Capter 8

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Quando videro l'auto nera di Will comparire alle ultime luci del tramonto, tutti uscirono di corsa dall'hotel e trascinarono entrambi i ragazzi al parco più vicino, lontano dalle orecchie indiscrete dei loro nemici e consapevoli dell'assoluta mancanza di senso nella loro azione dato che al parco potevano esserci altrettante spie.

«Ci avete messo un sacco di tempo!» esclamò Percy. «Quasi due pancarrè!». Vedendo che nessuno dei due era dell'umore, il ragazzo la smise.

«Allora?»
«Non sappiamo il vero nome di Apollo» disse Will lanciando un'occhiata all'amico, che annuì. «Sappiamo che il suo punto debole é la sua famiglia perché la ama sopra ogni cosa. Ha due figli di sei anni. Abbiamo rassicurato la signora che non correvano rischi, il massimo che avremmo fatto sarebbe stato minacciare Apollo» continuò Frank.
«Da quel che ho capito, Apollo vuole solo tornare a casa e chiuderla con questo stile di vita. Quello che penso é che potremmo cercare di non dargli l'ergastolo ma pochi anni, così che possa tornare dai suoi figli» concluse Will.
Frank annuì di nuovo e stavolta più sinceramente. Gli altri sembrarono titubanti.

Jason si alzò per primo «La questione della galera la vedremo a missione conclusa. Ora, se volete scusarmi, devo andare a cucinare per la cena». Gli fecero un piccolo applauso d'incoraggiamento mentre lui se ne andava affranto.

Mentre gli mettevano il camice da cucina contro il suo volere, Jason ripensò ai suoi amici.
Nico faceva sembrare di aver superato la questione figlio-di-Ade ma era palese che non lo aveva fatto.
Percy sembrava arrabbiato.
Calipso sembrava molto presa dal suo nuovo amico.
Frank sembrava teso ma rassegnato.
Will nascondeva qualcosa.

Che bel gruppo di amici!

Sospirò prendendo un pacco di spaghetti e sospirò di nuovo quando Clovis gli mise in testa il cappello da cuoco. Il giorno dopo sarebbe stato libero per 24 ore mentre i suoi amici avrebbero sgobbato.

Che amico dolce che era!

Ma quella piccola vendetta ci voleva...

«Come stai?» chiese il biondino quando Nico si stese accanto a lui nel letto singolo. Lui scrollò lo spalle «Mi sto concentrando sul fatto che Hazel é mia sorella, il che é una cosa fantastica. Sto cercando di non pensare al fatto che credevo morto mio padre e invece é un pazzo assassino esattamente come l'altra sorella che mi ritrovo».
Will forzò una piccola risata. Se Nico se ne accorse non lo diede a vedere.
«Sai, a volte non mi riconosco più. Io ero un ragazzo introverso, un po' cupo, triste e tutto. Adesso sono quasi quasi quasi normale».
«É una cosa buona» gli fece notare il suo ragazzo. Nico scrollò le spalle.
«Io vado a cena» disse alzandosi. «Mi raggiungi dopo?». Will annuí incerto e Nico lo lasciò solo.

Calipso bussò alla porta della stanza di Percy e la voce del suddetto ragazzo le rispose di entrare. Trovò Frank sul suo letto che giocava distrattamente con una pistola e Percy che sfogliava i fascicoli di Ares. Lei si buttò sul letto di Nico che si trovava al centro e accese il computer.

«Frankie, mi dai una mano?» gli chiese. Lui fece un piccolo sorriso e prese il computer «Siamo passati da che mi davi del lei e mi chiamavi "Professor Frank" a "Frankie"».
«Succede».
Gli spiegò cosa volesse fare e l'amico annuì cominciando a lavorare sui tasti. «Cos'hai scoperto nel CHB?» Frank non staccò gli occhi dallo schermo.
«Ne ho trovati vari che avevano perso quello che ha perso lui, ma non tutti contemporaneamente. Lui li ha persi in un'unica missione. E credo che sia mulatto».

Frank si morse il labbro e cercò di entrare nei registri dell'agenzia canadese. Quando riuscì a dare l'accesso al computer di Calipso si era fatto il momento di andare a cena.
Mentre la ragazza e Percy si avviavano, Frank andò nella stanza di Will e lo trovò col cellulare in mano.

«É ora di cena».
«Non ho fame».
Frank sospirò, poi lo lasciò da solo. Will continuava a guardare il suo fascicolo digitale nel registro della CIA. Diceva che era orfano, che era uno dei migliori agenti, che aveva tantissimi nemici e che quindi doveva fare attenzione. Diceva che era orfano.
Orfano. Orfano. La CIA sapeva bene che non era così.
Quella parola continuava a ripetersi nella sua testa e ogni volta gli sembrava così familiare e così sbagliata allo stesso tempo. Per tutta la vita aveva avuto la convinzione che i suoi genitori lo avessero amato e che se n'erano andati troppo presto. Quel giorno aveva scoperto che lo avevano amato ma non abbastanza da ricordarsi di lui.

Non aveva neanche mai visto una loro foto: evitavano di scattarsele altrimenti qualcuno avrebbe potuto riconoscerli, rintracciare i posti o altre cose che fanno le agenzie segrete. C'erano solo foto di lui da bambino che rideva guardando qualcosa dietro l'obiettivo oppure che giocava nella sua piscinetta blu. Poi le foto ricominciarono quando cominciò la CIA perché i suoi colleghi, soprattutto Talia che voleva avere più ricordi possibili col suo nuovo fratello, continuavano a scattargli foto a tradimento oppure in pose strane.

Poi era arrivato il gruppo del college/missione Giove. Avevano così tante foto insieme che ne aveva scelta una e l'aveva messa come sfondo del cellulare.
Sospirò e prese un busta gialla dalla su valigia.

Nico era nella sala da quasi mezz'ora ormai e si guardò intorno preoccupato: Will non si vedeva da nessuna parte. «Ehi, dov'è Will?» chiese a Calipso, la sua unica compagna di stanza disponibile.
Lei si guardò intorno come se si fosse accorta in quel momento della sua assenza. Calipso, Nico e Frank videro Percy impallidire e correre via.

Ricordava bene l'ultima volta che Will non si trovava: era stato rapito e torturato, era vivo per miracolo. Percy aprì la porta carico d'ansia e sentì il cuore alleggerirsi quando lo trovò addormentato sul suo letto.

C'erano vari piccoli rettangoli bianchi sparsi sul suo corpo. Lui era profondamente addormentato, il braccio destro era fuori dal materasso e la mano era poggiata su una busta di carta gialla. Percy raccolse silenziosamente tutte le fotografie osservandole curiosamente. Erano le sue foto da bambino e si stupí di non vedere mai i suoi genitori alle sue spalle. Le rimise tutte nella busta gialla cercando di ignorare la grande macchia d'acqua sul cuscino e le guance dell'amico rigate dalle lacrime.

Stava per andarsene quando lo sentì mugugnare qualcosa che somigliava molto a "mamma". Si rese conto che stava tremando così gli rimboccò le coperte e chiuse il balcone da cui arrivava la fredda aria di inizio novembre. Chiuse la porta alle sue spalle e rimase a fissarla per un po'.

"Gli mancano i suoi genitori" pensò. "Sta bene" ma neanche lui ci credeva.

Against OlympusWhere stories live. Discover now