Capitolo 2 • Bugie

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Ero stato ammesso ad Harvard e, come un errante nel deserto alla comparsa di una sorgente d'acqua potabile, mi aggrappai a quell'opportunità di andarmene di casa con tutta la forza che avevo. Al pensiero di dover affrontare la questione con Maddie, parte di quelle stesse forze si volatilizzarono. Avrei preferito sostenere tutti i compiti in classe dell'ultimo anno un'altra volta piuttosto che intavolare un discorso spinoso come quello.

«Diglielo al più presto, Pete. Sarà un duro colpo da affrontare, per lei, e l'autunno è alle porte, anche se non sembra: non farle cominciare il college col morale sottoterra» mi consigliò Chloe, alla festa di compleanno di Maddie.

L'avevo presa da parte brevemente mentre Maddie faceva il giro di ringraziamenti per i regali che aveva ricevuto: tanti, scintillanti, più o meno grandi ma tutti graditissimi, poiché studiati da Chloe con abilità sconvolgente. Io non avrei saputo coordinare nulla da casa, figuriamoci dalla Florida, dove lei era stata spedita per badare a dei bambini in estate, esattamente come l'anno precedente. Trovavo già sufficientemente assurdo che fosse venuta, considerando che attraversare tutta la costa atlantica non era proprio una passeggiata, sia dal punto di vista del denaro, sia da quello della tempistica e delle energie da spendere. Non impiegai molto a capire, tuttavia, che ne valeva la pena: e non solo perché io amassi Maddie, per la quale mi sarei fatto tutti gli Stati Uniti a piedi se necessario, ma perché la tenerezza che le irradiava il volto quando realizzava che un gesto era stato fatto appositamente per lei si insidiava un po' anche nel cuore di chi quel gesto l'aveva compiuto, addolcendo e felicitandone l'animo.

«Be', non la sto lasciando, comunque» mi difesi.

«In un certo senso, è come se lo stessi preannunciando... Sai che molte relazioni a distanza non funzionano» osservò tristemente Chloe.

«Distanza... Boston e New York non sono poi così lontane. Certo, non potremo studiare insieme al pomeriggio con dieci minuti di preavviso, ma tutto è fattibile...»

Il mio stesso tono aveva cominciato a vacillare. Ero perfettamente a conoscenza, in quanto persona di estrema razionalità, che gli imprevisti e i contrattempi erano all'ordine del giorno e che, quando di tempo già ce n'era poco, non potevano portare ad altro che rabbia e nervosismo. Nulla di tutto ciò avrebbe giovato ad una relazione in cui uno dei due, colpevolmente io, già comunicava soltanto il minimo indispensabile. Spesso, nemmeno quello... Era Maddie a cavarmi di bocca le parole, il più delle volte. La sua necessità di conferme era incredibile.

«Allora... State complottando alle mie spalle o posso ringraziarvi per essere venuti e avermi fatto un regalo? Passo anche più tardi, nel caso» si intromise Maddie, con fare spiritoso.

Non ebbi bisogno di intimare a Chloe di tacere sulla reale questione trattata, né di chiederle di reggermi il gioco. Quattro anni di scuola erano stati più che sufficienti a rendere superflue determinate specifiche.

Così, presi Chloe per la vita e finsi di abbracciarla con più foga e vicinanza del dovuto.

«Oh sì, stavamo pianificando la nostra fuga d'amore! Puoi fingere di non sapere niente ancora per un po'? Non abbiamo ancora deciso se prendere l'aereo o salire in macchina alla Bonnie e Clyde».

«Alla fine, avevi ragione tu, amica mia: ha un debole per me» ammiccò Chloe con una risatina frivola.

Maddie alzò gli occhi al cielo e spinse via l'amica con affetto, quindi marciò su di me per tirarmi uno schiaffetto.

«Siete due cretini» commentò, ridendo.

«Però ci riesce bene» mi vantai.

«Credevo che fossi qui per ringraziarci, non per rimproverarci...» fece Chloe, pensierosa.

Maddie scosse il capo e l'abbracciò, per poi riempirla di baci sulle guance.

«Ma certo che vi ringrazio. Quanto sarebbe triste la mia vita senza di voi?»

Un affilatissimo dardo di sensi di colpa mi trafisse, facendomi contrarre il viso in una smorfia di dolore che faticai a celare. Pregai con tutto me stesso che Maddie si fosse distratta nel mentre.

«Tutto bene, amore?» domandò invece, preoccupata.

Evitai di guardare Chloe per non destare sospetti, certo che lei avrebbe capito e mi avrebbe aiutato. Finsi, così, un accenno di mal di testa.

Mi massaggiai le tempie con delicatezza.

«Credo di avere un po' di mal di testa, sai? Non preoccuparti, adesso vado a vedere se c'è un antidolorifico o qualcosa del genere...» mentii.

Ero un bugiardo pessimo, quando non ero convinto. Dovevo credere io stesso alle mie menzogne per poterle raccontare in maniera credibile e Maddie sapeva distinguere la differenza, ma per un qualche strano motivo non fece una piega. Mi diede l'impressione che non si fosse accorta di nulla.

Chloe mi prese sottobraccio.

«Ti accompagno io a vedere. Mads, tu goditi la festa. Torniamo in un batter d'occhio» decise, risolvendo in fretta l'inghippo.

Maddie continuò a fare il giro di ringraziamenti senza protestare, allegra e gioiosa come le si confaceva la maggior parte del tempo.

Io e Chloe, invece, ci rintanammo in cucina, tirando fuori un paio di confezioni di medicinali per dare l'illusione che avessimo cercato qualcosa.

«Diglielo entro quarantotto ore o me la ritrovo in Florida a piangere per la frustrazione dovuta all'ennesima volta in cui non parli. Mi hai sentita bene?»

Rabbrividii al taglio serio e minaccioso del sibilo della mia amica, che non aveva nulla a che fare con la superficiale complicità messa in scena poco prima. Mi stava costringendo a guardarla negli occhi e lo feci, lasciando che la sua intransigenza mi scuotesse profondamente.

Odiavo avere a che fare con i sentimenti.

Sopportavo a malapena di avere delle emozioni, figuriamoci di nutrire dei sentimenti e di doverli proteggere. Peggio ancora quando si trattava dei sentimenti della persona che amavo, dell'unica per cui avrei accettato di scalare l'Everest senza battere ciglio.

Infine, annuii. Non avevo scelta.

Chloe capì che non avrebbe ottenuto altro da me, quindi ripose le medicine al loro posto e mi riprese sottobraccio, per consegnarmi a Maddie con rinnovato entusiasmo.

«Come nuovo! Secondo me è solo ansia sociale. Ogni tanto deve prendere una boccata d'aria in solitudine, non è vero Peter?» recitò.

Odiavo anche la teatralità. Quando sapevo cosa c'era sotto, il dramma e la finzione mi irritavano, a maggior ragione se a doverli sorreggere ero proprio io. Tuttavia, dovevo molto a Chloe e mi sforzai di crederci abbastanza da poter convincere anche Maddie.

«Mi conosci» feci spallucce.

Lanciai uno sguardo inquisitorio alla folla di invitati e scossi il capo con disapprovazione, sentendomi più maturo degli anni che dichiaravo di avere sulla carta d'identità.

«Non riesco neanche a capire come fai a sopportare tanta stupidità tutta insieme. Se mi concentro su alcuni soggetti in particolare, leggasi "lustrini" e "pallone da football", mi viene più voglia di parlare con un nano da giardino. Mi ispira più intelligenza, capite?»

Maddie ridacchiò, quindi si allungò sulla punta dei piedi per posarmi un bacio sulle labbra.

«Adesso sì che ti riconosco».

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Eccoci a questo secondo capitolo, in cui comincia ad essere meglio delineato il personaggio di Peter.

Tendete ad essere scettiche sulle relazioni a distanza?

Al prossimo capitolo!

Baci ✨

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