Capitolo 38 • Stronza

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Da quando avevo abbandonato Flo ad Aspen, non avevo più ricevuto alcun messaggio da parte sua. Non che me lo aspettassi, d'altronde: mi ero comportato male e ne ero cosciente. Mi avrebbe salutato, al rientro? O mi avrebbe evitato del tutto?

Chissà che fine avevano fatto i vestiti che non mi ero portato dietro andando via di fretta... I pensieri mi riportarono immediatamente a Maddie.

Dov'era? Con chi era? Cosa stava facendo? Mangiava? Dormiva? Era preoccupata? Le mancavo? A me mancava da morire, lei.

Investito dai dubbi, caricai il mio unico bagaglio in auto e misi in moto diretto a Boston, cambiando direzione dopo appena cinque chilometri: la tentazione di controllare che Maddie stesse bene era troppo grande. Tornai indietro a gran velocità e superai un semaforo giallo sfiorando il rosso, con tanto di clacson altrui in protesta. Parcheggiai alla buona vicino casa sua e scesi, carico di adrenalina.

Cosa stavo facendo? Cosa speravo di trovare? Lei e Liam nudi nel letto dove avevamo fatto l'amore per anni? Il solo pensiero mi accecò di rabbia.

Improvvisamente, eccola lì.

Piccola, indifesa, con una tuta troppo larga per le sue gambe magre, le ciabatte usurate e... Oh, ma quella era una delle mie felpe delle superiori! Se l'era tenuta dopo il viaggio di ritorno dalla gita dell'ultimo anno, sul freddissimo pullman dove si era rotto il riscaldamento. Quanta tenerezza mi aveva fatto, quel giorno: le avrei donato la mia felpa, la mia maglia, anche i miei peli delle braccia, se fosse servito a darle un po' di calore in più. La amavo già e non lo sapevo. Poi me l'ero lasciata scivolare dalle mani come un idiota.

«Santo Cielo, Peter, mi farai prendere un infarto un giorno o l'altro!» si spaventò, facendomi scendere dal treno dei ricordi.

Negli occhi spenti non erano rimaste nemmeno le energie per alterarsi.

Piansi.

Per la prima volta dopo tanto tempo, mi concessi il lusso di piangere e lo feci di fronte all'unica persona a cui avevo dato accesso alla parte più intima e vera di me. Forse era per quello che le lacrime scorrevano veloci, senza intoppi. Mi tolsi gli occhiali e sfregai il dorso della mano per asciugarle.

Lei rimase lì, fredda e distante, ad osservarmi. Me lo meritavo.

«Mi manchi così tanto che non respiro» sussurrai.

Anche i suoi occhi divennero lucidi, ma era evidente lo sforzo di trattenersi.

«Peter...» mormorò, con voce rotta.

Aprii le braccia.

Una folata di vento le scompigliò i capelli mossi e non riuscii a vedere l'espressione che fece, ma ne intuii la curvatura dolente.

Un passo avanti. Due. I miei piedi andandole incontro. Stop.

Alzò gli occhi su di me, grandi e luminosi come lampadari ottocenteschi, ugualmente stupefacenti, e le ciglia scure a fare da cornice ad un quadro che non avevo visto per troppo tempo.

«Guardami negli occhi...» istruii, accarezzandole il viso con una mano «... e dimmi che mi ami anche tu. Che non hai mai smesso, anche tu».

La mia voce uscì soffice, melodiosa, lontana anni luce da me e dal mio solito piglio puntiglioso. Il timbro morbido cancellava ogni traccia di ansia e paura dai miei sentimenti esuberanti, che finalmente trovarono un veicolo dopo una così lunga reclusione.

«Io... Io non posso farcela. Te ne devi andare, amore mio» sussurrò lei, debole.

Chiusi le palpebre, assaporai la gloriosa sconfitta in quelle ultime, dolci parole. E mi ribellai con un bacio.

Coprii la distanza che ancora ci separava, irrisoria, e che non era mai stata veramente un ostacolo fra noi. Posai le mie labbra sulle sue, beandomi del loro responso familiare, dapprima tenero e poi sempre più macchiato d'urgenza e pulsione sessuale. Ci divorammo nel giro di qualche istante, come se non ci fossimo mai separati.

Avvicinai il suo corpo al mio, la sentii mia ancora una volta, divenni ebbro del suo profumo come una volta, del suo respiro, del ritmo a cui batteva il suo cuore, che era anche il mio. Lasciai correre le mani sui suoi fianchi, sui suoi glutei: non mi fermò. Fosse stato per me, avremmo fatto l'amore sul suo prato.

Non fu, tuttavia, lei a dividerci: un tossicchiare esterno, bensì, spezzò la carica erotica del momento.

«Posso sapere cosa sta succedendo?»

Liam era furioso, composto eppure al limite della sopportazione.

Maddie si voltò lentamente, di nuovo spenta in un secondo.

«Peter se ne stava andando. Non so cosa stesse facendo qui» biascicò.

Non sembrava neanche lei. Non somigliava di certo alla ragazza che aveva ricambiato il mio bacio appassionato poco prima.

«In realtà, sono qui per un motivo. Controbattei.

Il mio rivale sollevò un sopracciglio.

«Cioè? Io e Madison stiamo insieme. Cosa non ti è chiaro? Devi levarti di torno. E anche in fretta».

«Io la amo e lei ama me. Cosa non ti è chiaro? Devi sparire».

Sbuffò un sorriso cattivo.

«Non credo proprio. Sai quante ne ha dette, alle tue spalle? Ci disgusti. Specie perché strisci in casa come un serpente e fai le improvvisate. Ma non ti senti un disperato? Sei ridicolo» mi schernì.

Mi uccise il silenzio di Maddie, in tutto ciò. Mi venne voglia di andarmene e non tornare mai più... Salvo ricordarmi che lui la teneva in scacco mantenendola monetariamente.

«Tu sei ridicolo, con la tua patetica convinzione nel poterla comprare. Adesso che suo padre versa i contributi giusti con tanto di risarcimento per il ritardo, non ha bisogno di fingere che le piaci».

Liam spalancò gli occhi, faticando parecchio a mantenere l'autocontrollo.

Tuttavia, fu Maddie a pugnalarmi e lo fece in un modo che mi lasciò senza parole, senza dignità. Le bastarono poche parole soffiate al vento come dardi.

«Io non fingo, a me Liam piace».

Naturalmente, la stronza non ebbe il coraggio di guardarmi in faccia.

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Se foste nei panni di Peter come reagireste?

Raccontatemi le vostre impressioni nei commenti!

Baci ✨

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