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È proprio in serate come queste che maledico me stessa per il fatto di non portare la macchina. Il vento fresco di ottobre mi fa avere dei leggeri brividi costringendomi ad abbracciarmi da sola facendo su è giù con le mani sulle mie esili braccia coperte da un cappottino lungo, questo tempo è incredibile, un giorno fa caldo un giorno si sta bene e il giorno dopo si gela, ma com'è possibile? Nemmeno il tempo ci sta più con la testa a quanto pare ed è lunatico, proprio come me direi. Sicuramente però, la colpa è solo la mia se sono qui a piedi e non in un auto al caldo con l'aria condizionata a manetta, visto che ho quella fottuta paura di guidare. A volte mi sento come una miracolata al pensiero di essere riuscita a prendere la patente, non so nemmeno io come abbia fatto a superare l'esame pratico. Ricordo le mani che sudavano davanti l'ispettore che per fortuna non se ne rendeva conto, era troppo preso a guardare la strada avanti a noi in quel suo modo serio e i suoi occhialini sulla punta del naso. Fin da subito ho avuto tanta paura di guidare, si può dire che sono poche le volte che ci ho provato e con il passare dei mesi ho scoperto che la mia situazione non era una cosa isolata, su internet infatti questa paura di guidare la chiamano amaxofobia, e ovviamente io tra miliardi di persone c'è l'ho, o almeno la mia testa crede di averla.
Non so cosa mi succede, le mani sudano incontrollabili e uno stato d'ansia si impossessa di me in un modo inspiegabile. È anche vero però che sono stata viziata sempre, con passaggi da amici che senza nemmeno chiederglielo si offrivano di passarmi a prendere e anche riportarmi a casa a ogni occasione, in più con Oscar avevo un passaggio assicurato per andare ovunque volessi visto che a lui piace molto guidare, al contrario mio. Sono fortunata nella sfortuna insomma, ne sono consapevole. Solo che adesso, andando a piedi verso il locale, mi pento di tutto. Mi pento di non averci provato abbastanza, di aver mollato dopo poche volte soltanto, quindi devo sicuramente sistemare questa cosa al più presto, io sono più forte di qualunque fobia.
All'improvviso mentre penso a quanto sia ben illuminata e ben curata questa strada che porta al locale rispetto a molte altre della città, il suono di un clacson mi fa sobbalzare, e il rumore di un motore vicino mi fa capire che è proprio diretto a me. Appena mi volto guardo l'ennesimo motivo per cui mi dovrò far passare la paura di guidare: i casi umani, come Fabio.
Con il finestrino del passeggero abbassato mi lancia un sorrisetto mentre l'auto va praticamente a passo d'uomo, ed è impossibile non trovarlo bello e psicopatico allo stesso tempo, che fa mi segue? Non mi meraviglia, mi spaventa ma non mi meraviglia affatto visto che l'ho sorpreso a seguirmi più volte. «Vuoi un passaggio?» Chiede mentre lo guardo stando attenta a non battere contro il lampione della luce, ne sarei assolutamente capace. «Sono quasi arrivata, ma grazie» con l'arroganza non si arriva da nessuna parte con lui, anzi lo fa intestardire ancora di più, quindi la miglior arma è la gentilezza. «Stai andando a lavoro?» Domanda mentre io guardo avanti a me rompendo il contatto visivo con lui «Esatto» come se non lo sapesse di già, quella sera a casa mia non si è perso una sola parola di quello che raccontavo e lo ritrovavo sempre a guardarmi, a volte fin troppo con occhi insistenti.
Le poche volte che ultimamente mi sono ritrovata a parlare con lui, mi sono resa conto che quando stavamo insieme non era così. Non mi trasmette più la dolcezza e l'affetto di quel periodo, e a volte mi sono chiesta se sono io che oramai sono andata oltre e non sento più quelle sensazioni o se lui non è mai stato davvero così e ho immaginato tutto io come mi capita spesso di fare, anche con Luca.
«Allora ci vediamo» dice lui dopo un po' di silenzio lasciandomi sola, e senza nemmeno accorgermene mi ritrovo davanti al Keep Calm con il saluto stentato con un cenno del capo dell'altro bodyguard, che ammetto non mi sta proprio a genio, sarà la simpatia esagerata che provo nei confronti di Buddy a metterlo in ombra o semplicemente il suo carattere tirato, qualunque cosa sia, penso sia meglio ritornare ai turni di lavoro quando c'è Buddy, mi piace lavorare con persone che mi trasmettono una bella sensazione anche se lui alla fine poverino, sta sempre sulla porta d'entrata sia che piove sia che fa caldo, ma è il suo lavoro e mai si è lamentato fin ora.

Il locale non è ancora molto affollato questa sera e perciò spesso mi trovo a fare nulla o a scambiare due chiacchiere con Paul, che al mio contrario, non sta mai fermo nemmeno per un secondo trovando anche la cosa più piccola da fare come pulire il bancone da gocce di bevande versate accidentalmente durante la preparazione di cocktail, o dai ragazzi stessi.
«Cos'è hai visto un fantasma?» Chiede Paul toccandomi la spalla scuotendomi leggermente «Più o meno» rispondo lentamente guardando l'entrata del locale, ma che ci fa qui? Non pensavo che il suo "ci vediamo" fosse un "a tra qualche ora" giuro che mi infastidisce il suo comportamento «Rieccomi» dice avvicinandosi al bancone con il suo solito sorriso, mentre si siede mi osserva, immagino per guardare la mia reazione, che ammetto in questo momento è stupore e rabbia «Cosa ci fai qui?» Domando a denti stretti «Cosa posso mai fare in un pub?» Chiede cercando o credendo, di essere ironico
«Sai cosa intendo» ribatto subito leggermente infastidita «il fatto che abbiamo scambiato qualche parola non ti dà la confidenza di venire qui, dove lavoro» preferisco mettere le cose in chiaro, ora.
«Ehi calma, bevo qualcosa e vado via, ero curioso solo di vedere il tuo luogo di lavoro» alza le mani in segno di difesa e io lo guardo cercando di capire cos'ha in quella zucca vuota.
Non sopporterei la sua presenza per un lungo tempo, credo che la mia educazione gli abbia fatto venire strane idee, però ora sono a lavoro e da buona dipendente la quale sono prendo la sua ordinazione senza rispondergli più.
Nel mentre verso un martini nel bicchiere vedo arrivare Jack e Giulio che con le sopracciglia aggrottate guarda me, poi Fabio, e ancora me.
«Amico» dice Fabio dando una pacca sul braccio di Giulio che ora lo guarda male per l'appellativo datogli «sempre serio sei» lo continua a punzecchiare
«Ti sta rompendo le palle?» Domanda guardandomi ma io scrollo le spalle perché non so cosa dirgli, alla fine non sta facendo nulla di male a parte irritarmi con la sua presenza. «Tra poco va via, vero?» Lo guardo per metterlo in difficoltà «Vero, si» dice lui con un sorriso, ma che cavolo ride sempre? Cazzo ridi. «Mi prepari un Manhattan per piacere Bea?» Chiede poi Giulio con il suo solito modo gentile e annuisco «Uno anche per me Bea» aggiunge Jack «Come mai da soli?» Indago curiosa dopo avergli passato i cocktail «Tra poco arrivano Claudio e Luca» risponde Giulio e io non sono pronta a vederlo, visto che già il solo nome, mi provoca una cosa allo stomaco.
Il mio cuore accelera proprio quando lo vedo, merda! Perché mi fa questo effetto sto ragazzo? Non faccio in tempo a metabolizzare la sua presenza che subito lo vedo cambiare espressione mentre si passa una mano tra i capelli, tipico di lui quando è incavolato e nervoso «Che vuole?» Chiede a Giulio senza nemmeno salutare riferendosi a Fabio che beve ormai quasi da mezz'ora come se il suo martini fosse infinito, che odio.
«Beve quella merdata da troppo tempo» risponde lui come se mi avesse letta nel pensiero
«Io sono qui, vi sento» dice Fabio sventolando una mano in modo ridicolo
«Infatti, sei qui, questo è il problema» sputa acido Luca
«Lascialo perdere» gli consiglia Jack facendogli segno di sedersi accanto a lui e così fa, poi si volta finalmente verso di me guardandomi negli occhi come a voler captare qualcosa da essi ma Claudio interrompe quel momento chiedendomi di preparare il suo nuovo amatissimo e preferito cocktail alla pera, un miscuglio di liquori con l'aggiunta di succo alla pera che a quanto pare gli piace moltissimo, è grato a Dylan per avermelo insegnato, lo ha addirittura ringraziato più volte.
«Io vado piccola» Dice ad un tratto Fabio facendomi voltare di scatto
«Vaffanculo visto che ci sei» ribatto senza pensarci fulminandolo con gli occhi.
Quando stavamo insieme mi chiamava sempre così, che coraggio ha? Mi fa schifo, davvero pensa che per due paroline scambiate oltretutto senza piacere da parte mia, io possa dimenticare tutto? Non ci posso credere.
Quante lacrime versate, troppe! E ora pensa che sia tutto passato? Che coglione. «Puoi venire con me» continua lui malizioso mentre si alza, ma non lo rispondo perché mi sento troppo fastidiosa in questo momento e potrei dire qualcosa di non adatto al luogo in cui ci troviamo, e magari mettermi anche nei guai per aver trattato male un cliente «Te ne vai o no?» Chiede una voce alle sue spalle, una voce che mi riscalda il cuore, una voce che altre volte lo ha minacciato di prenderlo a pugni «Ora» risponde lui con insufficienza «Sei venuto alla fine» mi rivolgo ad Alessandro che si siede al posto di Fabio mentre saluta con una mano i ragazzi «Devo ricordarti che mi hai obbligato Bea?» È vero, in queste sere non stava uscendo per niente, è l'unico modo era obbligarlo, e il suo tono di voce ironico mi fa bene al cuore. Ho troppo bisogno di vederlo felice e in questi giorni non lo è stato per niente, sempre sulle sue e nervoso. Immagino che il nascondere la sua sessualità lo metta davvero in difficoltà giorno per giorno, posso solo immaginare cosa si provi a nascondersi per paura di essere giudicati da degli emeriti deficienti che non sanno il significato del vero amore. E lui non ha più le forze per nascondersi e indossare una maschera ogni santo giorno, non me lo ha detto, ma lo so. Anche Oscar, mio fratello, ha avuto un periodo così. Senza una mano pronta a sorreggerti difficilmente ne esci, e io questo voglio essere per lui, una mano, una spalla o qualunque cosa di cui abbia bisogno.
Fin da subito mi ero accorta di avere un legame con lui e chissà, magari riuscirò ad aiutarlo, ci metterò tutta me stessa questo è sicuro.

«Avevo bisogno di un passaggio» scrollo le spalle per far sembrare ovvia la cosa, che in realtà non è vero. Appena sono arrivata al locale presa dal momento ho inventato quella scusa ma sarei tornata benissimo anche a piedi come sempre. «Ti potevo riportare io» sbotta Luca e lo guardo, affascinata dai suoi occhi color nocciola che mi scrutano con quello che credo sia... Fastidio? Nella sua felpa nera con i capelli leggermente scompigliati ma sempre perfetti. «Non c'è n'era bisogno, Alessandro ha tempo da perdere»
«Ah sì davvero?» Risponde Alessandro ironico e io lo fulmino con gli occhi, sa tutto quello che c'è da sapere su me e Luca visto che l'ho aggiornato subito e ora mi sta solamente mettendo in difficoltà, stronzetto.
«E poi tu hai un appuntamento con Zoe» aggiunge Giulio facendo voltare Luca dalla sua parte come se non lo avrebbe dovuto dire mentre io...Beh io fingo indifferenza per quelle parole che mio malgrado, mi irritano.
«Non è un appuntamento» ribatte lui voltandosi verso di me, che subito evito il suo sguardo guardando altrove
«Qualunque cosa sia, ci penso io a riaccompagnarla» per fortuna Alessandro si intromette salvandomi
«Certo ci sei tu» mormora lui infastidito continuando a guardare male me «ci vediamo» batte il bicchiere sul bancone e si alza. L'ultima cosa che vedo di lui sono le sue spalle voltate e poi il rumore della porta che sbatte nonostante la leggera musica di sottofondo.
Ma dico io, tra poco si vede con un'altra e fa ste scenate per me?

Vaffanculo anche tu Luca.

Ricomincio Da Qui Where stories live. Discover now