Capitolo 16

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POV'S VLADIMIR

La guardai andare via in completa confusione. Che cosa era successo? Non avevo detto nulla di sbagliato e non le avevo fatto nessun torto eppure si era comportata in modo così freddo. Di sicuro avevo notato la sua stanchezza, era distrutta e non ne ero sorpreso. Aveva passato tutta la giornata a lavorare chiusa in camera, era come se volesse evitare non solo me ma anche la mia famiglia. Che non si fidasse? Questo era ovvio e non potevo biasimarla, eravamo degli sconosciuti per lei in fondo, però questo non giustificava il suo comportamento. Non la seguii e non andai a trovarla più tardi. Cenai in tranquillità e rimasi a fissare la luna che rischiarava il mare. La guardavo come se potesse darmi delle risposte o anche solo degli indizi. Quando tornarono gli altri, a notte fonda, andarono subito in camera troppo stanchi dalla baldoria fatta. L'unica che non si incamminò subito nella sua stanza fu Lara che, invece, mi si avvicinò.

<<E' uscita?>>mi chiese con tono pensieroso e premuroso. Non ci fu bisogno di specificare a chi si riferisse.

<<Si ma, appena si è accorta che non era sola, si è barricata di nuovo in camera.>>risposi come se non me ne importasse.

<<Capisco>>sospirò e se ne andò pensierosa. A quanto pare non ero l'unico a non capirti, angelo.


POV'S LUCIA

Cenai in camera e, fortunatamente, nessuno mi venne a disturbare. Passai il mio tempo a pensare a quello che sarebbe successo una volta tornati a casa ma, stanca a causa della pesante giornata di lavoro, mi addormentai. Mi addormentai così profondamente che non mi accorsi nemmeno del rientro degli altri. Mi svegliai all'alba e notando che, purtroppo, il sonno non ritornava, decisi di fare un bagno al mare. Aprii l'armadio che si trovava nella stanza e che riusciva a contenere a stento tutto ciò che mi ero portata e ne estrassi un costume. Quest'ultimo era un bikini color carne, con del pizzo bianco, sia sulla parte inferiore che superiore, e con delle paillettes. Lo indossai e, silenziosamente, andai sulla parte superiore dello yatch che era fornita di scaletta. Mi guardai intorno per imprimermi nella mente l'immagine meravigliosa che mi si presentava davanti. Chiusi per un attimo gli occhi beandomi dei fiochi e primi raggi del sole che baciavano delicatamente la mia pelle. Mi posizionai, presi la rincorsa e mi tuffai elegantemente. Riemersi dopo aver fatto parecchi metri, leggermente lontana dall'imbarcazione. Rilassai i muscoli nuotando un po'. La mia pace, però, venne distrutta in malo modo poiché, a quanto pareva, non ero l'unica ad aver avuto quell'idea. In tutto il suo splendore, Vladimir si ergeva sulla barca, a petto nudo, mettendo il bella mostra gli addominali e i petteroli scolpiti, con solo il costume a pantaloncino bianco. Prese anche lui la rincorsa e si tuffò finemente in stile olimpionico. Mentre compiva quest'azione potei ammirare, seppur da lontano, tutti i suoi muscoli guizzare però,notai anche una cosa di cui non mi accorsi mai e che scaturì in me una forte curiosità. Riemerse a un metro di distanza da me. L'acqua aveva bagnato i suoi capelli rendendoli scomposti e quando ci passò una mano per tirarseli indietro lo invidiai enormemente poiché dovetti resistere all'impulso di passarci io stessa le mani. Ci guardammo negli occhi. Lo guardai in quelle due meraviglie che, con il sole che albeggiava, sembravano ancora più spettacolari del solito. Avevo sempre pensato, sin dal primo momento, che il mio futuro marito fosse un uomo di bell'aspetto ma, in quel momento, mi sembrava davvero bellissimo tanto che, senza nemmeno accorgermene, iniziai ad avvicinarmi a lui completamente persa. Vladimir fece lo stesso, stregato e rapito da quel momento quanto me. Ci ritrovammo a pochi centimetri di distanza.

<<Che sta succedendo?>>gli chiesi stupidamente.

<<Non lo so.>>rispose con voce leggermente arrochita.

<<Che mi stai facendo?>>gli chiesi ancora.

<<Potrei farti la stessa domanda.>>rispose sinceramente.

<<Mi dispiace per ieri.>>gli dissi.

<<Perché mi allontani? Di cosa hai paura?>>mi chiese questa volta lui.

<<Ti allontano perché è la cosa giusta. Tu non tieni veramente a me. Non mi ami. Non mi conosci.>>risposi mestamente.

<<Come potrei conoscerti se non vuoi farti capire?>>chiese retoricamente.

<<Ma io non voglio farmi capire. Ho tanti segreti oscuri e questo lo sai. Io e te ci sposeremo, vero, ma condurremo vite separate. Non dovrai avere niente a che fare con me. Sarai mio marito solo a livello legale ma non nel resto.>>dissi duramente.

<<Su questo siamo d'accordo. Non credere che voglia avere qualche tipologia di rapporto con te. Voglio solo conoscere i tuoi segreti per capire il tuo punto debole. Non mi interessi.>>disse lui con lo stesso tono.

<<Sai ho fatto delle ricerche su di te Vladimir. So che sei un assassino ma non ho trovato nient'altro. E' ironica la cosa visto che dal vivo assomigli a un coniglietto.>>lo provocai stranamente offesa da quelle parole.

<<Non uccido mai senza motivo ma se vuoi con te posso fare un'eccezione.>>mi sorrise divertito portando una mano al mio collo ma senza stringere.

<<Oh, ne sarei davvero onorata.>>risposi sorridendo e portando anch'io una mano sul suo collo senza stringere.

<<Rinfodera gli artigli, gattina.>>mi disse provocandomi.

<<Ma non ero il tuo angioletto.>>ribattei mettendo su un finto broncio.

<<Oh, ma certo che lo sei.>>mi sussurrò avvicinandosi al mio orecchio e strusciando la punta del naso contro collo. Quell'azione mi provocò dei brividi e lui, accortosi dell'effetto che scaturiva in me, sorrise contro il mio collo.

<<Smettila.>>dissi con voce ferma.

<<Perché dovrei? Piace a te tanto quanto piace a me.>>mi disse a sua volta lui. Mi irrigidii di colpo e lui se ne accorse.

<<Calmati angelo, non ti farei mai del male senza motivo.>>mi sussurrò ancora strusciando nuovamente la punta del naso contro collo.

<<Mi chiami angelo perché anche tu sei un angelo caduto, vero?>>dissi poggiandogli una mano sulla schiena dove ci trovai una cicatrice, non grande quanto le mie, ma discretamente grande.

<<Si>>rispose, di colpo serio, scostandosi da me. Il suo umore cambiò repentinamente. L'attimo prima era ironico e malizioso e l'attimo dopo serio e glaciale. Avevo toccato un tasto dolente? Non avendo motivo per restare ancora, nuotai verso lo yatch, salii la scaletta e, gocciolante, tornai in camera. Mi resi conto che il sole, seppur fiocamente, era sorto. Una volta in doccia, iniziai a tartassarmi di domande mentre l'acqua mi scorreva sul corpo togliendo la salsedine. Che io e lui fossimo più simili di quanto pensassi?

Caldo come il ghiaccio, freddo come il fuocoWhere stories live. Discover now