Capitolo 2

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Salii le scale e mi incamminai verso camera mia, in silenzio e con la mente svuotata. Che emozioni doveva provare una persona dopo essere stata, praticamente, venduta? C'era un gran silenzio e si sentiva solo il rumore dei miei passi. Girovagai per quell'immenso labirinto e mi addentrai nella mia ala privata della villa. Mi fermai davanti a quella che era la porta della mia camera, entrai, mi tolsi poco aggraziatamente dai piedi le mie Louboutin, sfilai la giacca e la buttai per terra. La camicetta bianca e i pantaloni, nel giro di pochi secondi, fecero la stessa fine. Mi incamminai immediatamente verso il mio bagno privato, aprii l'anta del box doccia, entrai dentro e aprii l'acqua. Era ghiacciata ma a me non mi importava, avevo il bisogno di lavare via tutti i miei pensieri. Non mi importava nemmeno del trucco sciolto malamente sul mio viso o del mascara colato che stava iniziando ad irritarmi gli occhi. Non mi importava del fatto che forse sono sembrata una debole per essere scappata via da Riccardo come se, scappando da lui, potessi scappare anche dalla mia costrizione. Non mi importava del fatto che tra tre mesi mi sarei sposata con uno sconosciuto, russo, che non amavo, che forse mi avrebbe picchiata e che forse mi avrebbe anche stuprata se non avessi esaudito il mio compito, il desiderio di ogni uomo della nostra società. Lui, una volta sposati, se non fossi andata a letto con lui mi avrebbe potuto anche stuprare perché era questo il mio impegno verso di lui, verso la società. Il mio impegno era dare vita a un erede. Se mi fossi opposta, lui avrebbe potuto prendermi con la forza e né io né i miei fratelli avremmo potuto dire qualcosa poiché giustificato sia dalla Mafia che dalla Drakta. Mi salì in gola una risata amara. Sarebbe stata quindi questa la mia fine? Venduta come la puttana dei russi per dare potere ad altri uomini. Il sogno di ogni donna ventenne. Già, avevo 20 anni e per la mia società ero fin troppo vecchia per sposarmi. Tutte le mie cugine erano sposate. Per esempio, Luisa, di 23 anni che si è sposata a 16 anni oppure Carla, di 18 anni che si era sposata addirittura a 14. Tutte così giovani e innocenti vendute a uomini di 10 o 20 anni più grandi di loro. Mi stropicciai il viso con entrambe le mani e appoggiai la schiena e la testa alle piastrelle della doccia. Mi sentivo distrutta e violata ma non potevo controbattere. Il patto era già stato stretto. Ero fottuta. Dovevo rassegnarmi all'idea di dover essere per il resto dei miei giorni la bambolina giocattolo di un uomo probabilmente, quasi sicuramente, violento. Noi siamo donne e non abbiamo diritto di parola, diritto di scelta, ma quando le cose si fanno dure gli uomini vengono a chiederci aiuto e consiglio strisciando. Mi voltai di scatto e dalla frustrazione tirai un pugno al muro. Per fortuna, non abbastanza forte da ferirmi ma abbastanza da avere la mano indolenzita. Chiusi l'acqua, presi l'accappatoio lì vicino, me lo misi e uscii dalla doccia. Mi fermai davanti allo specchio, appoggiai le mani sul marmo del lavandino e guardai il mio riflesso. Avevo tutto il trucco colato e gli occhi cerchiati di nero. Mi guardai negli occhi e dissi a me stessa ad alta voce<<Non importa chi sia l'uomo che sposerò, io non mi piegherò. Potrà ferire il mio corpo ma non potrà mai scalfire la mia anima. Non entrerà mai nel mio cuore e non conoscerà mai veramente la mia persona. Guarderà solo la superficie. Soprattutto, non dovrà mai diventare importante per me, io ho già l'uomo che amo incondizionatamente e lui non sarà degno nemmeno di essere paragonato a lui. Non mi spezzerai, chiunque tu sia.>>. e con questo uscii dal bagno. Mi misi l'intimo e una camicia da notte di seta, impostai la sveglia, mi misi a letto e, esausta a causa della giornata sconvolgente, mi addormentai.

Caldo come il ghiaccio, freddo come il fuocoWhere stories live. Discover now