Capitolo 21

520 17 3
                                    

POV'S LUCIA

Era l'ultima serata lì, a Bora Bora, su quella barca. Il giorno dopo avremmo intrapreso il viaggio per il ritorno. Ero seduta sulla sabbia, vicino al bagnasciuga, a meditare. Una volta tornati, tutto sarebbe cambiato. In meglio o in peggio, non importava, l'importante era che sarei stata con lui. Non stavo più nella pelle ma, allo stesso tempo, avevo paura. Mi veniva da ridere al sol pensiero. Io, Lucia Esposito, donna fredda e calcolatrice, che si preoccupava per un uomo. A mia discolpa, lui, però, non era un uomo qualunque. La bufera avrebbe generato un gran caos, un caos che io e i miei fratelli avremmo saputo gestire. Da anni pianificavamo lei, la bufera, per riprenderci il posto che ci spettava e per saggiare il dolce e afrodisiaco sapore della vendetta. Tutto a suo tempo, pensai, facendo un tiro dalla sigaretta a metà che avevo tra l'indice e il medio, guardando la luna che rifletteva sul mare. All'improvviso sentii una vibrazione. Era il mio telefono, lo presi e, dopo essermi accertata da chi provenisse la chiamata, risposi. 

<<Mio signore.>>dissi semplicemente.

<<Sorella, non c'è bisogno di tutti questi convenevoli.>>mi rassicurò, Riccardo.

<<Perché mi hai chiamato? Non che mi dispiaccia, sia chiaro, ma concorderai con me sul fatto che sarebbe più probabile vedere gli orsi polari in Arabia Saudita che ricevere una tua telefonata.>>gli risposi, ironica, prendendo un altro tiro dalla sigaretta. 

Sentii, dall'altro capo del dispositivo, una risata profonda<<Non ti ricordavo così simpatica. Il russo ti sta sciogliendo come un cubetto di ghiaccio al sole o è l'acqua di Bora Bora, in realtà, ad essere santificata procurandoti, di conseguenza, un certo effetto, piccolo demonio?>>

Quella volta fui io a ridere<<A quanto pare l'ironia è una dote di famiglia.>>

<<Tornando a noi, ti ho chiamato per informarmi di come stessi. Domani partirete per tornare qui e sai che il tuo ritorno e il suo arrivo daranno inizio alla bufera.>>mi spiegò con lieve preoccupazione, palpabile dalla voce. 

<<Sto bene. Aspetto questo momento da tutta la vita.>>gli dissi sicura.

<<Questo, però, non vuol dire che tu sia pronta.>>disse evasivo.

<<Che vuoi dire? Sputa il rospo, ti conosco troppo bene, fratello, e so che non mi stai dicendo tutto.>>gli dissi di rimando io, finendo la sigaretta.

<<Sei pronta?-mi chiese-Se vuoi tirarti indietro, posso capire.>>

<<Smettila con queste supposizioni idiote. Io sono nata per questo. Ho giurato di proteggerlo a costo della vita. Lui viene prima di tutto.>>gli risposi con convinzione. 

<<Era questo quello che volevo sentire.>>

<<E tu?>>gli chiesi io, questa volta, con un sorrisino, consapevole del fatto che non potesse vedermi.

<<E io, cosa?>>mi chiese di rimando. 

<<Sei pronto? Se vuoi tirarti indietro, posso capire.>>

<<Buonanotte, sorella. Ti aspetto.>>mi rispose ridacchiando e chiudendo la chiamata. Conoscendolo, ero sicura che stesse scuotendo la testa, con un sorrisino sul volto. Mi mancava, dovevo ammetterlo. Mi alzai, mi spolverai con le mani gli shorts, mi girai e guardai verso la barca. Potei scorgere Vladimir, sulla barca, a guardarmi con uno strano cipiglio in volto che non prometteva nulla di buono. Mi incamminai verso l'imbarcazione e, una volta salita, cercai di sgattaiolare in camera mia per non imbattermi in presenze spiacevoli. Inutile dire che il mio piano fallì poiché il russo era molto più veloce di me. 

<<Con chi stavi parlando al telefono?>>mi chiese diretto, senza giri di parole. Avrei anche apprezzato questa cosa se non fosse per il fatto che non doveva assolutamente scoprire il nostro piano. 

<<Non sono affari tuoi.>>gli risposi con fredda tranquillità. Mi voltai e cercai nuovamente di andarmene. Anche questa mia azione fu bloccata sul nascere visto che mi prese per un braccio e mi voltò, nuovamente, nella sua direzione. 

<<Non te lo ripeterò. Con chi stavi parlando?>>mi richiese scandendo bene le parole. I suoi bellissimi occhi di ghiaccio si erano scuriti, era un cattivo segno. 

<<Nessuno che ti interessi.>>risposi con lo stesso tono usato precedentemente. 

<<Io ti ordino di dirmelo.>>disse con voce perentoria. Sembrava arrabbiato e non ne capivo il motivo. 

<<Tu ordini a me?-gli chiesi retoricamente, ridendo senza gusto-Chi ti credi di essere?>> In quel momento, dopo la mia risata, scattò. Con un gesto fulmineo, mi mise una mano sul collo, premendo il giusto per mantenermi ferma ma non abbastanza per strangolarmi, e mi sbatté con la schiena al muro più vicino. 

<<Io sono il tuo promesso sposo e ti ordino di dirmi con chi stavi parlando al telefono e cosa vi siete detti.>>mi ordinò cupo, non solo con la voce ma anche in volto. Avrebbe fatto paura a chiunque, peccato che io non fossi chiunque. 

<<Certo, vuoi per caso anche cornetto e cappuccino visto che ci siamo?>>ribattei con la consapevolezza di star rischiando grosso. 

<<Rispondi.>>continuò, alzando la voce, sempre più serio. 

<<Al cioccolato o alla crema?>>gli chiesi. Di scatto tirò un pugno fortissimo al muro, proprio vicino alla mia testa. Credo che, in quel momento e anche in quelli a seguire, smisi di respirare e con tutte le mie forze tentai di non far cadere la mia maschera di algida impertinenza. 

<<Rispondi, dannazione!-urlò-Dimmelo!>> Stava respirando pesantemente, segno che stava per esplodere. Dovevo darmela a gambe se volevo uscirne viva. Quell'uomo mi faceva paura. Non credevo che una persona potesse spaventarmi a tali livelli. Stavo sudando freddo.

<<Che sta succedendo qui?>>chiese ad entrambi una voce a me familiare. In quel momento amai più che mai mio fratello Matteo. Mi voltai verso la sua parte guardandolo negli occhi come a chiedergli aiuto. Lui recepì il messaggio. Si avvicinò a Vladimir e lo scostò da me in modo rude. 

Mi prese il volto tra le mani e, puntando il suo sguardo nel mio, mi chiese<<Ti ha fatto qualcosa? Stai bene?>>mentre mi ispezionava il viso in cerca di graffi o alto. Io annuii semplicemente, puntando a mio volta lo sguardo alla persona alle sue spalle che compiva la mia stessa identica azione. Matteo, seguendo la traiettoria del mio sguardo, si voltò.

<<Non osare mai più toccare in quel modo mia sorella. Mio fratello verrà informato di questo episodio spiacevole. Torna nella tua camera, gentilmente.>>disse fulminandolo con lo sguardo. Vladimir non disse niente e, dopo avermi lanciato un'ultima occhiata, se ne andò. 

Prima ancora che Matteo aprisse bocca, gli chiesi un po' scossa<<Andiamo in camera?>>. Lui annuì e ci incamminammo insieme, io stretta a lui. Stavo ancora tremando. 

Caldo come il ghiaccio, freddo come il fuocoWhere stories live. Discover now