6. Sabbia ruvida

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Di Valerio non sapevo molto: si frequentavano da qualche mese; condividevano la passione per la fotografia; ogni tanto partivano per un lungo weekend insieme.

Nei pochi accenni, Myriam non mi era sembrata molto presa: non n'elogiava i pregi, non aveva gli zirconi negli occhi e manteneva basso il volume della voce. La loro relazione non decollava.

«È scorbutico», mugugnò una mattina, mentre eravamo al parco con Sally. «Borboglia per tutto. Se devo andare in bagno, perché 'Non sono passati neanche tre quarti d'ora', anche se sa che prendo i diuretici. Oppure perché non posso mangiare in una sala con l'aria condizionata, anche se gli ho detto e ridetto che poi mi gira la testa per la cervicale. Storce gli occhi se mi esce di dirgli, anche un po' scherzando, che ho caldo e contemporaneamente i brividi di freddo. Capisco che sono cose che non può comprendere, perché non le vive, ma non mi pare neanche che si sforzi d'accettarle».

Quel concerto fu un gocciolone. Da un vaso di pazienza che si stringeva sempre più verso l'alto, fece fuoriuscire una quantità incommensurabile d'acqua ricca d'acido solforico e acido nitrico. 

La mattina dopo Myriam aveva «Le ossa tutte rotte».

Sapeva che sarebbe potuto succedere e che, dopo essersi sbatacchiata a qual modo, avrebbe dovuto riacquistare le forze con molte ore di riposo. Aveva voluto essere, «Per una volta!» una spensierata donna della sua età. Sapeva che l'avrebbe pagata. Non si aspettava che il conto più salato glielo avrebbe presentato Valerio.

«Lo sapevo che andava a finire così! Dici sempre che non puoi stancarti troppo e 'Questo non posso farlo, questo nemmeno, adesso mi devo fermare, s'andiamo avanti non so se riesco a tornare indietro' e menate varie. Quindi! Sapevi che oggi saresti stata un rottame. Ma tu hai dovuto farlo lo stesso, per sbavare dietro quei quattro scimuniti e mandare all'aria i nostri programmi», cioè quelli di lui, che lei aveva accettato pur di fargli accettare i suoi impacci.

Myriam, che non ammetteva denigrazioni nei confronti dei suoi fratelli, si sentì ardere come una torcia di betulla svedese.

"Sfere bollenti! Asce affilate! Lancia spaziale", avrebbe voluto gridare per controbattere all'attacco nemico, ma aveva a malapena la forza di spiegare ciò che già aveva spiegato la sera prima, per ben tre volte.

«Ci tenevo a salutarli, a presentarteli. Quando li ho visti esibirsi su quel palco, un palco vero, con Alex Au79, non mi sono frenata. I programmi si possono modificare.»

«Si chiamano programmi perché vengono programmati, stabiliti in anticipo, in ogni dettaglio. Non sono ammesse anticipazioni né ritardi. Se si fa un programma, si rispetta, si è puntuali e preparati. Non si manda a monte per un ghiribizzo uscito fuori dal nulla. Ora dovremmo saltare la visita alla Grotta del Vento perché tu hai voluto fare la tarantolata a una performance per teenagers?»

Valerio prese il suo zaino pronto dalla sera prima e si avvicinò alla porta della loro camera.

«Hai voluto fare come ti pare? Oggi lo faccio io come mi pare. Ci vado da solo alla Grotta.»

Si portò un indice alla tempia:

«Se sei malata, fatti curare».

Chiuse piano la porta, che ci teneva a passare per una persona educata. La lasciò sola, nel letto, supina, con la testa bloccata sul cuscino, e non si degnò neanche di chiederle se avesse bisogno di qualcosa.

Myriam ebbe la sensazione d'un grumo d'osmio nell'intestino che si convertiva in idrogeno, metano e diossido di carbonio: si accorse che stava espellendo Valerio dalla sua vita.

Massaggiò i lati del collo; molto lentamente, prese ad allungarne i muscoli, portandolo verso il basso, sempre più in basso, in posizione centrale e di nuovo verso destra, sempre più a destra, poi a sinistra, sempre più a sinistra. Impiegò quindici minuti a terminare il ciclo completo di esercizi e a muovere il collo quel tanto da permetterle di girarsi verso il comodino. Inghiottì un boccone d'acidità e due pastiglie e si rimise giù, con la speranza di dormire, o almeno di riuscire a rilassarsi e a pensare con lucidità.

Non dormì, ma esaminò la situazione, in base ai fatti e alle impressioni.

Dopo mezzora, restando sdraiata sul fianco destro, portò le ginocchia al petto; rotolando in avanti, spostò le gambe all'esterno, verso il basso; con i palmi delle mani ben poggiati sul materasso, sollevò la schiena, mettendosi seduta. Con le piante dei piedi aderenti al pavimento, incurvò la schiena verso il basso, sempre più in basso, la tirò su partendo dall'ultimo tratto, poi alzò le braccia dritte sopra la testa chiudendo a aprendo le mani. Trascorsero altri dieci minuti, prima che si sentisse pronta per alzarsi, eseguire gli esercizi alle gambe e al bacino e muovere qualche passo. Non stava bene, ma decisamente meglio. Andò in bagno a sciacquarsi gli occhi asciutti. Meccanicamente, fece tutto ciò che faceva ogni mattina.

Sotto la doccia, le sembrò di sentire scorrere sulla pelle un foglio di carta vetrata. Ne uscì quasi subito, si vestì, e scappò da quella stanza gonfia d'aria viziata.

Camminò come sospesa, per atterrare scalza sulla sabbia.

"È ruvida", fu il suo primo pensiero, mentre riprendeva contatto con la realtà.

Avrebbe voluto fare un bagno, per levarsi di dosso le scorie d'un rapporto che non le stava dando niente di bello.

Lei e Valerio non avevano le stesse priorità. Erano ai due estremi d'una corda, come Walter e Godfried: uno tirava di qua, l'altra tirava di là, ma lei, la sua, l'aveva lasciata cadere, nel momento stesso in cui Valerio le aveva mancato di rispetto.

Prese il cellulare e consultò il sito delle Ferrovie.

"Il prossimo treno per Milano passerà da Carrara tra un'ora. Ho anche il tempo di mangiare un toast."

Tornò in albergo per prendere le sue cose. A Valerio non lasciò messaggi. Che io sappia, lui non la cercò.

Sulla mensola della cucina Myriam tiene una foto in cui ride, abbracciata a William e Nicolas, tra Thomas e Alex da un lato e Walter dall'altro. Valerio non c'è: ha voluto essere lui a scattarla, e meno male! Se no, sarebbe stata rovinata.

«L'unica cosa che mi dispiace è che sapeva usare bene la lingua», la sentii pispigliare, un pomeriggio in cui lei e Lucilla s'erano incontrate da me e io mi fingevo assopita, per farle sentire più libere di esprimersi. Erano così rari i momenti che riuscivano a trascorrere insieme! Avrebbe fatto bene a entrambe confidarsi con una sorella.

Ma trabalzai alla risposta della mia giovane, ingenua, Lucilla: 

«Anche a me manca tanto questa dote di Claudio: non era un grande oratore, ma la lingua... Come la sapeva muovere bene! Sulle zone più recettive... Al ritmo... Confacente».

«Vorrei essere una contorsionista per arrivarci da sola.»

Oh quanto avrei riso! Non potete neanche immaginare quante volte ho pensato la stessa cosa. Certe notti, vorrei avere una bacchetta magica, per esaudire il più irrealizzabile dei miei desideri.


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*Noticina*

Acido solforico e acido nitrico sono sostanze contenute nelle piogge acide (dal web)

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