VIII. PREZIOSE MANI - 1. Mani zitte

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Sono preziose le mani.

Abbiatene cura!

(Ph: La mia mano)


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Dove sono finite le mie mani? Zitte, come la bocca che s'apre solo per mangiare, stanno inermi sotto un lenzuolo di cotone bianco lavato a sessanta gradi, inutili come questa coperta di lanetta marrone tirata su fino al collo: il freddo m'è dentro; i fuochi di multiformi passioni non riescono a scaldarmi da che non possono zampillare al di fuori, attraverso gli occhi, i vocaboli o i movimenti delle mani.

Queste mie mani! Ferme. Che non servono più a niente.

Sono preziose le mani. Abbiatene cura!

Esse costruiscono case e relazioni, dirigono orchestre e viandanti smarriti, accarezzano cuori affranti; applaudono "Mi piace!" che rimbombano di entusiasmo, erigono barriere in fermi "Non mi toccare". Con le mani puoi mandare tutti a quel paese: quante volte l'ho fatto, seppure di nascosto!

Che siano discorsi ricchi in grammatica e sintassi o gesti minimali, le mani parlano.

E io... Sono così stanca!

Sono stanca di non potermi esprimere, di non poter dire la mia, cosa voglio, cosa so e quanto comprendo o rammento.

A volte i pensieri sembrano divergere e perdersi in labirinti senza uscita, in spirali che non hanno inizio né fine. Riacciuffo le idee prima che cadano nel nulla. Riprendo dal principio i ragionamenti cercando di giungere alle stesse conclusioni. Fisso i ricordi reiterando tra me e me il riverbero dei fatti che ascolto o i residui di quelli che ho vissuto.

Perché ho paura di perdere le une e gli altri, ritrovandomi non più così giovane come vorrei. Come Povera Zia Tina che diventò anziana a poco a poco, cominciando col confondere i giorni, troppo uguali gli uni agli altri, e i nomi dei nipoti.

PRANZO DI FAMIGLIA - RomanzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora