I was thinking about you

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📢Isabelle

Apro, come sempre con mani tremanti, la porta in vetro della cappella sontuosa in cui è sepolta mia madre, insieme ai miei nonni, deceduti quando ero piccola.
L'aveva comprata proprio mio nonno, dicendo a mia nonna che il giorno in cui sarebbero passati a miglior vita, sarebbero stati insieme. Se ne sono andati in momenti differenti, ma comunque ora sono insieme.
Per me, per quanto possa essere considerata tragica, è comunque la dichiarazione d'amore più bella di sempre. «ti voglio accanto a me per tutta la vita ed anche oltre»
Poco dopo si aggiunse anche mia madre.
Fortunatamente per me, Alexander decise di lasciare le chiavi qui, in mano al custode, che per rilasciare le chiavi chiede il documento. Ha una sorta di elenco di persone, se non ne fai parte, le chiavi non ti vengono rilasciate.
Mi abbasso, la mia mamma ha il primo posto in basso sulla destra, due posti sulla sinistra sono occupati dai miei nonni.
Inizialmente svolgo delle piccole cose, pulisco i ripiani che hanno accumulato della polvere, cambio i fiori e l'acqua nel vaso, pulisco le loro foto ed anche i loro nomi e le date. Tutto ciò lo svolgo in religioso silenzio e con Diana che rimane a guardare ogni minima cosa che faccio.
Quando ho finito tutto, anzi meglio dire quando sono soddisfatta, mi abbasso ancora, accanto al nome di mia madre, accanto al suo posto.
Camille Foster, 05/04/2010.
*Colei che ha amato ed è stata amata, infinitamente*
Questo recita la sua lapide, ha voluto metterla mio padre. Questo credo sia l'ultimo rimasuglio di mio padre, dopo di ciò è stato solo Alexander.
Certe volte credo che mio padre si sia chiuso qui con lei, con Camille, mentre fuori sia uscito Alexander, il boss mafioso indifferente e spietato.
Ho perso mia madre il cinque Aprile del 2010, ad otto anni, mentre non so dire precisamente quando io abbia perso il mio papà.
"È molto bella" Dice Diana.
"Era" la correggo
"È"  insiste lei "Le persone rimangono vive fino a quando hanno qualcuno che le ami, che le ricordi, che parli di loro con gli altri, con chi rimane."
"Parli come se lo avessi vissuto" lei annuisce
"Mio fratello" risponde lei "Era particolarmente malato, nonostante le cure però non ce l'ha fatta. Aveva 13 anni, io invece avevo otto anni"
"Come me con la mamma" lei annuisce di nuovo. Stiamo parlando a voce bassissima, quasi un sussurro. Vorrei urlarle che qui tanto non si può disturbare nessuno e che, anche se così fosse, lo farei. Disturberei milioni di volte mia madre anche solo per ottenere una minima reazione, quelle minime reazioni che potevo avere ogni giorno per i primi otto anni della mia vita.
Io e Diana non parliamo più.
A questo punto rivolgo tutta la mia attenzione alla mamma e la saluto, le parlo come ogni volta che vengo qui.
"Ciao mamma" sento la mano di Diana che mi accarezza la spalla e poi dei passi che si allontanano.
Mi sta lasciando la giusta Privacy e di questo la ringrazio infinitamente.
"Sai, ultimamente mi capita di pensarti spesso. Non che non ti pensi ogni giorno, ma ultimamente sei presente in maniera disarmante. Volevo solo dirti che mi manchi tanto, vorrei fossi qui. -tiro su con il naso, leggermente- Mi mancano tanto i tuoi biscotti alla cannella. Non li abbiamo più fatti da quando te ne sei andata. Non abbiamo più fatto niente, da quando sei andata via. Siamo sopravvissuti, ma non abbiamo davvero vissuto." rigiro tra le dita il piccolo anello che le apparteneva.
Mio padre lo ha protetto, tenuto con se fino ad i miei diciott'anni, poi quel giorno me lo ha riconsegnato, insieme ad altri regali. Inutile dire che tra tutti, questo è il mio preferito.
Mi concedo un altro po' di tempo qui con lei, poi mi alzo e dopo aver rivolto un pensiero anche ai nonni, esco e mi chiudo dietro la porta. Chiudo a chiave e poi raggiungo Diana che si trova seduta su una delle panchine immerse nel verde che ci sono in questo enorme cimitero.
"Grazie per avermi accompagnata" le dico una volta dinanzi a lei.
"Grazie a te per avermi lasciata venire con te" mi sorride gentile. Devo dire che è una delle figure, in tutta questa storia, che non mi dispiace aver incontrato.
"E più di tutto, grazie per avermi parlato di tuo fratello" le sorrido. Chi l'avrebbe detto che due persone potessero essere unite da un dolore dio questo tipo.
"Te l'ho detto Isabelle, parlarne è ciò che li mantiene in vita. Ora tu sei una delle persone che continuano a tenere in vita Andrew"
"Si chiama Andrew?" uso anche io il presente, come lei ha fatto prima con mia madre.
"Si" dice lei "Andrew Cameron Williams. È uguale a mia madre, occhi verdi e capelli riccissimi, neri"
"SI, decisamente un bel tipo" dico io, lei ridacchia alla mia affermazione. "Quindi il tuo nome è Diana Williams"
"Il mio nome completo in realtà è Diana Abella Williams"
"Abella, mi piace come nome. Credo ti si addica"
"Davvero?" risponde lei sorpresa, io annuisco energicamente.
Proseguiamo per tutto il cimitero, ripercorrendo la strada fatta per andare dalla mia mamma.
"Ok, casa l'abbiamo vista, abbiamo fatto visita a tua madre...Ti va di andare a fare un po' di shopping?" chiede lei. "A casa non ci sarà nessuno fino ad ora di pranzo"
"Va bene, ma io come-"
"Offro io" risponde lei "Mi sembra il minimo per tutto quello che stai vivendo in questi giorni"
"Ma io non posso accettare"
"Io insisto" La guardo dubbiosa "Tanto se mi dici di no ti comprerò qualcosa da sola. Vuoi davvero rischiare?" ride lei
"Okay okay" sorrido io.
Torniamo a casa più tardi del previsto, piene di buste di diversi negozi. La maggior parte non sono mie, ma siamo così piene che il povero autista, non solo ci ha scarrozzato per tutto il giorno, ma ora ci deve anche accompagnare fino in casa, pieno anche lui di buste che vengono lasciate in salone.
"Grazie Matthew, puoi andare. Sei stato gentilissimo" Lui china il capo in risposta.
"Un piacere signora Harrison." Si volta verso di me e lui china il capo in saluto, ancora. "Singorina Foster" detto questo se ne va, probabilmente a rimettere in Garage la macchina.
Sentiamo subito dei passi che si avvicinano, sembrano nervosi.
"Cazzo! Ma si può sapere dove eravate?" Chiede subito alzando la voce.
"Non potevi resistere in casa un giorno, tu?" mi punta un dito contro. "Hai dovuto trascinare con te anche mia madre? Sei una stronza, una viziata che non capisce un cazzo!" La cattiveria che gli leggo negli occhi è disarmante.
"Mikael" interviene subito perentoria la madre "Chiedi scusa"
"Nemmeno per sogno" continua a guardare me, carico di rabbia "adesso venite di là, vi stavamo cercando per pranzo"
Loro si incamminano e subito Diana si accorge che non li sto seguendo.
"Isabelle, non vieni?" chiede lei gentilmente
"Non ho fame, preferirei andare in camera. Posso?"
"Sei sicura di-"
"Si, davvero." lei mi guarda e sembra capire.
"Va bene, ma in qualsiasi momento avrai fame possiamo farti preparare qualcosa" Io annuisco e prima ancora che loro se ne tornino in sala, mi giro per tornare in camera.
Quello che ha detto mi ha ferito e quando succede, preferisco stare da sola. Non voglio mai nessuno accanto.
Mentre me ne vado li sento parlare animatamente, ma ignoro questa cosa e continuo a camminare.
Chiusa la porta dietro di me mi occupo di rimettere in ordine i vestiti che mi sono portata da casa, e le poche altre cose che ho portato dalla mia stanza.
Si tratta solo di qualche foto con la mamma, una ne posiziono sopra il comodino e l'altra sopra alla scrivania, un pupazzo che mi ha regalato Edward che viene posizionato sul letto e poi altre foto che ho con mia madre e mio padre, anche queste due finiscono sulla mia scrivania.
Poi contatto mio padre per chiedergli quando potrò iniziare a prendere le altre mie cose. Mi risponde dopo qualche minuto dicendomi che lui è sempre disponibile, quindi sarò io a decidere quando.
Esco solo dopo un'oretta dalla mia camera, vado a recuperare le mie buste che ho lasciato in sala, per mettere in ordine ciò che ho preso di nuovo.
Entro in sala e tutta la famiglia Harrison è riunita lì, a parlare di non so cosa.
"Ciao Isabelle. Hai fame?" Ho gli occhi di tutti puntati addosso, questo mi fa sentire a disagio. Scuoto semplicemente la testa, poi mi schiarisco la voce.
"No, sono solo passata a prendere le mie cose" Indico le buste che si trovano esattamente dove erano un'ora fa.
"Prima di andare, voglio presentarti Grace" È Diana a parlarmi, ma gli occhi che mi sento più insistentemente addosso sono proprio quelli di Mikael.
Ero così intenta ad ignorarlo che non mi sono accorta del fatto che, non solo ora c'è anche Samael, ma una ragazza bionda tra di loro, con gli occhi celesti. Indubbiamente una bellissima ragazza.
"Ciao Grace" lei si alza in piedi e quando penso che venga a stringermi la mano, si avvicina e mi abbraccia.
"Ciao Isabelle, che bello conoscerti. Stavamo dicendo a pranzo con Diana che ci fa molto piacere avere un'alleata in più" ridacchia lei
Io sorrido leggermente. Cavolo, sto facendo la figura della totale imbranata.
"Anche a me fa piacere" questo è il meglio che sono riuscita a trovare, infatti mi sbrigo ad aggiungere " In casa mia eravamo solo io ed Alexander, mio padre" mi correggo subito per farmi capire anche dalla ragazza.
"Beh allora siamo state tutte accontentate" Un suo braccio è ancora posizionato sulla mia spalla, come a non smettere di sciogliere l'abbraccio di prima.
"Come dicevo, vado a finire di riordinare queste cose" Prendo in mano quelli che riconosco essere i miei sacchetti.
Quando mi volto per andare in camera, sono tutti muti, Il problema è che sembra una di quelle scene da film comico: sono tutti fermi, immobili; con delle facce, come se li avessi beccati a fare qualcosa di male, o che non dovevo sapere.
Grace sembra essere la prima a risvegliarsi da questo stato.
"Ti posso accompagnare?" prima che io possa rispondere, però, una voce ci ferma.
"No, resta qui" dice Mikael. Ora tutti stanno fissando lui, che seduto su una delle poltrone, sembra voglia dire qualcosa, ma alla fine ci rinuncia, si affloscia sul divano.
"Abbiamo ancora bisogno di Grace, qui. Magari la raggiungi dopo"
"Okay" alzo le spalle e me ne torno in camera. Prima che io possa arrivare completamente in camera mia però, il rumore di qualcosa che cade a terra, violentemente, mi fa sobbalzare.
Grace non mi ha più raggiunta, sono rimasta da sola in camera.
Sono stata un po' al telefono, ho letto un libro e alla fine sono passata a rileggere molteplici volte il biglietto trovato stanotte.
Quando la mia porta si apre di scatto, l'ho appena riposto nel cassetto.
"Ti ho portato qualcosa da mangiare. Mi ha detto mia madre che mentre siete state fuori non hai mangiato. Un po' di cereali e del tè non possono sfamarti fino alle sei del pomeriggio" Lascia sulla scrivania un vassoio con dentro dei piatti ancora caldi, vedo il leggero fumo che rilasciano.
"Sono belle" indica le foto che sono posizionate proprio lì.
Solo ora mi riscuoto "Grazie. Per il cibo e per le foto"
Lui annuisce, poi si gratta la testa imbarazzato "C'è altro Mikael?"
"S-No, no. Solo questo. Mangia ora" Rimango spiazzata.
"No, soprattutto non con te che mi guardi così"
"Voglio assicurarmi che tu mangi almeno uno di questi piatti"
"No. Va pure a fare quello che devi fare"
"Non devo fare niente ragazzina, quindi fino a che non mangi, io non esco da qui" Mi alzo sbuffando dal letto per prendere uno di questi piatti. C'è della pasta e qualche fetta di carne.
"Tutto è troppo" dico io
"Tutto è un pasto normale, quello che non hai fatto oggi a pranzo" Lo guardo
"Se mangio tutto questo adesso, dopo non ceno"
"Siamo da capo a dieci così, ragazzina"
"Puoi per piacere usare il mio nome, come fanno tutti?"
"No" sbuffo ancora.
"Anche perchè, il nome ragazzina ti si addice troppo" dice lui "Ti comporti come farebbe una bambina"
"Beh grazie mille. Ti hanno mai insegnato a fare i complimenti alle donne?"
"No"
"Si vede" Afferro il piatto con la carne, mi sembra il meno dannoso a quest'ora.
"Perché non la pasta?" chide lui
"È pesante Mikael, dopo non ceno. Dico sul serio"
Mi siedo a gambe incrociate sul letto e mangio le tre fettine che mi ha portato, stando estremamente attenta a non sporcare.
Lui si siede sulla sedia che era davanti alla scrivania, girandola nella mia direzione per non darmi le spalle.
"È fra quattro mesi" esordisce ad un certo punto. Io finisco di deglutire il boccone.
"Cosa?"
"Il matrimonio" il cuore mi arriva in gola.
"Quattro mesi? Non ci vuole di più solitamente?"
"Non lo so, non sono un esperto. È di questo che stavamo parlando quando sei arrivata in sala" Ora capisco i loro atteggiamenti strani.
"Perché non me lo hai detto prima?"
"Perché prima che tu arrivassi stavamo parlando di un'altra cosa. Mangia."
"Non ho capito" infilo un altro boccone in bocca.
"Me lo hanno detto solo quando sei tornata in camera" Finisco di masticare.
"Prima di cosa parlavate?" Lui sospira pesantemente.
"Del fatto che sono stato uno stronzo oggi" stringe la mascella.
"Non sono bravo con le scuse, ma mamma mi ha detto perché siete uscite. Mi ha anche detto che dopo è stata lei a chiederti di accompagnarla a fare delle compere" Sospira.
"Mi dispiace essermela presa così tanto"
"Quello che non capisco è perché. Perché arrabbiarsi così? Non potevi...che so?! Chiedere spiegazioni prima di partire in quinta?"
"Credo proprio che quello di stanotte fosse un attacco, non trovarvi in casa mi ha fatto subito pensare al peggio" alza le spalle. Quindi lui si è incazzato perché preoccupato?
"Va bene" Alzo le spalle io.
"Va bene?" chiede lui confuso
"Si, avevamo entrambi ragione. Io sono solo uscita a trovare mia madre e Diana gentilmente ha voluto accompagnarmi, tu eri preoccupato. L'unica cosa è: impara a parlare. Io non sono nessuno, ma se un giorno tu amassi davvero qualcuno e facessi così, rischieresti di perdere tutto" Lui annuisce.
"Grazie per il consiglio" mi guarda "Per il discorso di prima, posso dirti solo che ogni volta che vorrai andare da tua madre potrai farlo liberamente"
"Tua madre mi ha detto la stesa cosa oggi" rispondo leggermente sorpresa.
"Davvero?!" Anche lui appare sorpreso. Annuisco in conferma.
"Per le altre uscite? Se dovessi aver bisogno di fare qualcosa?"
"Ti chiedo solo di comunicarmelo, così se posso ci andiamo insieme"
"Insieme?" Anche questa per me è una novità.
"Solo per un motivo di sicurezza, fino a che non scopro chi sta dietro questa storia, non voglio correre rischi inutili"
"Ok. A proposito di questo, avrei bisogno di recuperare alcune delle mie cose, a casa di Alexander"
"Quando devi andare?"
"Ha detto che sono libera di andare quando voglio"
"Okay, fammi organizzare. Domani mattina ti dico meglio."
"Grazie" lui con un gesto sminuisce la cosa.
"Se vuoi, c'è ancora Grace. Le farebbe piacere passare del tempo con te"
"Ok" dico alzandomi per portare il piatto nel vassoio. Lo alzo per riportarlo in cucina.
"Che fai?"
"Lo porto in cucina" rispondo ovvia.
"Lascia. Ci penso io" cerca di prendermelo dalle mani.
"No. Lo faccio da sola. Grazie mille"
"Ragazzina..."
"Ho un nome"
"Non mi interessa" Ride. Lo stronzo ora ride.
"Non c'è niente di divertente" Lui in risposta alza le spalle.
"Questo lo dici tu"
"Io dico che dovresti lasciarmi perdere"
"Io dico che devi lasciarmi il vassoio e farti i cazzi tuoi"
"No"
"Dobbiamo litigare in questo modo per tutto il giorno?"
"Non staremo litigando se tu mi lasciassi fare le cose da sola. Non sono invalida, so portare un vassoio in cucina" lui molla la presa.
"Okay okay, avanti. Prima tu" Indica la porta.
Lo guardo con sospetto mentre gli passo accanto, è stato troppo facile, tanto che mi aspetto che mi rubi il vassoio in qualsiasi momento.
Quando usciamo dalla camera sento solo il rumore della porta chiudersi. Per il resto c'è silenzio.
Quando stiamo per entrare in salone, lo sento avvicinarsi un po' e quando è vicino al mio orecchio sussurra
"Bel culo comunque" Io spalanco gli occhi.
"L'hai fatto di proposito?" chiedo io stupita
"No, solo all'ultimo mi è venuto in mente di controllare. Ricordatelo ragazzina, io vinco sempre" Quando mi supera per tornare a sedersi sul divano, sento uno schiocco e solo dopo la leggera fitta di dolore. Mi ha dato uno...schiaffo sul culo? Di nuovo rimango ad occhi spalancati, ora ho anche la bocca aperta in segno di stupore.
Quando li raggiungo in sala, lui sta parlando con la sua famiglia, come se non fosse successo nulla.
Che poi, non è successo nulla di eclatante, ma comunque mi ha toccato il sedere. Non lo fai con tutti.
"Oh eccoti!" Grace si sposta subito, attaccandosi al suo ragazzo, Samael.
"Vieni vicina a me ti prego" mi fa cenno di raggiungerla picchiettando con la mano sul divano.
Mi avvicino e mi siedo accanto a lei.
"Stavamo parlando di una cosa che interessa ad entrambe" esordisce Grace.
"Grace, no" cerca di fermarla Mikael.
"Siamo in due a sposarci. Anzi no, in quattro"
"Il nostro caso è diverso dal vostro, Grace" dice Mikael. Lo è, estremamente diverso.
"Non per questo non avrà un matrimonio decente"
"Fosse per me non ci sposeremmo neanche. Fosse per me, a quest'ora sarebbe a casa sua. Non avrebbe il matrimonio dei suoi sogni, perché nessuno dei due sognava questo, immagino" mi guarda e poi si alza per andarsene.
Restano tutti in silenzio fino a che non sentiamo la porta sbattere.
La mano di Grace trova subito la mia e la stringe. La mia rimane immobile, subisce la stretta di Grace, ma non la ricambia.
"Mi dispiace" dice lei. Ricaccio indietro le lacrime e alzo le spalle.
Dovrebbe aver ragione, Mikael. Non sognavo di sposarmi così, pensavo di farlo con la persona del mio cuore, con quella che ci sarebbe stata per me. Non mi dovrebbe interessare il mio matrimonio semplicemente perché già non lo sento mio. Invece ora che mi è stata tolta anche la scelta, il poter scegliere come gestire quello che effettivamente sarà il mio matrimonio; mi sento sprofondare.
"Non è giusto quello che sta facendo. Ma avrai quattro mesi per fargli cambiare idea" annuisco flebilmente
"Mio figlio non dovrebbe rivolgersi così a te. Non sarai, forse, la donna della sua vita. Allo stesso tempo però dovrebbe rispettarti. State entrambi rinunciando a qualcosa, non solo lui" la durezza con la quale pronuncia quelle parole, mi lascia stupita. Pensavo sarebbe stata dalla parte del figlio solo perché è sangue del suo sangue.
"Non importa, davvero. Ha ragione. Possiamo non parlarne più?"
"Ma devi iniziare a pensare a come vuoi farlo!" mi riprende Grace come se stessi dicendo un eresia.
"Non mi interessa, qualsiasi cosa verrà decisa mi andrà bene"
"Isabelle-"
"No, davvero. Grazie Diana, ma tuo figlio ha ragione. Il nostro non è un vero matrimonio. Lo sarà solo sulla carta. Non c'è motivo di rendere il tutto qualcosa che non è. Me ne sono fatta una ragione un bel po' di tempo fa, ormai. Ora, se vogliamo parlare del vostro" guardo Grace "mi farebbe davvero piacere sapere tutto"
E così passiamo il resto del pomeriggio a parlare del suo matrimonio. Uno costruito sull'amore e su una bellissima relazione. Un matrimonio vero e non dettato dal volere altrui. Un matrimonio con delle possibilità.
Una cosa a cui non posso pensare di aver rinunciato, è la possibilità di avere figli.
Non credo succederà mai, mentre io ne avrei voluti. In realtà avrei voluto un sacco di cose, che ora non posso più avere.
Ormai è tutto andato, non posso lamentarmi.
Ad un certo punto il telefono di Samael inizia a squillare. Lui guarda il mittente e poi si alza
"Arrivo subito, voi continuate pure" Lascia una carezza a Grace e se ne va.
"Vado a prendere un bicchiere d'acqua" le avverto. In realtà non ho sete, avevo solo bisogno di staccare dalla visione della creazione di un matrimonio perfetto, con la consapevoelzza che il mio non sarà così.
Quando torno in sala l'argomento è cambiato.
"Quindi li volete?!" chiede sorpresa Diana. Grace annuisce sorridente. "Oh grazie! Non pensavo che uno di loro avrebbe mai scelto volontariamente di avere un bambino" ride a quell'affermazione.
A chiunque stia scrivendo la mia storia: non è divertente.
"Oh" Grace si accorge di me "Vogliamo...parlare di altro?"
"Ho chiamato mio padre prima" dico io, giusto per cambiare argomento di fretta.
"Oh. Davvero?" Risponde Diana, che tende subito il busto verso di me, evidentemente interessata alla cosa.
"Si. Gli ho chiesto di poter andare a prendere un po' delle mie cose in casa."
"Ti ha detto di si, spero"
"Si. Non ha fatto nessun problema. Devo...Mikael ha detto che vorrebbe accompagnarmi" Le due donne accanto a me si lanciano un'occhiata tra di loro, che però non mi spiegano.
"Oh...Certo che lo farà" è Diana ad affermare questo.
"Lo credi davvero?" Domando io. Sembra che non mi sopporti, poi invece altre volte ha delle uscite...come se gli interessasse davvero.
"Mio figlio potrà essere un ragazzo spigoloso, tagliente ed arrogante. Ma so perfettamente, Isabelle, che non è un bugiardo. Se ti ha detto che vuole accompagnarti lo farà e non accetterà che lo faccia qualcun'altro al posto suo" io non rispondo, non saprei davvero cosa dire.
"Tuo padre ti ha dato un giorno in cui andare?"
"No ha detto che posso andare quando voglio" sospiro "Se voglio trovarlo in casa però devo avvertirlo" Scuoto la testa "Non ho un buon rapporto con lui, quindi non credo che lo farò"
"Se vuoi posso chiedere a mio marito di farmi sapere se ha idea di quando sarà fuori casa, così da non incontrarlo" L'idea non sarebbe male, ma scelgo la strada più semplice.
"Grazie mille, ma credo che andrò quando ne avrò bisogno, senza avvertirlo. Correrò il rischio di incontrarlo." alzo le spalle.
Nel salone ricompare Samael.
"Mikael ha bisogno di me"
"Che succede ora?" allarmata, Diana si alza in piedi e si gira verso suo figlio maggiore.
"Non mi ha spiegato bene, non ne ho idea. So solo che ha bisogno di me" Grace nel frattempo lo guarda preoccupata.
"Torno presto, ok?" lo dice ad entrambe ma, nel mentre, viene a lasciare un bacio proprio alla sua ragazza. Lei annuisce e poi gli chiede di stare attento.
"Samael" lo richiama la madre. Lui, con una mano sulla maniglia della porta di casa si gira.
"Isabelle-"
"NO" tuona lui.
"Invece si. Sarà sua moglie, parte di questa famiglia. Ne ha il diritto"
"Non so che situazione mi troverò davanti. Non possiamo rischiare"
"Isabelle, te la senti di andare con Samael?"
"Io. Sono io quello che non se la sente mamma! Ma ci pensi? Se le succede qualcosa?"
"Tuo fratello poteva pensarci bene prima di fare quella scenata ed andarsene. Se fosse rimasto qui, non avremmo questi problemi"
"Non è una buona motivazione"
"Potrebbe aiutarti, non puoi andare da solo."
"O potrebbe morire, a quel punto non solo sarò di nuovo da solo, ma avrò anche un cadavere ed un grosso problema da risolvere"
"Rimarrà in macchina, ma sono convinta che fare questo possa portare tuo fratello ad essere un po' più gentile con lei. Qui a casa fa di tutto per non passare del tempo con lei, allora io dico che deve farlo lo stesso. Lo sai bene anche tu. In quelle situazioni non si può scappare" Samael mi guarda. Io vorrei andare solo per assicurarmi che i due stiano bene, ma una parte di me urla di rimanere qui. Non sarei veramente utile a qualcuno, anzi, come ha detto Samael, potrei anche diventare un peso e se lui avesse bisogno di salvare Mikael, non posso essere tra i piedi.
"Andiamo. Se non vieni con me continuerà a fare storie e mio fratello ha bisogno di me" lui mi indica con la testa la porta.
Esco quindi con solo i miei vestiti ed il telefono nella tasca, nemmeno il giaccone. Tanto mi chiuderà in macchina.
Il viaggio procede in silenzio, facendomi solo pensare a miliardi di scenari differenti.
Sparatorie, un attacco con netta minoranza...si insomma, cose che sono normali per noi.
"Se gli fosse successo qualcosa?" Chiedo io
"Stiamo andando lì proprio per parargli il culo"
Queste sono le uniche frasi che ci rivolgiamo durante tutto il tragitto.
Quando ferma la macchina, prima mi guarda, poi guarda davanti a se ed alla fine sospira.
"Non è qui fuori, quindi devo cercarlo. Il che significa che devo allontanarmi e non potrò tenere la macchina sotto controllo." Si volta di nuovo verso di me.
"Questo vuol dire esporti al pericolo, se stesse succedendo qualcosa.
Quindi vieni con me, ma per favore...rimani sempre dietro di me" Annuisco.
"Ora scendo e ti vengo ad aprire la portiera, ok?"
"Va bene" Samael fa ciò che ha detto, e quando scende lo vedo estrarre qualcosa dai pantaloni.
Solo dopo mi rendo conto che si tratta di una pistola.
Quando scendo dalla macchina, lui mi spinge con un braccio dietro di lui.
A quel punto inizia a camminare. La pistola pronta nelle mani, ancora puntata a terra, ma sono sicura che sia pronto a far fuoco lo stesso.
Mi fa cenno di seguirlo ed io lo faccio, restando sempre dietro di lui.
Iniziamo a girare tutto il posto, che sembra essere un capannone abbandonato, ma di Mikael sembra non esserci traccia.
Il silenzio che si aggira in questo posto è assordante, tanto che l'urlo di Samael mi fa spaventare e non poco.
Salto sul posto e per un soffio trattengo a mia volta un urlo di paura.
"Ma sei matto?" Sussurro io
"Hai un metodo migliore per trovarlo?" Risponde seccato.
"No ma un urlo ci rende vulnerabili. Possono trovarci, se sta succedendo qualcosa"
"Ma se non sta succedendo nulla mio fratello mi sente e lo raggiungiamo più facilmente"
Proprio mentre dice questo, un rumore, come un leggero fischio, fende l'aria, a seguito, la parete vicino alla mia testa emette un suono e si sgretola su un punto preciso.
"Sta giù" mi spinge verso il basso.
Samael allora punta la pistola verso il nulla e comincia a girare pronto a far fuoco e il dito nel grilletto.
"Non ti conviene spararmi" la voce che arriva dal buio ha un accento spagnolo abbastanza marcato.
"Né a me né ai miei uomini" ridacchia
"Fammi indovinare...Hector?" Samael spezza il tutto con una risata.
Perché entrambi i fratelli hanno il gusto di ridere quando non c'è niente da ridere?
"In persona, Samael" dal buio spinta una figura. È un ragazzo, alto, tatuato. Interamente vestito di nero.
"Scusa cariño se ti ho spaventata. Non ti avrei mai colpito in testa...forse" adesso si sta rivolgendo a me.
"Parla con me, stronzo. Lei non c'entra nulla"
"Beh si che c'entra. Dal momento in cui è uscita dalla macchina con te. Chi è? La tua amante?" Ride Hector "ti sei già stancato della biondina tutto pepe? Se vuoi la prendo io...espera espera, come si chiama? Ah si! Grace" pronuncia il suo nome in un modo disgustoso, sembra quasi che sia un cibo e stia assaporando ogni singolo ingrediente di esso.
"Nominala un'altra volta e ti pianto in testa non un solo proiettile, ma tutto il caricatore." Hector alza le mani in segno di resa.
"A quanto pare la Biondina è ancora il tuo giochino preferito, quindi lei sarebbe?"
"Non ti interessa. Voglio mio fratello. Dove cazzo è?"
"Tuo fratello è...vicino, molto vicino"
"Hector mi stai facendo perdere la pazienza" in tutto questo, Samael tiene ancora la pistola puntata contro Hector, che non ha nulla in mano e sembra fin troppo tranquillo.
Deve esserci qualcosa che lo protegge, qualcuno.
Mio padre mi ha sempre detto che in questi casi viene protetto da lontano.
Guardo quindi il corpo di Samael, lo ispeziono solo con lo sguardo e finalmente trovo quello che cercavo.
"Hector. Hai così poche palle che ti fai proteggere da uomini nascosti? Almeno lui- indico Samael- ha le palle di venire qui da solo. Tu quanti uomini hai pronti a sparare qui intorno? Uno, quello che ha fatto fuoco su di me; l'altro, quello che tiene sotto tiro Samael ora" lui si guarda e vede quello che ho visto io poco prima. Un puntino verde sul suo corpo, tra cuore e polmoni.
Hector scoppia a ridere. "La ragazzina ha le palle. Sai, fossi in te sarei stata in silenzio. Ho appena sviluppato una strana ossessione verso de tí...." Lascia intendere di voler sapere il mio nome.
"Foster." I suoi occhi si spalancano. "Isabelle Foster"
"Oh porca puttana. MADRE DE DIOS!" lui emette un sospiro pesante "La figlia di Alexander. Sai, nel nostro mondo tutti credono che tu sia una leggenda. Nessuno mi crederà mai quando dirò di averti vista."  Ora fa un passo verso di me e con le dita mi accarezza una guancia.
"Quel bastardo ti ha fatta uguale alla moglie" sussurra "ma gli occhi. Cazzo quelli sono dei Foster." Nell'attimo di distrazione, Samael è passato dietro di lui ed ora la sua pistola è poggiata sulla testa di Hector, che si immobilizza all'istante. Ora anche se Samael facesse partire un colpo per sbaglio, andrebbe a finire nel cranio di Hector e lui lo sa.
"Se mi uccidi ora, non saprai dove tengo tuo fratello e farai scoppiare una guerra"
"Tu allora inizia a fare due cose: togli le mani da lei e poi portami da mio fratello. Non sei nelle condizioni di dire no, quindi fallo" ordina perentorio Samael.
"Okay, tu abbassa la pistola"
"Non sei nella posizione di dettare regole" comunque abbassa la pistola solo per puntargliela in mezzo alla schiena.
Con la stessa lo spintona per farlo camminare.
"Portami da Mikael e vedi di sbrigarti" a questo punto il tizio inizia a camminare, entra in uno stabile ed apre una porta.
Qui il buio è così nero da non riuscire a distinguere nulla, ma lui allunga la mano sinistra ed accende una luce. È fioca, ma basta per vedere le scale che portano sottoterra.
Quando arriviamo al fondo della scalinata, vedo Mikael seduto al centro della stanza.
Ha mani e piedi legati da corde, la bocca coperta da dello scotch isolante, dalla quale però escono grugniti mentre cerca di liberare gli arti.
È così concentrato a slegarsi che non si accorge nemmeno che siamo qui.
"Mikael" lo richiama il fratello maggiore. Lui alza la testa di scatto e per un momento appare anche sollevato, quando però mi vede, dietro al fratello, torna a farsi preoccupato.
Samael però non se ne accorge, o se se ne accorge non se ne cura.
Spintona ancora Hector con la pistola. "Avanti,
Slegalo"
Hector inizia a ridere "No puedo, amico..." il rumore della pistola che si arma lo fa fermare.
"Non mi interessa, io ti uccido se non lo fai. Amico"
Hector, alla rinnovata minaccia, prende a camminare verso Mikael. Arrivato dinanzi a lui la prima cosa che gli toglie è lo scotch.
Mikael non aspetta un secondo ed inizia subito ad inveire contro di lui "brutto figlio di puttana, ti ammazzo. Mio fratello sta esitando, ma io non sono come lui." Una volta aver finito con Hector, procede con noi.
"Tu invece." Le mani gli vengono slegate da Hector e lui punta un dito contro il fratello "che cazzo ti dice la testa, te la sei portata dietro?"
"No ho avuto molta scelta, testa di cazzo. Ne parliamo dopo" ora ha anche i piedi liberi e non appena si alza in piedi, anche lui viene a mettersi difronte a me.
Hector ride "oh bene bene. Chi l'avrebbe mai detto che il primo amore di Mikael Harrison sarebbe stato proprio la figlia di Alexander Foster" è la seconda volta che mi chiama così e mi da i nervi.
"Ho anche un nome, potresti usarlo"
"Ha le palle, te lo concedo" Hector non si rivolge a me, ma a Mikael.
"Sta zitto" lo avverte lui "e poi non è il primo amore di nessuno. Lasciala perdere"
"Oh beh, allora se non ti dispiace..." Hector si avvicina di nuovo a me e cerca di toccarmi un braccio, ma basta un'occhiata tra i due fratelli e Samael gli è già addosso.
"Le mani a posto Hector. Una come lei non li vuole quelli come te" è dietro di lui ed ha il braccio avvolto attorno alla sua gola. Se continuasse a stringere lo farebbe morire per mancanza di ossigeno.
"Sono proprio quelle come lei invece che vogliono quelli come me" ride lui, rilasciando qualche colpo di tosse dovuta alla, ancora leggera, pressione sulla gola.
"Rivedi i tuoi parametri di confronto" gli dico io.
Mikael mi guarda, facendomi intendere che devo stare zitta.
"Bene Hector, noi adesso ce ne andiamo. Tu torna pure a mandare in malora la tua famiglia" interviene Mikael.
"Mikael" lo richiama proprio lui "un giorno ti ritroverai ad amare qualcuno, avrai una debolezza. Quel giorno io sarò lì, pronto a togliertelo. Non è una minaccia, è una promessa" sorride, ma non gentilmente, anzi il suo sguardo ora mi spaventa.
"Ti aspetto" gli dice Mikael mentre prende me per il braccio e insieme a Samael prendiamo le scale per tornare di sopra.
Quando siamo da soli, Mikael non perde tempo un secondo.
"Ma si può sapere che cazzo ci fa qui lei?"
"Mamma credeva saresti stato più gentile con lei"
"Mamma non sta bene" loro continuano a discutere di me come se io non fossi qui, io invece mi guardo attorno. Mi sento osservata ma non noto niente.
Siamo quasi arrivati alla macchina quando un dolore immenso al braccio mi fa strillare.
"Che succede ora?" Si gira esasperato Mikael, ma quando vede che mi sto tenendo il braccio e sono sull'orlo di una crisi isterica, si avvicina a me.
"Che hai?" Scuoto la testa, anche se un'idea me la sono fatta.
Il dolore è fortissimo e prende tutto il braccio, la mano che tiene il punto dolente è fradicia.
"Cazzo. Merda" inizia ad imprecare Mikael.
"Che succede?" Chiede Samael
"Le hanno sparato"










Spazio Autrice

Hello!

Non sono sicura che questo capitolo mi piaccia! Spero che abbia senso per voi 🥹
Comunque, se voleste esprimere le vostre opinioni su come finirà la storia tra Mikael e Isabelle, mi farebbe piacere. Sono curiosissima 🧐

Btw vi lascio e vi auguro una buona giornata! 🤍 al prossimo aggiornamento

P.s. l'anello della mamma di Isabelle (intendo Camille) lo immagino più o meno come quello nella foto ad inizio capitolo.

A T E L O P H O B I AWhere stories live. Discover now