Say yes and i'll be yours

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🗓-2 mesi, 3 settimane, 5 giorni

🗣Isabelle

"No, Is"
"Si, Is" rispondo a tono a Mik "prova a dirlo, non è male"

Stiamo litigando per chi debba o no pagare il conto, che non è nemmeno così alto.
Lui si è preso un Burgher con patatine ed un dolce, io ho preso un po' di carne e dell' insalata.
Abbiamo bevuto del vino e ovviamente acqua.
"Senti, sono solo una settantina di euro, non è la fine del mondo Mik"
"Per me lo è!" Dice esasperato.
"Per favore, mi sto sentendo un sacco in colpa perché in questi giorni stiamo affrontando ed affronteremo delle spese enormi e stai finanziando tutto te!"
"I soldi non mi mancano"
"Ne sono sicura" gli prendo la mano tra la mia "ne sono più che certa, non ti sto facendo i conti in tasca. Ti chiedo solo di farmi usare dei soldi anche a me"
"I tuoi soldi sono tuoi, non devi toccarli"
"Sono miei, quindi posso gestirli come voglio. Posso pagare la cena a mio marito" lui rimane a bocca aperta, per un po'.

Non so cosa ho detto ma...ha funzionato? Non saprei.
Sto per alzarmi dal nostro tavolo per pagare quando lui ti riscuote.
"Dillo di nuovo"
"Che i soldi sono i miei e che posso gestirli come più mi piace?" Gli chiedo interrogativa.
"No" scuote la testa con un ghigno "l'altra parte"
"Che posso pagare la cena a mio marito?" Ho capito dove vuole arrivare ma...mi diverte un sacco vederlo sull'orlo di una crisi di nervi.
"Isabelle." Dice con un tono duro ma senza alzare eccessivamente la voce "correggi il tiro. Ci sei quasi"
"Si. Te l'ho detto, posso pagarti la cena"
"Isabelle" mi sono dimenticata di dire che quando pronuncia con questo tono il mio nome intero...è la cosa più bella ed eccitante che io abbia mai sentito.
"Dimmi"
"Smetti di fare la stronza"
"No, mi piace torturarti" il suo ghigno mi preannuncia che non uscirà nulla di buono dalla sua bocca.
"Oh, tesoro" ridacchia "anche a me" solo che lui non parla di torture verbali, tipo quelle che io sto infliggendo a lui ora.

"Ora, gentilmente, puoi ridire l'ultima parte della cazzo di frase?"
"Mio marito? È questo che volevi sentirti dire?"
"Si cazzo" La presa sulla mia mano si fa più salda ed inizia a disegnare linee circolari immaginarie sul dorso della mia mano. "Non lo avevi mai detto, ma è molto più bello di quanto immaginassi"
"Però teoricamente non siamo ancora sposati" gli faccio notare
"Chi cazzo se ne frega. È una firma su un pezzo di carta a renderti mia moglie? A rendermi tuo marito? Non credo proprio.
In più...è programmato, cosa che lo rende quasi falso ai miei occhi. Per questo motivo ti chiamo moglie ogni tanto, perché per me già lo sei, non dal giorno in cui ci sposeremo, ma dal primo in cui ti ho vista"
Gli occhi mi si celano di lacrime, il Mik che scherza lo posso gestire, anche quello incazzato. Quello romantico invece...quello è tutt'altra cosa. È destabilizzante il modo in cui riesce ad amare in modo così totalizzante senza sentire il bisogno di nasconderlo agli occhi altrui.

"Mik?" Lo richiamo
"Dimmi" i suoi occhi puntano i miei ed io so di avere la sua più totale attenzione.
"Voglio ancora pagare io"

Esco dal ristorante vittoriosa, perché alla fine ha ceduto. Mi ha lasciato pagare, ma ha anche detto che non succederà molto spesso.
"Non succederà spesso, ma succederà altre volte" gli ho risposto.
Ci stiamo incamminando verso il nuovo appartamento, perché non dista molto ma vogliamo essere sicuri di arrivare in tempo ed alcune strade per arrivarci, a quest'ora sono parecchio trafficate anche dai pedoni.
Chi torna a casa dal lavoro, chi cerca un posto per mangiare, alcuni ragazzi che hanno i buchi nelle ore scolastiche e poi chi semplicemente apprezza un semplice giro in centro anche nel mezzo di un marasma di gente.

Il telefono di Mik prende a squillare, si deve fermare per mettere da parte una stampella ed estrarlo dalla tasca.
"Rispondi te, così possiamo continuare a camminare" mi dice.
Prendo il telefono e do un'occhiata veloce al numero: Aaron.
"Ehilà!" Sento solo silenzio dall'altra parte e mi preoccupo.
"Ma che cazzo..." è la prima frase che viene dall'altra parte.
"Mikael?" Chiede lui.
"Sono Isabelle" gli faccio notare.
"Oh cazzo! Mi è preso un colpo, pensavo di aver sbagliato numero." Ridacchio e così fa anche lui.
"Puoi dire a me quello per cui hai chiamato? Io e Mik stiamo camminando e ha fatto rispondere me"
"Si. Potrei avere una piccola urgenza" mi allarmo, ma poi penso che fino a qualche momento fa fosse tutto in ordine, ridevamo. Se gli fosse successo qualcosa di brutto non lo avrebbe fatto.
"Stai bene?" La domanda fa girare Mik verso di me, è preoccupato ma anche curioso.
"Si. Sto bene. Nessuna ferita, non sono stato rapito...ma, stavo andando verso le colline e nella zona di strada sterrata ho visto...qualcosa"
"Puoi descrivermi questo qualcosa?"
"Oh, si. Posso eccome. Non sarà alta nemmeno un metro. Treccine nere ed occhi verdi, un vestito rosso, calzettine rosa e scarpette nere.
Fiocchetti nei capelli.
È una bambina Izy, non so quanti anni ha, non parla. Non so nemmeno come si chiami. Era da sola quassù, con un cazzo di orsetto tra le mani mentre camminava.
Inizialmente mi sono cagato in mano, ma poi...è completamente da sola. Che ci fa una bambina di...che ne so? Meno di cinque anni, forse due o tre..."
"Lei sta bene? È ferita?" Sento la mano di Mik sfiorare la mia.
Mi guarda chiedendomi cosa stia succedendo e gli faccio cenno di aspettare.
"È un po' sporca come se fosse caduta, ma credo fosse seduta a terra perché non ha graffi da impatto con il terreno.
Non sono bravo con i bambini Izy! Aiutatemi"
"Riesci a farla salire in macchina?"
"Non credo."
"Noi abbiamo bisogno di un passaggio. Non abbiamo la macchina"
"C'è una persona con me, posso lasciare lei con la bambina e venirvi a prendere."
"Dammi due minuti, avevamo un impegno ma si può spostare" gli dico. "Ne parlo con tuo fratello e ti faccio sapere, ti richiamo subito, sta tranquillo"
"Okay"
Chiudo la chiamata e spiego tutto a Mik.
"Come facciamo? Non faremo in tempo ad aspettare che venga Aaron, fare questa cosa e tornare in tempo per vedere la casa"
"Forse possiamo rimandarla" alzo le spalle
"O possiamo prendere questa cosa come segno del destino e prendere l'altra"
"Avevamo detto-"
"Sono entrato in quella casa e ci ho visti. L'ho vista la nostra vita in quella casa, non credo sia una cosa che succederà anche con l'altra" lo guardo negli occhi e non posso negare di aver fatto lo stesso. Quando sono entrata in quell'appartamento sapevo che era mio.
"Quella è casa nostra Is, lo sappiamo entrambi. Quindi perché aspettare?"
"Okay. Dobbiamo chiamare sia l'agenzia che tuo fratello."
Gli passo il telefono. "Prendi il numero di Aaron, parlaci tu. Io chiamo l'agenzia"

A T E L O P H O B I AWhere stories live. Discover now