Prologo

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Burald ne fece spuntare fuori una bara. Da quel buco rettangolare nel muro, fece spuntare fuori una bara. Era fatta di legno, di un colore così caldo... Non lasciava trapelare la sua vera freddezza.

Era davvero, davvero ingannevole!

Il suo marrone era pieno di venature e, a tratti, tendeva all'arancio: stonava con i colori piatti del cimitero, con le cappelle ingrigite dalla semioscurità della sera, con le statue argentate e poi il nero, spalmato ovunque senza distinzioni. Il materiale del feretro ricordava il palchet di una baita di montagna: era fuori luogo in quel cimitero. Non si abbinava al verso della civetta e all'aria gelida. Una bellissima bugia. Peccato che la morte non fosse affatto confortevole.

Lui sollevò il coperchio e io chiusi gli occhi, d'istinto, per evitare di trovarmi davanti un cadavere livido e immobile. Qualcosa di pesante si dimenò nel mio petto. Tremai. Un conato di vomito mi piegò in due. Tentai di respirare. Appena l'aria entrò nel mio corpo, i miei muscoli si ammorbidirono.

Riaprii piano le palpebre ma, appena l'immagine dell'esterno mi arrivò al cervello, sgranai gli occhi di scatto: la cassa era vuota. Il mio cuore si alleggerì, ma poi si immobilizzò di nuovo: Burald si sedette nel feretro, si sdraiò e richiuse il coperchio sopra di sé.

Il battito mi pulsava in gola. Avevo il respiro affannato e la pelle, sudata, che avvampava e un secondo dopo si cospargeva di brividi.

-Cosa stai facendo? - gridai. -Sei impazzito?

Mi precipitai verso la cassa, con le dita tremanti protese nella sua direzione. La nausea mi attorcigliava lo stomaco.

"Non può rimanerci dentro a lungo, soffocherà! È ancora vivo, perché vuole fingersi morto?! Forse sta cercando di suicidarsi..."

-Burald, esci, subito. - Ansimai. - Non accetterò un'altra morte!

Attesi due secondi, ma lui non reagì, non rispose alle mie urla. Le mie gambe iniziarono a scalpitare, i piedi a muoversi avanti e indietro sopra al marmo del pavimento, le braccia a oscillare nervose lungo i fianchi. Avevo una brutta sensazione, che mi muoveva come un burattino. Mi bruciava dentro come lo stoppino di una candela.

Smisi di mordicchiarmi le unghie, perché ormai erano contornate di sangue. Andai lì, spalancai il feretro con un brusco scatto, guardai l'interno e... Rimasi pietrificata.

"Non può essere!"

Quella scatola era vuota. Vuota. Quel feretro era vuoto.

Il giovane dei desideri irrealizzatiWhere stories live. Discover now