Una sconvolgente scoperta

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38 giorni prima.

In salone, a casa mia, c'era un tavolo di legno su cui facevo i compiti e studiavo: anche oggi ero seduta lì e anche oggi, invece di concentrarmi, lasciavo scivolare il mio sguardo al di là del mobile, fino a quando superava anche il vetro della finestra. Fuori il paesaggio era sormontato da un cielo blu indaco, macchiato di azzurro e mille altre gradazioni fredde. Sembrava proprio un muro di cristalli marini.

-Cassandra, devo passare al cimitero a portare i fiori ad alcuni parenti... - La voce della mamma mi distolse dai miei pensieri. -Fa già buio: insomma, ho paura ad andare da sola. Vieni con me?

Ero accasciata sul tavolo, con la testa appesantita da inutili calcoli, ma balzai dritta di scatto. - Fantastico! Sì, mi vesto e partiamo!

Mi alzai in piedi, corsi in camera, scelsi dei vestiti a caso e mi infilai la giacca. In un istante raggiunsi la porta, ma dovetti rimanere ad aspettare la mamma, come un cagnolino che voleva essere portato a passeggio. - Sono pronta. Andiamo?

-No, un attimo... - urlò, vagando da una stanza all'altra prima in cerca degli occhiali, poi delle scarpe, infine delle chiavi.

Sbuffai e appoggiai una spalla alla porta. -Allora, ci sei?

-Devo trovare la.... - Andò in salone. -La borsetta... Ah, eccola! Perfetto, possiamo partire!

Tirai un sospiro di sollievo. In un battito di ciglia eravamo in viaggio. In aiuto iniziai a mangiarmi le unghie per mascherare il mio sorrisetto ma, appena riuscivo a reprimerlo, risorgeva come se niente fosse.

La mamma aggrottò la fronte e iniziò a studiarmi con la coda dell'occhio. Aveva i capelli neri, con qualche filo grigio, ma quando era sospettosa sembravano diventare all'improvviso più gonfi e più dritti, come un casco di antenne che captavano indizi e segnali. Purtroppo avvenne anche questa volta. - Stiamo andando al cimitero, lo sai, vero? Come mai sei così felice?

-Ehm... ero troppo stanca dei compiti di matematica. Esausta.

-Ah, sempre la solita sfaticata! - Sbuffò. -Preferisci venire con me in un luogo spaventoso, di sera, piuttosto che fare qualche esercizio.

Sciolse l'espressione scettica e scoppiò a ridere. "Per fortuna siamo arrivate, altrimenti sarei impazzita. Le domande della mamma sono assillanti!"

Scesi dall'auto: spifferi gelidi mi entravano nel giubbotto e mi disegnavano scie di brividi sulla pelle. Rivolsi subito uno sguardo al cielo: i miei occhi si riempirono del suo colore, così cristallino che mi ricordava l'acqua del mare, come se fosse un grande oceano rovesciato.

Mentre lo supplicavo di farmi scoprire qualcosa di più, spalancai il cancello: il cigolio rimbombò a lungo, come succede quando l'eco rimbalza nel vuoto e riproduce lo stesso suono decine di volte. Entrai. Mi sforzai di controllare il mio respiro e il mio battito, ma più ci provavo e più il loro ritmo mi sfuggiva di mano. Io li inseguivo e loro sfrecciavano via.

La mamma passeggiava in cerca di un rubinetto con cui innaffiare il suo mazzo di girasoli ma, tutte le volte che qualcosa attirava la sua attenzione, lei si avvicinava, abbassava gli occhiali e mormorava commenti sui fiori, sul fatto che bisognasse innaffiarli più spesso, sulle tombe che non erano proprio ben curate...

"Proprio lei che diceva di avere paura a venire in quel posto da sola..."

Eravamo circondate da archi di pietra che sostenevano i porticati: le colonne erano di marmo o rivestite di vernice chiara, spalmata su di loro come burro o un involucro di bende. Spiccavano nell'oscurità sotto forma di sagome biancastre e a tratti grigie, come mummie che facevano la guardia.

Il giovane dei desideri irrealizzatiDär berättelser lever. Upptäck nu