Capitolo 33 • Impercettibile

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Avere sulla coscienza le lacrime delle ragazze non era una passeggiata.

Invece di avere la sensazione di essere il loro porto sicuro, la loro corazza, il loro punto di riferimento per qualsiasi cosa avessero bisogno, ci si sentiva semplicemente mostruosi, esseri privi di umanità sufficiente a commuoversi e trovare un modo per spegnere la sorgente di pianto.

Guidai per tutta la strada con la testa altrove, in modo meccanico eppure consapevole, e mi accorsi a malapena di quando il paesaggio cambiava attorno a me. Man mano che mi avvicinavo a New York, tuttavia, cartelli molteplici, pubblicità e vitalità sociale furono come un campanello che mi svegliò un briciolo. Sovrastate dai festoni per l'arrivo dell'anno nuovo, le decorazioni natalizie avevano ormai un'aria obsoleta, adombrata dalle luci spettacolari della festività successiva. Quando mi fermai per fare il pieno all'auto, percepii una certa elettricità nell'aria anche grazie all'entusiasmo dei bambini della famiglia che si era fermata accanto a me per lo stesso motivo.

Jason mi telefonò poco prima che parcheggiassi davanti a casa, un'oretta buona più tardi.

«Peter, ma dove cazzo sei?»

Sospirai.

«A casa. Buongiorno anche a te, amico mio».

«E si può sapere che hai fatto a Flo? Ha una faccia... Non parla neanche, a momenti».

Aggrottai la fronte, anche se non poteva vedermi.

«Cosa dovrei averle fatto? Niente. Sono semplicemente venuto a casa perché avevano bisogno di me».

A quel punto, Jason si illuminò e abbandonò ogni traccia di tono accusatorio.

«Sapevo che non era veramente finita con Maddie! Ti ha chiesto di fare Capodanno insieme?» alluse invece.

Le sue parole ferirono me con un'entità minore di quella con cui le mie avevano ferito Flo svariate ore prima, ma sortirono ugualmente un certo effetto sulla mia stabilità emotiva.

In parte, aveva ragione. Era mai veramente finita con Maddie? Quand'è che finiva una relazione? Era individuabile un confine netto descritto da una funzione matematica o si stava ancora cercando un modello rappresentativo del suo andamento irregolare?

Forse, quando entrambe le persone coinvolte smettevano di pensarsi, di collegarsi al minimo accenno di dettagli del passato, di cercarsi per le emergenze... Di sognarsi. Ma quanto tempo sarebbe stato necessario? Quanta forza di volontà?

A me, Maddie veniva in mente sempre. Non avrei mai osato cancellarla dalla mia vita, dai miei trascorsi. Troppe emozioni belle, che forse non avrei più provato insieme a nessun'altra, mi legavano a lei. Era piacevole ricreare il ricordo, la sensazione.

Quel ballo di fine anno che aveva cambiato per sempre la mia vita, coi suoi capelli ramati che mi sfioravano il viso quando piegava la testa da una parte e dall'altra a ritmo di musica, quella voce sarcastica e permalosa che interveniva in classe alle superiori, quando aggiungevo un commento studiato alla lezione del giorno, quegli innumerevoli sguardi lattiginosi, carichi di amore, aspettative, paure... Un misto di tutto, nell'attesa di crescere, nel prendersi per mano e farlo insieme. La ricerca del piacere, l'imbarazzo di averlo trovato, la soddisfazione cieca delle conquiste. E le sue labbra morbide che ancora mi tormentavano la fantasia.

Immaginai le sue dita sottili e diafane percorrere ancora su e giù il mio petto, un lato della bocca piegarsi all'insù e il frusciare delle sue ciglia che mi sollevavano la maglietta nella testa prima ancora che nel concreto... Improvvisamente, faceva molto caldo nell'abitacolo dell'auto.

«Una specie... Poi ti spiego. Adesso devo andare. Ci sentiamo, okay?»

Jason mi rispose, ma non udii veramente ciò che mi disse, pensai soltanto a riattaccare il prima possibile. Feci scivolare il telefono in tasca e parcheggiai meglio l'auto.

Scesi, zaino in spalla, e passai a salutare i miei genitori impassibili, che erano naturalmente impegnati a lavorare. Non fosse mai prendersi una pausa, nossignore.

Sorvolai e scrissi a Chloe di vederci da Buttery, il suo posto preferito per colazione e brunch, così che mi aggiornasse sulla situazione e potessi capire come essere d'aiuto. Il suo entusiasmo trapelò attraverso lo schermo con la moltitudine di faccine felici che mi inviò in risposta.

«Credo che si stia cacciando in guai seri, Pete».

«Guai seri del tipo?» domandai, preoccupato.

Chloe era sempre carina e curata nell'aspetto, mi diede l'impressione di stare bene. L'unico cambiamento che aveva apportato era il taglio di capelli: da dritto e uniforme, scalato con la frangetta che scendeva gradualmente ai lati del viso. Non mi faceva impazzire, ma non le stava neanche male. Forse era questione di abitudine: non ci vedevamo più tutti i giorni tra i banchi di scuola, purtroppo.

«Del tipo che frequenta, questo Liam. Un tipo losco. Il padre di Elizabeth era sulle sue tracce qualche anno fa, quando ancora non sapevamo della sua esistenza».

Ordinai per entrambi, assicurandomi che i pancake della mia cara amica potessero annegare nello sciroppo d'acero come piaceva a lei, quindi mi voltai nuovamente, prestandole completa attenzione.

«È che proprio ieri ci sono stati dei movimenti monetari importanti. Elizabeth sospetta che ci sia uno spaccio dietro... Cosa potrebbe provocare un transito di denaro così ingente pur rimanendo sottobanco? Se si trattasse di immobili o auto sarebbe tutto rintracciabile, a meno che non sia illegale».

Un vortice di ipotesi strampalate prese vita nella mia testa, ma decisi di tenermelo per me. Era già preoccupante così la situazione e andare alla cieca aumentava soltanto il grado di preoccupazione che nutrivamo entrambi nei confronti di Maddie.

«A te non ha confidato niente? Sei l'amica più stretta che ha» indagai.

Lei scosse il capo.

«È un po' che non parliamo tanto come una volta. Si è distaccata gradualmente, non ho neanche ben capito come».

«Ti capisco» sbuffai un sorriso amaro. «Come, dici? Come sa fare solo lei le cose: in punta di piedi. Non te ne accorgi nemmeno. Entra, si ritaglia il suo angolino, si mette comoda e lentamente si sposta al centro del tuo mondo. Un giorno ti svegli ed è lì, il fulcro dei tuoi pensieri, collegata a qualsiasi altra cosa come una rete. Ed esattamente nello stesso modo, con una discrezione che fa paura, può decidere di retrocedere e tornare nel suo angolino. Da lì ad eclissarsi è un attimo e non te ne accorgeresti mai. Solo, quando se ne va fa un male... Non saprei descrivertelo».

Chloe manda giù l'ultimo boccone del suo secondo pancake.

«È come sedersi su una sedia comodissima e poi percepire che qualcuno ha tolto il cuscino e improvvisamente sei molto scomodo, seduto sul rigido. È quel livello di fastidio. E tu pensi "ma sì, sono comunque seduta, che differenza vuoi che faccia" e invece se lì che ci pensi e non riesci a smettere, ti rovina la giornata. Ti perseguita».

Non mi piacque particolarmente il paragone con un cuscino per sedie, ma colsi l'antifona.

«Dove trascorrerà Capodanno?» domandai, di punto in bianco.

«Che cos'hai in mente?» fece Chloe, sospettosa.

Ragionai che, se c'era un momento perfetto per rovistare fra le cose di qualcuno, quello era una serata che avrebbe passato interamente fuori casa, lontano per ore e ore dai suoi effetti personali.

«Tu chiedi dove sarà questa sera. E chiama Elizabeth: avremo bisogno di lei».

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Quando rientra Chloe in scena, automaticamente emerge una situazione losca 😂 chi ha letto Dramatic lo sa 🙈

Al prossimo capitolo per saperne di più!

Baci ✨

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