Capter 19

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La villa di Ade era immensa e meravigliosa.
Era fatta di marmo bianco e nero, con un po' di bronzo a separarli. Il portone era di legno bianco e i pomelli di ferro dorato.

Annabeth aprì lentamente una porta secondaria, subito dopo che Grover aveva disattivato l'allarme.  Si ritrovarono in cucina anziché nella hall, ma il loro obiettivo era quello.

La attraversarono a scatti, a volte strisciando altre correndo silenziosamente, per poter sfuggire alle telecamere. Raggiunsero la porta del seminterrato.
«Almeno una parte facile c'è. Questa porta non può avere allarmi tanto é quella che porta giù!» sussurrò Percy. Grover e Annabeth si guardarono con una faccia da "come dobbiamo fare con questo qui".

Quando aprirono la porta mostrarono a Percy la quantità enorme di laser su tutte le scale, fino al pavimento del seminterrato. Lui sospirò «Ritiro tutto» e cominciò a "fare mosse da ninja", come diceva Calipso.

Esitò più volte prima di bussare a quella porta. Si girò a guardare Frank. «Appena apre, io me ne vado. Te l'ho promesso» gli disse il moro. «Però tu glielo devi dire. Will hanno il diritto di sapere! E poi hai scelto tu di venire qui, io ci sono solo perché mi hai chiesto supporto morale».
«E se non la prendesse bene?» ipotizzò Will. «E se, vedendo che sono io a dover combattere contro suo marito, Naomi mi odiasse? Se vedendo che io sono tra quelli col compito di farlo arrestare, mi rifiutasse?».
«Ti stai facendo un sacco di paranoie inutili» Frank gli sorrise rassicurante. «Naomi e Apollo hanno sofferto molto quando ti hanno lasciato. Ritrovarti sarebbe la cosa più bella della loro vita».

Will fece un respiro profondo e annuì. Frank se ne andò allegramente a un bar lì vicino, lanciandogli varie occhiate per assicurarsi che non scappasse.
Il viso della donna era confuso e felice allo stesso tempo. «Agente 7, posso aiutarla? Stavolta nessun travestimento».
Will sorrise leggermente «No, nessun travestimento. Anzi, sono venuto qui per raccontarle la mia storia».
La felicità le abbandonò il volto lasciano spazio alla pura e semplice perplessità «E perché?».
«Perché é strettamente collegata a lei e suo marito. Sto per prendere parte a una missione molto pericolosa e non so se ne uscirò vivo: non voglio rimpianti».
Lei annuì, come se avesse capito perfettamente come si sentiva Will, aprì la porta e lo fece sedere sul divano dell'ultima volta.

Calipso buttò la pasta nella pentola e cominciò a girare l'acqua mentre sbuffava. «Adoro il giovedì, odio il venerdì».
«Senti, io dovrò fare il cameriere a pranzo e a cena, nel pomeriggio dovrò badare alla sala giochi! Stasera sarà il mio unico momento libero» sbottò Jason.
Nico lo guardò male «Dalle otto a mezzogiorno, cioè adesso, io ho lavato le stanze, dopo pranzo dovrò occuparmi della reception fino a cena perché Percy mi ha chiesto il favore di fare il suo turno perché non sa quando torna. Dopo la reception dovrei anche occuparmi del bar, ma forse dovrò recuperare il turno stasera perché sarò impegnato a coprire Percy. Tacete entrambi!».

Entrambi guardarono Nico con curiosità «Dove doveva andare Percy?».
«Ha detto di dover fare una cosa con Grover. Riguardava la nostra missione, ma non mi ha detto altro». Calipso fece saggiare la pasta a Jason che, cercando di non ustionarsi, annuiva per dire che era pronta.
«Fanc e Ill?» chiese il biondo mentre la pasta gli bruciava tutta la bocca.
«Frank e Will hanno detto di dover fare una cosa con la famiglia di Apollo, ma neanche loro mi hanno detto altro».
Calipso fece un sorriso ironico «C'è molta comunicazione nella nostra squadra perfetta».

Percy si girò e trovò i suoi due compagni alle sue spalle. Guardò le scale e i laser: era stato difficile, ma ce l'aveva fatta. Presero le loro torce e si guardarono intorno, ma non trovarono niente di particolare. Trovarono una parete intera occupata da bottiglie di vino piene, un'altra da libri. Appoggiata alla terza parete c'era una scrivania ricoperta di fogli, al muro erano stati fissati altri fogli. Al centro c'era un materasso coperto da un grande piumone.

«Percy» disse un sussurro.
Percy fece un piccolo saltò e puntò la pistola e la torcia verso il punto in cui aveva sentito la voce. C'era una donna dai lunghi capelli scuri, gli occhi azzurri, un sorriso luminoso e...
«Sei incinta?» chiese con orrore camminando verso di lei, nell'angolo tra il vino e la libreria. Sembrava essere in perfetta forma tranne che per quel pancione.

L'abbracciò con forza e lei ricambiò «Che ti ha fatto quello stronzo?».
«Ade mi ha trattato benissimo, tesoro. Mi ha fatto mettere a mio agio, mi ha dato cibo delizioso e acqua pulita, mi faceva salire e scendere ogni volta che ne avevo bisogno. Mi ha anche portata dal ginecologo per il piccolo» Sally Jackson sorrideva a suo figlio mentre gli accarezzava amorevolmente il viso. «Non so ancora il sesso, però stai tranquillo perché é figlio di Paul».

Lui annuì titubante.
L'aiutarono a salire le scale scoprendo che i laser erano solo lucine rosse per ingannare quelli come loro. Quando furono all'aria aperta, Sally diede un bacio sulla fronte a suo figlio poi salì su un taxi che l'avrebbe riportata a casa.

«É stato facile» commentò Annabeth. Grover annuì «Poteva andare molto peggio». Percy sorrise «É andata benissimo. Grazie Annabeth». Lei sorrise timidamente «Figurati. Te l'ho detto: mi sento in colpa».
«Sei libera» disse Grover. «Cosa farai?».
«Per prima cosa chiederò al Campo se posso fare dei test e rientrare» annunciò. «Altrimenti farò l'architetto».

Percy le porse la mano «Allora arrivederci, Annabeth Chase. E buona fortuna».
Lei la strinse poi consegnò a Grover tutta l'attrezzatura che aveva dovuto portare per quella piccola missione.

Grover diede una pacca sulla spalla a Percy «Lei ti piace, amico».
«Non hai idea» disse sognante.
Il ragazzo finse della tosse «Percabeth». L'altro fece la saggia scelta di ignorarlo.

«Da dove vuoi iniziare, Agente 7? Da quando sei nella CIA o direttamente da quando sei nato?» Naomi lo disse come se non credesse che lui le avrebbe seriamente raccontato la sua storia.
Will prese un profondo respiro «Forse é meglio iniziare dall'inizio. Anche perché così può smettere di chiamarmi Agente 7».

Si guardarono negli occhi. Ce li avevano praticamente identici.
«Mi chiamo Will, Will Solace».

Against OlympusWhere stories live. Discover now