Please let me go

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📢Isabelle

Stupida, stupida, stupida. Non devi fidarti delle persone e soprattutto non puoi rimanere così male per i comportamenti di Mikael.
È tutto ciò che continuo a ripetermi da quando lui è andato via.
Ora sono in bagno e dopo essermi lavata, mi vesto.
Non posso non notare che mio padre deve aver portato dei vestiti da casa.
Non sono quelli che ho portato dagli Harrison e non sono nemmeno quelli che mi ha comprato Diana.
Erano rimasti nel mio armadio.
In fondo al borsone non posso fare a meno di notare che c'è il pupazzo che mi ha regalato la mamma quando ero piccola.
Gli occhi si riempiono di lacrime ed alcune cadono direttamente sul pupazzo.

"Manca anche a me. Ogni giorno, ogni ora" è la voce di mio padre quella che proviene dalla porta, ma io ancora non l'avevo chiamato.
"Come mai sei qui?"
"Mi ha chiamato Mikael. Mi ha detto che eri sveglia e che chiedevi di me" si guarda attorno "Dov'è?" 
"Se n'è andato. L'ho mandato via"
"Isabelle" mi rimprovera "non sai nemmeno quello che ha fatto per te in questi giorni-"
"Si, è vero non lo so. Ma so quello che ha fatto da quando mi sono svegliata"
"Che è successo?" Fa un sospiro, come se fosse esausto. Peccato che non è lui quello che dovrebbe esserlo.
"Niente di diverso. Ho solo avuto l'ennesima conferma che mi hai condannato ad una vita dalla quale non posso scappare, che non voglio"
"Io l'ho visto in questi giorni con te e-"
"Non dire niente. Perché sei qui?"
"Te l'ho detto."
"E da quando ti importa di me?"
"Da quando sei nata"
"Ma per favore" sbuffo
"Puoi anche non crederci ma è così, Isabelle"
"Smettila di mentire. Sei stato un padre decente fino a che non è morta la mamma. Dopo di lei è andato tutto a rotoli."
"Ti sono sempre stato accanto e sono sempre tuo padre. Indipendentemente da come mi chiami"
"Ti chiamo Alexander proprio perché mio padre è morto insieme a Camille. Quello era mio padre, questo che ho davanti non so chi sia. Sposarmi per amore era il mio unico modo per avere qualcuno accanto che mi amasse e per sentirmi meno sola al mondo. Mi hai tolto anche questo"
"Isabelle" non lo ascolto. Deve capire una volta per tutte quello che ha fatto.
"Non ho una madre, non ho un padre, non ho fratelli né familiari. Non posso avere una famiglia mia. Una persona accanto che mi ami davvero, non per soddisfare i punti di un contratto. Magari in futuro avrei avuto dei figli che avrei amato incondizionatamente e non avrei mai abbandonato, proprio perché so come ci si sente. Ma come ho già sottolineato più volte. Mi hai tolto anche questo."
"Puoi prendertela con me quanto vuoi, ma io so che quello che sto facendo è giusto. So di essere rimasto tuo padre, non sono un Alexander qualunque. Sono Alec, sono il papà a cui tiravi i pantaloni la mattina mentre preparavo la colazione perché avevi fame, quello a cui ti sei aggrappata, con la tua manina minuscola, pochi attimi dopo essere nata, sei la bambina a cui ho insegnato a non aver paura di togliere le ruote alla bicicletta, e che se cade può sempre rialzarsi e ripartire più forte di prima. Più sicura di se.
Sei la stessa bambina che non mi lasciava andare a dormire se non mi sdraiavo accanto a lei la notte, aspettando che si addormentasse. Sei mia figlia ed io sono tuo padre."
"Non mi hai più guardato in faccia. Dall'incidente. Credi che non me ne sia accorta in tutti questi anni?"
"Tu hai perso tua madre, è vero. Ma io? Io ho perso mia moglie, la madre di mia figlia, la mia ragazza, la mia migliore amica. Ho perso così tanto tutt'insieme; e tu...tu sei la sua copia. Caratterialmente ed anche esteticamente. So che non può essere una giustificazione, ma non...non ci riuscivo. Quando poi sono stato pronto a tornare da te, a quel punto eri tu che respingevi me."
Sbuffo sarcastica "Chissà perché" lui resta in silenzio "sai cosa significa per una bambina di otto, dieci anni, avere un padre che non la guarda negli occhi? Che non la guarda MAI?
Sai cosa vuol dire andare a scuola accompagnata da un autista invece che da mio padre? La stessa cosa valeva per il ritorno e per la scuola di danza, per il corso di fotografia e per tutte le altre attività extracurricolari che facevo durante la mia adolescenza.
Sai cosa vuol dire passare le vacanze di Natale, il giorno del ringraziamento, il compleanno... anche Halloween DA SOLA?
Sai cosa vuol dire andare alle feste dei miei compagni di classe senza avere un genitore con me? Non lo sai cosa hai fatto. TU NEMMENO TI RENDI CONTO!"
"Isabelle, calmati"
"No io non mi calmo. Tu mi hai reso l'infanzia uno schifo ed ora anche la mia vita intera sarà un inferno a causa tua!"
"Isabelle, devi calmarti" non lo ascolto ed il mio respiro inizia a mancare. Alla raffica di parole ora si aggiunge anche la mancanza di ossigeno e le lacrime.
Ad un certo punto le mie ginocchia cedono ma vengo presa al volo.
Sento in maniera ovattata una voce che cerca di riportarmi alla realtà, che cerca di portarmi indietro.
L'attacco di oggi però se possibile è ancora peggio dell'ultimo avuto, prima della cena.
Non riesco proprio a tornare indietro, non riesco a respirare.
Sento solo un leggero pizzico al braccio e dopo pochi secondi gli occhi si chiudono.

A T E L O P H O B I AWhere stories live. Discover now