PROLOGO

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Michel pronunciato è come Michelle.

“Michelle, ma belle
sont les mots qui vont tres bien ensemble, tres bien ensemble…”
Così ha inizio la splendida e indimenticabile canzone dei Beatles e indossandola al grande Michel, Michel Platini:

"Michel ma ètoile, star qui passionne les amateurs de football, les amateurs de football …"
Dà l'idea che l’uomo ex calciatore bianconero fu il fuoriclasse più amato da Giovanni Agnelli e molto probabilmente anche il più stimato dai tifosi non juventini.

Platini era poesia sul campo, armonia di movimenti. Dava calci al pallone manifestando sinfonie incantevoli di antichi ma sublimi "Chanteurs Parisiens". Nonostante la burbera aggressività dei suoi avversari sul campo, nelle oltre 650 partite da lui disputate, tra club e rappresentativa nazionale, spiccò la completa assenza di espulsioni a suo discapito.

Correva l’anno 1985, 8 dicembre a Tokyo:
finale Coppa Intercontinentale Argentinos Juniors - Juventus.
Mancavano pochissimi secondi al termine del secondo tempo supplementare e venne concesso dall'arbitro una punizione al limite dell’angolo destro dell’area. L'arbitro non alzò il braccio e pertanto la punizione era diretta ma i giocatori dell’Argentinos Juniors non se ne accorsero, in quanto molto esausti. Platini furbamente indicò uno schema mostrando ai propri compagni le due mani aperte e così tirò direttamente in porta a modi pallonetto sperando di sorprendere il portiere. Ma Vidallé non ci cascò e il magnifico numero dieci si chinò mestamente alla prontezza del “suddito” avversario, mostrando a tutto il mondo i suoi calzoncini bianchi sporchi di fango. Perché Michel era sì “Le Roi” ma era anche “Humble” all’occorrenza per il suo datore di lavoro Giovanni Agnelli.

Così si andò ai calci di rigori:

- È il turno di Sergio Brio ed è gol, Olguin ed è Gol, spetta ad Antonio Cabrini ed è Gol, Batista tira e il grande Steve para, ora è il turno di Aldo Serena ed è Gol, poi Lopez ed è Gol, poi Michael Laudrup e se lo fa parare, così tocca allo speranzoso Pavoni ma il grande Steve gli para il tiro.
Tocca come nelle migliore favole a "Le Roi".
Lui a tu per tu col “suddito” -

Cosa avrà pensato in quei pochissimi secondi Michel?

Io amo immaginare che gli venne in mente quando era bambino, all'età di sette anni, quando iniziò a tirar calci al pallone, allenandosi con il cane di sua cugina Stefanina. E così, per scrollarsi di dosso il pathos del momento, cercò di ricordare il muso buffo dell'amico cane, che cercava di intuire il punto esatto, dove lui avrebbe indirizzato il pallone con un suo calcio.

Comunque torniamo al grande Michel e l'impavido Vidallé in un duello in stile "Mezzogiorno di fuoco" con "Le Roi"...

Come andò a finire?

Così sono i calci di rigore, come nella vita. Io nella mia vita giovanile ho affrontato tante situazioni simili dove ti trovi a un bivio: scegli una strada piuttosto che un’altra, puoi aver scelto la giusta direzione oppure no, oppure decidere di tenere una direzione centrale. Comunque potrebbe esserci il portiere di turno che ti sbarra la strada oppure ancora essere tu che sbandi completamente la direzione. Stando in ogni modo nel discorso calcistico, mi sarebbe piaciuto essere come "Le Roi" e penso che questo sia il sogno di qualsiasi giovanissimo amante del calcio poter essere Johan Cruyff, piuttosto che Pelé oppure Gianni Rivera.

Le Roi amour éternel Where stories live. Discover now