20|| decision.

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La sala del trono era illuminata dalla luce aranciata del tramonto, che penetrava dalle grosse vetrate alle spalle del trono stesso; la luce si rifletteva sul Vibranio e sulle pareti lucide, faceva risplendere la terra che componeva il centro della stanza. T’Challa sedeva con tutta la fierezza di cui era capace, le mani che stringevano i braccioli, l’abito tradizionale dalle tonalità scure; al suo fianco Okoye sostava immobile, lancia stretta alla mano e viso imperscrutabile. Dall’altro lato, c’era Shuri.
Mi bastò una rapida occhiata al suo viso per capire che era arrabbiato e preoccupato, ma lui era scomparso dopo la visita di Bucky, probabilmente aggiornato dell’accaduto da Shuri, e io non osai avvicinarmi, perchè non era nè il momento né il luogo adatto per un confronto, che sicuramente sarebbe scaturito alla minima interazione.
Virai perciò verso Natasha, che mi sorrise incoraggiante, e lui mi seguì con lo sguardo passo dopo passo; sentii  i suoi occhi bruciare sulla mia schiena.
«Ora puoi respirare.» mormorò Nat, quando fui abbastanza vicina da essere l’unica a portata di orecchio. Mi appoggiai al suo braccio, in cerca di un sostegno morale e fisico, e ascoltai il suo consiglio: presi un lungo respiro, che sciolse di poco il nodo che avevo allo stomaco. Shuri mi aveva congedata dal Laboratorio quella mattina, due giorni erano ormai passati dall’incontro con Bucky, e tornare nella mia stanza era stato meraviglioso; per prima cosa mi ero data una ripulita. Era stato difficile non bagnare i punti, che dovevano restare ancora per qualche giorno, ma era stato anche altrettanto difficile restare in piedi per così tanto tempo con scarsi appoggi, visto che venivo da un lungo riposo indotto che avevo odiato con tutta me stessa. Non ero stata un buon paziente. Comunque, il gioco era valso la candela.
«Si vede così tanto?» domandai, mettendo su un sorriso forzato in direzione di Tony, che aveva distolto lo sguardo da Bruce, intenta a spiegargli qualcosa, per puntarlo su di me. Lei arricciò il naso e lanciò uno sguardo verso T’Challa, rigido e pensieroso, che di rimando faceva oscillare lo sguardo verso di noi, a cadenza quasi regolare, quasi fosse una casualità.
«Tralasciando la tua faccia da cane bastonato, il Re sembra si stia trattenendo dallo sbranarti, e non oso immaginare quando...» fu interrotta dal rumore delle alte porte che venivano aperte di nuovo. Steve varcò la soglia per primo, la barba incolta umida di doccia, i capelli tirati indietro, la T-Shirt che si tendeva sui pettorali, i pantaloni di tuta che gli ricadevano morbidi sui fianchi, l’aria seria di chi sà che la situazione è precaria. Wanda era alla sua sinistra, Jeans attillati e una leggera camicetta nera a metterle in risalto il fisico più magro per la latitanza e il rapimento; era tesa come una corda di violino. Alle loro spalle, Bucky li seguiva a testa alta.
A differenza di Steve, indossava pantaloni comodi da battaglia, un giubbotto di pelle che gli lasciava scoperto il braccio bionico, anfibi pesanti da camminata e una fondina, legata alla coscia destra. Aveva i capelli spettinati dal vento, granuli di terra incastrati tra le ciocche, l’aspetto ancora più stanco dall’ultima volta che l’avevo visto, due giorni prima. Fece scivolare lo sguardo per l’intera sala, finché non incontrò il mio: mi soppesò con voracità, dagli occhi alla bocca, poi giù lungo il collo, finché T’Challa non si schiarì la gola, attirando l’attenzione di tutti su di sé.
«Prima di tutto,» esclamò, unendo le mani «Shuri dice che la salute di Visione è in netto miglioramento ma, visti i copiosi esperimenti ricevuti nel periodo di prigionia, la sua idea è quella di risvegliarlo gradualmente.» spiegò, puntando lo sguardo su Wanda, diretta interessata.
«Perché?» si limitò a chiedere lei, con le braccia incrociate al petto e un cipiglio preoccupato a oscurarle il volto. T’Challa sospirò, ma fu Shuri a rispondere.
«Il periodo di sedazione è decisamente lungo, inoltre non sappiamo la portata degli esperimenti eseguiti sul suo corpo e sulla Gemma.» spiegò, con parole povere, consapevole del fatto che solo Bruce fosse in grado di comprenderla a pieno. «La Gemma è per noi terreno sconosciuto, dobbiamo procedere con cautela.» concluse poi, puntando lo sguardo su Wanda.
Calò su di noi un silenzio teso, di comprensione.
Il mio sguardo scivolò su Wanda: teneva lo sguardo fisso sul pavimento, persa tra le parole appena ascoltate, ma quando tornò a guardare Shuri di quello smarrimento che avevo visto non c’era più traccia.
Al suo posto, solo determinazione. Sospirò.
«Posso aiutarti!» esclamò, col tono di chi non avrebbe accettato un ‘no’ come risposta. «Io riesco a sentirla, la Gemma. C'è uno strano legame, tra di noi. Posso aiutarti a capire se qualcosa è cambiato, posso contattare Visione, prepararlo a qualsiasi eventualità.» spiegò, e le pupille si tinsero di un tenue colore scarlatto. In un silenzio tombale, Shuri prese in considerazione la sua proposta.
Furono secondi interminabili.
«D’accordo.» accettò, alla fine. «Ma non puoi intralciarmi. Capisco il legame che c’è tra te e Visione, non metto in dubbio le tue capacità, ma la situazione è delicata, voglio che tu lo capisca.» aggiunse, seria come poche volte l’avevo vista. Wanda si limitò ad annuire, le pupille di nuovo del loro colore naturale. L’attenzione tornò a T’Challa, che si raddrizzò sul trono.
«La seconda questione riguarda il Segretario Ross.» disse, serio in volto. «I suoi soldati continuano a sorvolare l’area con cadenza regolare, alla ricerca di un varco per penetrare nella città. Non c'è stato ancora nessun contatto, ma potrebbe essere da un momento all'altro.» continuò, spostando lo sguardo a Tony, che se n’era stato in disparte, in compagnia di Bruce, in un silenzio tombale. Il rumore ovattato di un elicottero riempì la stanza, proveniente dall’esterno, e fu così scioccante per me il fatto che non me ne fossi resa conto prima che mi avvicinai alle vetrate, sfiorando di qualche metro il trono. La città era cambiata, mi bastò una semplice occhiata per capirlo. La luce illuminava gli edifici, risplendendo sulle punte in Vibranio, ma le strade vuote e il silenzio quasi tangibile rendevano chiaro che la situazione era… delicata. «Ho ordinato il coprifuoco.» esclamò T’Challa, quasi avesse percepito la piega dei miei pensieri. «E raddoppiato le guardie e le ronde. Nessuno può girare per la città dopo il coprifuoco né avvicinarsi ai confini, che sia giorno o notte. La difesa è solida, ma questo non significa che non ci siano delle falle, da qualche parte.» continuò poi, attirando la mia attenzione di nuovo su di sé. Riuscivo a vedere il suo profilo teso, la mano sinistra che stringeva uno dei braccioli; prese alcuni secondi di pausa, quasi si stesse preparando ad uno sforzo disumano. «Barnes se ne sta occupando insieme alle Dora, dovreste essere ancora al sicuro, per adesso. E così anche il mio popolo.» concluse, mentre il rumore dell'elicottero andava via via scemando. Quello bastò a spiegare l'abbigliamento di Bucky. «E se Ross decidesse di attaccare?» ribattei io. 
T'Challa si alzò per voltarsi e guardarmi.
«Non ho paura di affrontare Ross, quell'uomo è soltanto un verme avaro che andrebbe schiacciato. Adesso, il nostro problema è Vektor.» mi rassicurò lui.
Sentire il nome di mio fratello fu una doccia gelida.
Da quando Wanda l'aveva scacciato dalla mia mente non si era più fatto vivo, ma questo non significava che non sarebbe potuto succedere; probabilmente era soltanto indebolito dallo scontro con la ragazza. Aveva detto qualcosa su quanto quell'abilità fosse debole e nuova, ma quanto ci avrebbe messo per riprendersi e tornare così a tormentarmi, o peggio, venire a rubare informazioni? Quanto avrebbe potuto reggere la barriera, se Ross avesse deciso di attaccare e Vektor si fosse unito a lui, una volta scoperto il nostro nascondiglio? Non si sarebbe mai lasciato scappare un'opportunità del genere: avere me, la sua vendetta sugli Avengers e la possibilità di mettersi in mostra davanti al Governo Americano. Per non parlare del Wakanda e del Vibranio che custodiva.
«Beth?» chiamò Wanda, riportandomi alla realtà; mi voltai di scatto verso di lei, come una bambina colta con le mani nel cioccolato. 
«Sto bene.» rassicurai, respirando profondamente. «Lui… non si è più fatto vivo, per adesso.» aggiunsi, incrociando le braccia al petto.
«In che senso "fatto vivo"?» domandò Bruce, mentre faceva saettare lo sguardo verso di me, un sopracciglio inarcato a indicare la sua confusione. Mi resi conto, soltanto in quel momento, che né Bruce né Bucky erano al corrente della nuova abilità di Vektor. 
«Vektor sembra aver sviluppato un qualche potere, in realtà molto simile a quello di Wanda.» dissi, poi spiegai tutto quello che era successo nella mia mente, prima del mio risveglio. Non tralasciai nulla, né conversazioni né torture, e loro mi ascoltarono in estremo silenzio, confusi. «Non dovrei neanche essere qui, in realtà.» conclusi, schiarendomi leggermente la gola. 
Gli occhi di tutti erano puntati su di me. 
Il primo a ridestarsi fu Tony: riprese a camminare come un ossesso, le braccia incrociate al petto mentre con una mano si lisciava il pizzetto macchiato di bianco.
«Perciò, ricapitolando: non possiamo lasciare il Wakanda perché Ross ci assedia, non sappiamo dove sia Vektor, né come rintracciarlo, visto che non possiamo lasciare il paese. Poi, ci sei tu.» elencò, per poi guardarmi. «Che sei praticamente una spia senza esserlo per davvero.» concluse, inarcando un sopracciglio.
«Tony!» lo ammonì Bucky, rimasto in silenzio fino a quel momento; mi costrinsi a non guardarlo.
«In pratica, si.» confermai, perché sapevo che le sue intenzioni non erano cattive. Lui lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi e puntó lo sguardo su Steve.
«Perciò, cosa facciamo?» chiese, allargando le braccia. 
«Uscire dal paese non sarà un problema.» ribatté T'Challa, monopolizzando l'attenzione. «Per il problema di Beth, Shuri e Wanda hanno avuto un'idea, d'altronde avevamo già deciso di chiedere aiuto a lei, prima dell'Alveare.» aggiunse poi, spostando lo sguardo a Shuri. La principessa si fece avanti senza timore.
«Wanda potrebbe insegnarti a rinchiudere le informazioni.» spiegò, ma io inarcai un sopracciglio.
«Rinchiudere?» ripetei, come un pappagallo.
«Sarebbe una buona idea.» confermò Wanda, spostando lo sguardo su di me. «Vedi, si tratterebbe di una sottospecie di camera blindata a cui nessuno può avere accesso, tranne te. Potrei costruirla per te e aiutarti ad accedervi per conservare ciò che vuoi da qualsiasi attacco esterno, anche da me.» spiegò, in parole povere. 
«E Visione?» chiesi, visto che aveva già un bel da fare.
«Posso fare entrambe le cose, nessun problema.» mi rassicurò, facendomi l'occhiolino. Le sorrisi appena, poi annuii, anche se l'idea di farla rientrare nella mia mente non mi piaceva molto; sfortunatamente, avremmo tutti dovuto fare dei sacrifici.
«E Vektor?» domandò Sam, che non aveva spiccicato parola per tutto il tempo, da un angolo della sala; indossava le sue ali, perciò doveva aver accompagnato Bucky durante la ronda. Non mi stupiva.
«Tutto quello che possiamo fare è provare a rintracciare i suoi spostamenti, vedere se riusciamo a recuperare i filmati  della sua fuga, scoprire i suoi contatti, vedere chi potrebbe averlo aiutato, vedere chi potrebbe dargli asilo. Magari qualche informazione in più su quel Julian potrebbe aiutare, un cognome, una famiglia, qualsiasi cosa.»  Spiegò Tony, lo sguardo che si spostava da lui a me sull'ultima frase. Feci spallucce.
«Tutto quello che so è che si chiama Julian Holm Berg, che era figlio unico e che i suoi genitori erano scienziati affiliati all'Hydra. Lo avevano ceduto alla causa durante le prime selezioni, dopo che mio padre aveva migliorato il siero su di me. Era malato, sarebbe morto senza un'intervento decisivo.» spiegai, dando voce a tutti i ricordi tornati grazie all'aiuto di Shuri. 
«È qualcosa da cui iniziare.» disse Tony, annuendo quasi fosse intento a ripassare tutto nella sua testa. «Mi servirai tu, Bruce, e un Laboratorio, genietto.» aggiunse poi, voltandosi verso Shuri; uno sghembo sorriso divertito le dipingeva le labbra. Banner annuì.
«Vieni uomo bianco, ti mostro la strada.» ribatté lei, allontanandosi dal trono. Superò Tony con andatura sicura e lui la seguì dopo aver alzato gli occhi al cielo, Bruce si unì alla parata e le alte porte si spalancarono per loro da guardie armate fino ai denti.
«Allora ci terremo aggiornati, chiunque voglia unirsi alle ronde o alle ricerche può farlo, ovviamente.» esclamò T'Challa, in un chiaro invito a congedarci. Wanda e Nat furono le prime a girare i tacchi e a varcare la soglia, Steve le seguì poco dopo; poi fu la volta di Sam, che però si fermò sulla soglia. «Buck?» chiamò.
I miei occhi si posarono su Bucky.
Se ne stava fermo a pochi metri dalla porta: le spalle dritte e tese, i pugni stretto lungo i fianchi, le gambe leggermente divaricate per reggere il peso del suo corpo; gli occhi erano fissi su T'Challa. Quest'ultimo aveva ripreso posto sul trono, le mani a stringere i braccioli, l'espressione seria e imperscrutabile.
«Bucky!» chiamò ancora Sam e lui sembrò come ridestarsi. Fece scivolare lo sguardo da T'Challa a me, che restavo immobile a fissare quello scontro silenzioso ma inevitabile, poi si voltò e uscì dalla sala.
Sam lo seguì immediatamente, le porte si richiusero.


Dovettero passare lunghi secondi interminabili prima che mi decidessi a spostare lo sguardo dalle porte a T'Challa; lui mi fissava, tutto il peso del corpo spostato sul braccio destro, il mento sorretto dalla mano.
«Ne vogliamo parlare?» domandò, mentre con la mano sinistra spazzava via invisibili granelli di polvere dai pantaloni. Sospirai.
«Non credo ce ne sia bisogno.» mormorai, affondando una mano tra i capelli un po’ spettinati.
«Davvero? Perché Shuti mi ha raccontato del tuo incontro notturno.» disse, raddrizzandosi.
Assottigliai lo sguardo, infastidita dal suo tono saccente.
«Si, e io ho saputo dei tuoi ordini.» ribattei, incrociando le braccia al petto. Lui si raddrizzò.
«L'ho fatto per proteggerti.» si oppose lui, serio in volto, mentre la mano sinistra stringeva convulsamente il bracciolo. Alzai gli occhi al cielo.
«L'hai fatto per gelosia!» quasi urlai, stringendo i pugni lungo i fianchi. «Non perché volevi proteggermi, ma per soddisfare un tuo ego personale, per esercitare un qualche potere su di lui e sentirti così appagato.» continuai, mentre la sua mascella s’induriva ad ogni mia parola.
«E mi biasimi?» domandò, scattando in piedi. «Biasimi la mia gelosia? I miei dubbi?» continuò, imperterrito. «Gli stessi dubbi che tu continui ad alimentare ad ogni occhiata? Ad ogni sguardo nascosto?» concluse, dandomi le spalle. La risposta mi morì sulle labbra. Non potevo mentirgli, né l'avrei fatto, perché non lo meritava, ma non aveva nessun diritto d’interferire, nessuna autorità, per quanto ci tenesse a me.
«No, non ti biasimo né mi giustifico.» mormorai. «Ma non puoi pretendere che i miei sentimenti svaniscano da un momento all'altro, dopo tutto quello che è successo. Non puoi pretendere che io non voglia spiegazioni, né decidere per me se vedere Bucky o meno sia la scelta giusta o sbagliata. Non è una cosa che posso controllare.» spiegai, con quanta più calma possedevo.
Le sue spalle si incurvano appena. 
«Io semplicemente non ti servo più.» mormorò lui, senza guardarmi. Sospirai. 
«Questa conversazione è finita.» ribattei io, avviandomi verso le alte porte; sentii T'Challa camminare, probabilmente per tornare al trono da cui si era lentamente allontanato.
«Ho mentito!» quasi gridò, quando sfiorai con i polpastrelli la superficie liscia. Mi paralizzai.
Lui dovette prendere il gesto come un’esortazione.
«Ross ha già dato un ultimatum.» continuò, e io rabbrividii, già conscia di ciò che stava per dire. D’altronde, c’era una sola cosa che voleva Ross.
«Quale ultimatum?» domandai, a fil di voce; non avevo neanche il coraggio di voltarmi. O la forza.
«Vuole la tua testa, e in cambio rinuncerà alle nostre.» disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Uomo furbo, ha capito che tu sei la chiave di tutta questa situazione: Vektor vuole te, prima che noi, perciò non appena lascerai il Wakanda la tua cattura come sua complice verrà diramata su tutti i notiziari d’America e non solo. Verrai bollata come criminale, di quelli che meritano la reclusione sotto metri e metri d’oceano, dov’è situata la sua prigione preferita. Inoltre, non ha più bisogno di noi per i suoi esperimenti sotto banco, una volta messe le mani sul tuo sangue. Guardati, sei una miniera di DNA d’oro.» continuò, il fruscio dei suoi vestiti in sottofondo mentre probabilmente incrociava le braccia al petto. «Ci restano quattro giorni.» concluse.
«E se rifiutiamo?» chiesi, già consapevole delle opposizioni che avrei ricevuto nel caso avessi deciso di consegnarmi. Per conoscere tutte le carte.
«Allora la vostra posizione sarà rivelata, tutti sarete collegati alla fuga di Vektor e il Wakanda, dando voi asilo, sarà considerato stato nemico.» spiegò, e io sentii le gambe non reggermi per un attimo al vero significato nascosto dietro quella semplice frase. Era assurdo.
«Perché dirmelo adesso?» chiesi, risollevando la testa, gli occhi fissi davanti a me, sulla fessura tra le porte.
In realtà credevo di conoscere la risposta, ma volevo sentirglielo dire, sentirgli pronunciare quelle parole.
«Perché tutelarti non è più compito mio.» spiegò, con voce atona. Annuii, perché in fondo aveva ragione.
Mi avevano tenuto nascosto tutto, fin dall’inizio: la mia identità, le decisioni del governo, e poi la fuga di Vektor, la scomparsa degli Avengers, e Ross con le sue ricerche.
Nessuno poteva tutelarmi. Quella era una mia decisione, ma avevo altri quattro giorni per decidere: novantasei ore.
Spalancai le porte e mi lasciai la sala alle spalle.












author's space
L'avete chiesto, ed è arrivato.
Vi chiedo, prima di tutto, di scusarmi.
Il periodo che sto passando non è dei migliori,
ma tra poco finirò di lavorare e, blocco permettendo,
tornerò a scrivere con quanta più regolarità possibile.
Spero che il capitolo non vi deludi e che, come sempre,
mi facciate sapere cosa ne pensate.
A presto,
lili❤️

Survivor. |Bucky Barnes Fanfiction.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora