CAPITOLO 8

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CHISSÀ COSA FARAI LASSÙ ROBERTO

Chissà cosa farai lassù in mezzo agli angeli Roberto.
Tu che passavi le giornate spensierate d'infanzia all'Oratorio, luogo che era praticamente casa tua, perché abitavi in un palazzo che si affacciava proprio sullo spiazzo, dove tiravamo calci al pallone. Quante volte abbiamo corso sulla terra e sabbia in partite memorabili di "tutti contro tutti" e il vincitore era, a turno, ognuno di noi. Il divertimento era puro e semplice e non importava, dopotutto, chi vinceva, ma chi si dilettava spassosamente.

Chissà cosa farai lassù Roberto nell'immenso cielo blu. Ti sentirai ripagato di tanta bellezza e nella notte, dopo che la luna lentamente è svanita con la luce e felice, ti sentirai anche tu felice di vivere ancora. Vivere ancora i giorni come un bimbo che al mattino si sveglia
col sorriso della mamma.
Oggi siamo qui e domani là. La nostra vita è così. Tra lampi, tuoni e arcobaleni recitiamo tutti quanti sulla terra la nostra parte, convinti sì e no che il cielo sia sempre azzurro, anche se piove.
E alla fine tutto tace e si riappacifica con il mondo grazie a tanti come te Roberto che sicuramente avrai meritato il paradiso.

Sono grato a questo giorno che mi fa tornare il sorriso.
I colori sono tornati a brillare e l'aria è rispettosa e fresca, pensando a te Roberto.
Ovunque si vedono volti sorridenti e persone indaffarate.
Sembra che la vita si sia risvegliata dal torpore invernale e l'ansia di viverla e non perdere niente diventa pressante.
E' bello ritrovarsi con tanti che condividono il tuo spazio temporale.

E penso ancora a te che avevi gli occhi di colore diverso ed eri vivacissimo. Tanto che un giorno rimasi stupito quando venni a casa tua e quando uscimmo tua madre ti fece un rimprovero; tu, arrabbiatissimo, prima di andartene via con me, picchiasti con i due pugni chiusi contro la porta di legno d'ingresso. Così, quel pomeriggio, corresti e corresti tantissimo all'impazzata sul campetto dell'Oratorio, per sfogare tutta la tua vivacità rabbiosa che covavi. E poi, crescendo, giocammo insieme nei Giovanissimi dell'Aurora e però negli anni a seguire smettesti perché avevi ben capito che non c'era la stesa gioisità delle partite del "tutti contro tutti" dell'Oratorio.

E poi venne il militare e poi le nostre strade si divisero. Rammento come se fosse ieri, quel giorno che ti vidi in bicicletta e mi stupiii che portavi i tuoi figli seduti, uno sul sellino posteriore e l'altro anteriore. Bruciasti le tappe della vita ben precocemente perché io non avevo ancora trovato la donna della mia vita. E mi stupii e risi con me stesso mentre ti vidi dare un bel ceffone a entrambi per calmarmi. Eri evidentemente un padre molto severo, come ci vorrebbe per tanti bambini del giorno d'oggi!
E infine quel giorno che mi incontrasti a passeggio per Abbiategrasso - in quei tuoi ultimi anni di vita ci incontravamo spesso - e tu scherzosamente mi desti un puffetto sul viso dicendomi:

<<Uè Carlo, vedo che sei ingrassato, va che faccione che hai!>>
E ci mettemmo a fare una bella e sana risata, per poi chiacchierare del più e del meno.

Ma un giorno - dopo parecchio tempo che non ti vedevo in giro - ti vidi sull'altro lato della strada che avevi anche tu il faccione e così volevo renderti lo sberleffo. Ma poi vedendoti ancora meglio intuii che c'era qualcosa di strano nel tuo viso: era gonfio e non grasso. Così preferii non fermarmi a salutarti per non essere indiscreto. Infatti venni poi sapere che ci lasciasti per sempre, ma tu, per me, sei sempre il ragazzino biondino vivace che corre sul campetto dell'Oratorio a giocare in "tutti contro tutti".

Le Roi amour éternel Where stories live. Discover now