Capitolo 34 • Nostalgia

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Elizabeth non mi era mai piaciuta, ma confessai che era un'ottima compagna di spionaggio: discreta, silenziosa e collaborativa il giusto. Sapeva il fatto suo: eludere la fragile sicurezza all'ingresso di casa Field non era complicato, ma la sua scioltezza anche in quella semplice operazione mi colpì.

«Secondo me conviene dividerci: io vado di sopra e tu dai un'occhiata qui al pianoterra» suggerii.

«No, facciamo il contrario. Perlustrare la camera della tua ex non rientra proprio nella definizione classica di "professionalità investigativa"» obiettò lei.

Odiosa, come dicevo.

«Guarda che sono perfettamente in grado di attenermi alla ricerca fine a se stessa...» controbattei debolmente.

Dal momento che non ci credevo nemmeno io, tuttavia, lasciai che facessimo a modo suo e trattenni l'istinto di spostarla per correre a rovistare fra gli effetti personali di Maddie. Che cosa speravo di trovare? I regali che le avevo fatto negli anni, le fotografie che aveva desiderato stampare, i diari delle superiori su cui avevo lasciato disegnini e dediche, gli angoli dei quaderni che le avevo pasticciato con cura, di modo che lei non avesse il tempo di rovinare la perfezione dei miei appunti, salvo poi rendermi conto che erano quegli scarabocchi il valore reale di tutte le superiori, l'unica tipologia di scritta che non avrebbe mai rimandato alla Rivoluzione Francese o alla struttura della cellula eucariota.

Speravo di trovare il mio profumo ancora incollato alle felpe e alle magliette di cui si era appropriata dal mio armadio. Speravo che nella sua vita, anche dopo me ne aveva tagliato, fosse rimasto tutto il nostro meraviglioso trascorso.

Forse, dopotutto, Elizabeth aveva fatto bene ad insistere per andare di sopra al posto mio: se avessi scoperto che Maddie aveva cercato di cancellarmi dal suo passato, difficilmente sarei riuscito a rimanere impassibile. Proprio io, che mi vendevo agli altri come colui a cui i sentimenti e le emozioni erano estranei, ero in realtà capace di risentire nel più intimo profondo di scosse generate da dettagli al limite dell'insignificante nella concezione generale di rilevanza.

Preda di pensieri che affondavano nel vortice dei ricordi, perlustrai tutto il salotto, la cucina e la camera di Charlie, non più di tanto stupito che non si trovasse in casa lui stesso. Mi domandai se qualcuno, Maddie stessa a quel punto, sapesse come si stava gestendo la vita. Trovai un sacchettino di erba in una tasca nascosta dello zaino di scuola e sperai che si trattasse di uno spinello sporadico fra amici e non di una dipendenza: quella casa versava già in condizioni pietose.

«La camera di Maddie non nasconde nulla di interessante, ma quella della madre è praticamente spoglia: abbiamo un'idea del motivo?» intervenne Elizabeth, appoggiandosi allo stipite della porta con aria riflessiva.

La sua sagoma all'ombra, illuminata dalla fioca luce dei lampioni stradali che penetrava a fatica nell'abitazione, mi ricordò la figura di Flo, longilinea allo stesso modo, con poche curve accentuate solo un minimo e la radiosa chioma bionda a completare l'immagine da aspirante modella. Benché Elizabeth fosse notoriamente algida e distaccata, qualcosa di lei mi ricordò della mia amica e mi portò col pensiero ai monti, nella baita in cui l'avevo abbandonata insieme a Jason e tutti gli altri.

Nessuno di loro capiva cos'avesse significato Maddie per me e quanto facessi fatica a lasciarla veramente andare... Come si spiegava a dei meri conoscenti una voce ipnotica e familiare che ti chiamava da lontano e faceva appello ad uno dei più rudimentali istinti di protezione che avessi?

«Peter?» richiamò la mia attenzione Elizabeth.

Scossi il capo.

«No, non so come mai sembra che nessuno frequenti questa casa più di due ore al giorno».

EnigmaticWhere stories live. Discover now