Prologo

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Nove mesi prima della partenza

Le tolse il giubbotto e la baciò con foga, con forza, con passione. 

Betta perdeva il respiro. La lingua di lui sfiorava a tratti le sottili labbra per poi addentrarsi e cercare il sapore della ragazza. Quando per un attimo si fermò, lei prese fiato, seppur per pochi millesimi di secondo. Ogni tanto si voltava verso l'enorme finestra a muro. La lunga vetrata le permetteva di osservare il cortile e la sorellina giocare.

«Guarda me...» sussurrò Federico, mentre adagiava le mani sui fianchi della ragazza; delicatamente e con meno ardore, strisciò le dita su uno dei glutei di Betta, coperto dall'aderente pantalone.

Gli occhi castani di Federico fissavano con insistenza la sua bocca. Sospirò per calmare gli ormoni impazziti. Con la punta del dito iniziò a sfiorare la parte laterale del ventre, poi la passò sul perfetto seno della ragazza, con leggerezza, con cautela, con grazia.

Betta era immobile, ansimava e, a volte, tremava. Per lei era tutto nuovo. Non aveva avuto mai alcuna esperienza. Forse qualche bacio innocente in passato, ma nulla che potesse essere paragonato a quelle forti emozioni. Era impietrita e un po' a disagio. Un brivido percorse gli stessi punti toccati dal ragazzo, sospirò profondamente. Il labbro inferiore e il mento le vibravano, Federico impazzì nel notare quel dettaglio e iniziò a mordicchiarli. Prese la mano di lei e la spinse ad accarezzare i suoi addominali scolpiti, racchiusi dentro una maglietta di lycra.

«Chiudi gli occhi...» le sussurrò mentre la spingeva a sedere sul divano. Betta tentennò e stava quasi per perdere l'equilibrio, si lasciò trascinare da lui su quei morbidi cuscini nell'angolo. «Chiudi gli occhi!» ripeté il ragazzo.

Lei ubbidì, ma li riaprì d'istinto appena sentì la mano di lui salire per la coscia. Chino su di lei, Federico si fece forza sull'altro braccio, che era poggiato accanto al bellissimo viso della ragazza. Le loro iridi si distanziavano le une dalle altre di pochi millimetri. Si fissavano, mentre lui ancora accarezzava la parte superiore della gamba.

Betta osservava con sguardo languido quello che per lei era stato l'oggetto del desiderio durante quell'ultimo anno. Voltò un attimo il capo verso la finestra. Lo stesso fece lui.

«Stai tranquilla, starà giocando...» sussurrò Federico.

Il suo palmo caldo cominciò a percorrere il ventre della giovane. Con le dita scostò la maglia di lanetta per proseguire fino in alto e stuzzicare con l'indice il capezzolo, sostenuto dal reggiseno.

Betta poggiò la mano sopra quella di lui, fermandolo. «Non posso! Ti prego...» disse biascicando le parole. Faceva persino fatica a parlare, era in estasi, completamente assorta da lui e dal suo calore; amava quell'odore di Neroli e Lavanda che usciva a ogni movimento dal suo corpo. Non ne era convinta, ma tentava di allontanarlo. Ci provava, ma poi lo lasciava fare. E lui sembrava percepire la confusione di lei, perché più cercava di fermarlo più la baciava con passione. Stringeva tra le dita, con più potenza e ardore, quel seno che lo stava facendo eccitare come un dannato.

«Basta!» disse lei a un tratto. «Se Speranza entra e ci trova così?»

«Senti, tutti mi sconsigliano di stare con te, dicono che sei frigida e che non sai fare nulla. Se è così, ti saluto. Non ho tempo da perdere!» affermò Federico con aria cattiva.

Si mise in piedi, lasciandola ancora semisdraiata sul divano di pelle.

Indossò il giubbotto e uscì di casa senza mai voltarsi.

Betta rimase senza parole: non si capacitava di quello che aveva appena sentito. Gli occhi iniziarono a lacrimare e, senza rendersene conto, si ritrovò a piangere come una bambina. Quello che per lei era il suo primo grande amore si era rivelato senza cuore, superficiale e con un solo obiettivo.

Pianse... pianse... pianse fino ad addormentarsi, sfinita.

NON PIANGO MAIWhere stories live. Discover now