Scompiglio

500 109 602
                                    

Varcai la soglia. Ero di nuovo a scuola, come ogni odiosa mattina. Attraversai il corridoio e mi bloccai davanti alla porta della mia classe: appeso come un martire c'era il foglio dell'orario delle lezioni. "Le lezioni, bleah, non sono state loro a motivarmi. Se non fosse per il biondo cadaverico non sarei qui..."

Mi guardai intorno con la coda dell'occhio: lui dov'era? Ma soprattutto, c'era? Lo avrei incontrato? Però le mie compagne non dovevano accorgersi di niente. Avrebbero potuto intromettersi, e perchè rovinare un possibile buon rapporto solo per delle ficcanaso? E poi lui era diverso, lui non dava peso ai miei difetti, lui...

Entrai.

In aula risuonavano diversi ticchettii regolari, tra cui quello di un tappo dell'evidenziatore sfilato e infilato di continuo da un mio compagno, e quello delle lancette dell'orologio affisso proprio dietro alla prof. Marco e Filippo si erano accasciati sul banco e, con la testa nascosta tra le braccia, avevano ripreso a dormire da dove si erano interrotti per venire a scuola.

-Scusi per il ritardo, prof!

Come risposta ricevetti un'occhiata truce. Mi sedetti e iniziai a sfregare il muro con la penna fino a scrostarlo: d'altronde, qualsiasi cosa si trovasse sotto quella vernice gialla, sarebbe stata meglio. Lasciai scivolare lo sguardo verso il finestrone: chi era seduto lì di fianco non poteva dedicarsi nemmeno a quel misero passatempo... Ehi, ma c'era un banco vuoto!

Alice lo sfiorava, stiracchiandosi, e a volte lo accarezzava perfino. Sorrise: doveva essere fiera di averlo lì accanto, o forse le piaceva proprio perché era vuoto.

- Sta per arrivare un nuovo compagno - mi sussurrò nell'orecchio Alessandro, seduto di fianco a me.

Qualcuno bussò alla porta. La prof si schiarì la voce. -Avanti.

Dall'ingresso spuntarono il suo viso pallido, i capelli platinati e i suoi abiti scuri. La naturalezza del ciuffo, ora asciutto, gli donava un pizzico di informalità. Aveva la camicia infilata per metà nei pantaloni.

-Eccomi! - Fece un cenno di saluto. -Scusi il ritardo.

-La prossima volta cerca di essere più puntuale.

- Ci proverò.

La posizione aveva un che di disinvolto: teneva una mano in tasca e la spalla destra ancora appoggiata alla porta. La donna gli fece segno di girarsi verso di noi.

- Lui è Burald e da oggi frequenterà questa scuola. Accoglietelo bene, ragazzi.

L'insegnante si alzò dalla cattedra e gli rivolse un sorriso.

-Burald, benvenuto nella nostra classe. Sono sicura che t'integrerai velocemente con i tuoi nuovi compagni. Puoi accomodarti in quel posto libero...

Mentre camminava tra i banchi, passò vicino a me: il suo sguardo era sempre perso nel vuoto, ma i suoi occhi verdi racchiudevano uno strano incendio. Si spostava con scioltezza. Mi vide, ma si limitò a sbirciarmi con la coda dell'occhio, come se avesse già saputo non solo che ero nella sua stessa classe, ma anche dove mi trovavo esattamente.

"Quindi non è stata un'allucinazione?" Mi accarezzai la treccia.

Alice non gli staccò mai gli occhi di dosso e, forse, si rammaricò di non poter aggiungere altro mascara a quello che già indossava. Eppure era così carina con quelle lentiggini sulle guance, era così vivace quando sorrideva e le apparivano le fossette... Perché nascondeva la sua bellezza con strati e strati di trucco? E io? Avevo un occhio di un colore e uno di un altro... Cos'avrei dovuto fare?

Burald si sistemò di fianco a lei. Alice cominciò a giocare con una delle sue ciocche castane e mordersi le labbra carnose, con una finta aria distratta che invece lasciava trapelare tutto il suo desiderio di attenzioni. Starnutii, come accadeva ogni volta che mi infastidivo, e tutti si girarono verso di me.

Le lezioni proseguirono lente: le voci degli insegnanti facevano da sottofondo ai miei pensieri. Spesso il mio sguardo scivolava dall'altro lato della classe e, ogni volta, Alice cercava maldestramente di avvicinarsi a lui e di accostare al suo braccio i seni abbondanti. Allora mi mordevo la lingua. Di quando in quando gli mormorava qualcosa all'orecchio, e allora l'impulso di alzarmi e dirgliene quattro mi rimbalzava nello stomaco.

"Che serpe! Chissà cosa sta bisbigliando."

Burald guardava fisso davanti a sé, con un sorrisetto che gli splendeva sulle labbra e si scioglieva solo ogni tanto, per permettergli di rispondere alle domande della sua nuova amica. Partecipava alla conversazione in un modo tutto suo, ma perlomeno non si comportava come se avesse voluto trovarsi da tutt'altra parte, non si comportava come aveva fatto con me. Strinsi i denti: forse era lei la persona che aveva aspettato con tanta ansia.

Ma io non avevo alcuna ragione valida per essere invidiosa... Lo conoscevo appena. Anzi, non lo conoscevo affatto. Eppure eravamo simili: anche lui era così strano... E poi mi ricordava quell'ombra dolorosa nel mio cuore...

Avvicinai la mia treccia alla guancia e mi lasciai cullare dal suo profumo di balsamo. Abbassai le palpebre. Gustai in silenzio le note di mandorle e gelsomino.

-Di nuovo? Quando si deciderà a cambiare acconciatura?

-Oh, mio Dio. È davvero pazza. Che fa, sogna?

Mi gettai la treccia sulla schiena e iniziai a mordicchiarmi le unghie.

Trascorsero un altro paio di ore, ma lo sguardo vacuo e il sorrisetto di Burald erano sempre uguali, mentre le maniere della sua compagna persero ogni contegno. A un certo punto, però, qualcosa cambiò nel suo viso: un lampo attraversò i suoi occhi in una frazione di secondo, come il suono di un cellulare quando arriva una notifica. Forse si era ricordato di qualcosa. Ma era stato così veloce... Una persona distratta avrebbe notato solo uno scintillio. Poi i suoi occhi erano tornati a rifugiarsi in qualsiasi cosa Burald avesse avuto dentro, che fosse il cuore di un angelo o il cervello di un demone.

Si alzò all'improvviso. Passò svelto tra i banchi e uscì, chiudendosi la porta alle spalle prima che la prof avesse il tempo di fiatare. Alice inarcò le sopracciglia. "Dove sta andando?"

La prof infranse la sua immobilità e sbatté le palpebre. - Come si è permesso?

Alla lavagna c'era Ginevra, la studentessa modello. - Una tale mancanza di rispetto è intollerabile!

Soffocai uno starnuto. Teneva le mani dietro la schiena dritta e il corpo in una posizione rigida. La professoressa abbassò lo sguardo e sospirò.

-Ginevra, vai dalla preside e dille che devo parlarle urgentemente. Avvisa anche la bidella: non può lasciarlo uscire, altrimenti chiamerò i carabinieri!

Si ricompose e riprese a spiegare. La ragazza uscì dalla classe. Guardai l'orologio. Accidenti: mancava un'ora e mezza alla fine delle lezioni!

 Ginevra rientrò e interruppe i miei pensieri. - Se n'è già andato! La preside ha detto che contatterà i genitori. Se non dovessero rispondere, procederà lei stessa a informare le forze dell'ordine.

"Incredibile!" Burald era arrivato da poche ore e già creava scompiglio. 

Il giovane dei desideri irrealizzatiWhere stories live. Discover now