capitolo 28

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Non so dove andare.
In realtà non so nemmeno perché me ne sono andata. Forse perché volevo sfuggite ad un'eventuale interrogatorio che ormai stava iniziando a svilupparsi... Fatto sta che adesso mi trovo in un posto in cui mai avrei pensato di trovarmi: davanti alle porte dell'orfanotrofio.
Dall'interno si sentono le voci delle bambine che ridono e urlando. Improvvisamente qualcosa dentro di me si rompe.
Non so se lì dentro facciano ancora esperimenti sui bambini. Spero di no...

A causa della proprietaria di quel luogo, mi è stato ribaltato il sorriso per 4 anni, e forse anche più. Quelle persone non meritano nulla di buono.

Mi allontano a passo svelto da quelle porte e mi ritrovo davanti al parco. Quel parco. È come se una fottuta calamita mi portasse sempre qui e io non posso fare nulla per impedire ciò.
Decido di cambiare direzione andando a sinistra, percorrendo parte del perimetro esterno del parco.
Qui ci passano molte persone. Soprattutto adulti e alcuni adolescenti. Tra cui le solite coppiette sdolcinate, ma calo lo sguardo e aumento il passo.
Da quando sono uscita di casa ho una brutta sensazione, non so minimamente come spiegarla.
Mi sento come se qualcuno mi stesse fissando...
Rallento il passo guardomi attorno intenta a vedere se questa mia sensazione sia vera, ma non trovo nulla. Tutti sono intenti a guardare la strada.
Riporto lo sguardo davanti a me e vedo un qualcosa di strano...
Un uomo sui trent'anni si trova davanti a me, sembra parecchio nervoso. Indossa un semplice smoking nero ed ha in mano una valigetta.
Mi ricorda quasi quella della commissione...
E come se si fosse immobilizzato alla mia vista. È qui, immobile, davanti a me: ha lo sguardo puntato sul mio viso ed una mano nella tasca di dietro.
Nella tasca di dietro...
Ricambio velocemente lo sguardo per poi correre via verso la stessa direzione opposta.
Lo sento parlare al telefono mentre si avvicina sempre di più. Parla con una donna..
Handler..?

Fa parte della commissione.

Giro l'angolo e intravedo i cancelli del parco.
Continuo a correre verso quella direzione, mentre il sole mi arriva dritto in faccia rischiando quasi di accecarmi. Non ne posso più di correre, eppure non mi posso permettere di fermarmi.

Entro nel grande spazio verde di Dallas. Qui è pieno di persone, posso facilmente confondermi tra la folla...
Arrivo anche all'area picnic dove sono costretta a dare spallate alla gente se voglio farmi anche solo un piccolo spazio per passare...

Supero la folla, continuando a correre e facendo scegliere alle gambe dove andare.
Corro e corro finché non arrivo ad un vicolo cieco: il lago.

<Finalmente ti sei fermata...> dice una voce maschile. È l'uomo di prima, impegnato nel pulirsi gli occhiali da sole specchiati, mentre piano piano si avvicina sempre di più a me.

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