorata dalle sue parole. Aggrottò le sopracciglia e lo guardò confusa.

«Vorresti dirmi che anche tu hai pensieri profondi?» gli domandò con ironia.

Mise un piede sul primo gradino ma, aggravandosi col suo peso, il legno, che un tempo era resistente e massiccio, si spezzò come fosse una lastra di vetro.
Perse l'equilibrio e si sbilanciò. Alex, fulmineo, l'afferrò dalla schiena. Per rialzarsi, Betta, fece pressione sulla spalla di lui con la mano, voltò poi il viso verso quello del ragazzo. Separati da pochi centimetri l'uno dall'altra, i loro occhi si scontrarono.

«Se volevi un bacio non c'era bisogno che fingessi una caduta» bisbigliò Alex quando ancora era a pochi centimetri da lei.

Il suo alito fresco, che sapeva di menta, imbarazzò ancor di più la ragazza che arrossì e si rimise in piedi in un attimo. Passò le mani sui pantaloni per togliere quel filo di polvere che si era creato, rispose con tono antipatico:

«La tua fidanzata non è gelosa che sei qui con me?»

Alex fece uscire un po' di aria dal naso per dar via a una risata stizzosa.

«Non sono fidanzato!» Si aiutò col passamano, per salire dai gradini. «Poggia il piede dietro il mio, segui i miei passi; cammina lateralmente e il legno non cederà» concluse per cambiare discorso.

Betta rimase in silenzio, forse ancora un po' indispettita per il suo atteggiamento, ma parecchio curiosa di capire qualcosa in più su quel ragazzo tanto misterioso.

"Come diavolo fa a sapere dove camminare?" pensò.

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