Capitolo 5

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Camila pov

Posso farcela.

Mi mossi in avanti verso la cella di LJ27, passo dopo passo il mio cuore batteva all'impazzata. Ancora non sapevo se mi potevo fidare di lei, avevo paura che impazzisse come quella mattina che ero entrata nella sua cella per dargli la sua dose.

Forse potevo fidarmi di lei, le ultime volte che ero stata lì dentro non mi era successo nulla di male, anzi, ero rimasta particolarmente sorpresa di come si fosse comportata con me.

Non capivo il motivo del perché con me si comportava bene, senza ostacolarmi in alcun modo, io riuscivo a iniettarle da dose. Mentre con i miei altri colleghi, lei sempre si opponeva ai loro metodi, gli ringhiava contro e non riuscivano a darle la dose, a quel punto toccava usare il collare elettrico. Solo con quello riuscivano a contrastarla.

Ero a un passo da lei, il cuore mi batteva e le mani mi tremavano, non riuscivo a prendere la chiave correttamente per inserirla nella serratura.

Non fare la fifona! mi ammonì mentalmente.

Feci un respiro profondo per calmare l'ansia che mi stava consumando in quel momento, strinsi i pugni con la chiave dentro la mia mano e finalmente feci scattare la serratura e aprì la cella.

Fino ad ora avevo tenuto sempre lo sguardo basso e quando lo alzai i miei occhi marroni incontrarono i suoi di un verde più intenso delle altre volte che ero stata lì. Ingoiai rimanendo ipnotizzata da quei occhi, erano così belli, non avevo mai visto a nessuno quel colore. Erano sicuramente gli occhi più belli che avevo visto in vita mia.

Scossi la testa e levai quei pensieri, ero solo entrata per il suo trattamento serale e non per dare pareri ai suoi occhi.

Feci altri passi in avanti al punto che lei indietreggiò, era come se lei aveva paura di me e quando entravo lì dentro indietreggiava. Sicuramente aveva paura del trattamento e quindi questo le faceva avere paura.

La vidi sedersi per terra e per poi guardarmi, io rimasi in mobile ad aspettare che facesse qualcosa. Avevo paura che se avessi fatto qualche movimento di troppo mi avrebbe preso per il collo come era successo la prima volta.

Erano passate ormai più di due settimane da quell'incidente, ma ancora avevo dei lividi sia al collo che alla schiena. Per i lividi del collo avevo optato una sciarpa per tutti i giorni che dovevo andare al laboratorio, infatti, nessuno si era accorto di niente.

''Tu..paura di me?'' dice una voce che fino ad ora non avevo mai sentito, era la sua. Aveva una voce molto roca ma quella frase suonava triste.

La guardai con gli occhi aperti, non potevo crederci che aveva parlato. Da quando ero qui non l'avevo mai sentita parlare, pensavo che il motivo fosse che era muta. Adesso sentirla parlare aveva scatenato una sensazione dentro di me che non riuscivo a spiegare e non riuscivo a comprendere cosa fosse.

La guardai negli occhi e decisi di avvicinarmi un minimo, volevo rispondere alla sua domanda ma le parole mi morivano in gola.

''I-Io.. no, non ho paura di te'' cercai di essere il più convincente possibile ma non ci credevo nemmeno io a quello che dicevo. Alla mia risposta mi guardò e fece un sorriso triste.

''Si invece'' dice quasi sussurrando per non farsi sentire, ma potetti sentirlo bene quello che aveva detto. A quella risposta decisi di avvicinarmi a lei, quando fui ad un passo decisi di sedermi anche io per terra, volevo che avesse fiducia in me e anche se mi spaventavo all'inizio, sapevo che in un certo modo io potessi fidarmi di lei. Aveva avuto diverse occasioni per farmi del male, quindi se non lo aveva fatto prima.. perché doveva farlo ora?

Quando lei notò che mi ero messa seduta davanti a lei, alzò lo sguardo verso di me e fece un mezzo sorriso triste. Era un mezzo sorriso ma a quella vista il mio cuore perse un battito.

''Vedi? Non ho paura'' dico facendo un sorriso timido, lei a quel sorriso abbassa la testa e con una mano si grattò la nuca come se fosse tutto d'un tratto diventata nervosa. ''Io dovrei iniettarti questo'' dico successivamente indicandogli la siringa nella mia mano sinistra.

''Quello fare male'' dice spaventata avvolgendo con le sue braccia le proprie gambe, io sospirai, non sapevo cosa fare a quel punto. Sembrava distrutta e non volevo che fossi io la causa del suo malessere. Era già orribile pensare che viveva non da quanto in questa cella, trattata come una una bestia e con disprezzo.

Però pensandoci io dovevo farlo, non potevo oppormi agli ordini di Lake, mi sarei beccata una pallottola nella testa.

''Devo farlo'' dico sospirando e lei scosse la testa forte.

Non potevo disobbedire agli ordini di Lake, così presi coraggio e decisi che ci avrei provato a iniettarle il liquido. Mi mossi in avanti e con la mano che avevo libera la feci passare dietro il collo, dopo applicai un po' di forza per girarlo per avere una visuale migliore. Neanche il tempo di avvicinare la siringa che lei fece la sua mossa.

In una mossa fulminea si girò e mi prese per il collo per poi attaccarmi al muro, aprì gli occhi che fino a un attimo prima erano chiusi per il violento impatto che presi. Adesso i suoi occhi erano rossi, ebbi un deja vu con quello che adesso era successo per la seconda volta. Me lo meritavo, lei non voleva e io la stavo costringendo.

Le spuntarono i canini e mi ringhiò contro, non sapevo che fare a quel punto se non mugolare dal dolore per i vecchi lividi e i nuovi che mi ero procurata. Dopo un po' di tempo che ero stata tenuta contro il muro, notai che passando il tempo si stava calmando e fissava con insistenza il mio collo, solo dopo un paio di minuti mi accorsi che lo stava guardando perché il foulard che avevo messo per coprire i lividi era caduto a terra. Forse era caduto per il forte impatto ma fatto sta che lei non distoglieva lo sguardo da quei lividi.

Lasciò la presa dal mio collo e abbassò lo sguardo allontanandosi da me, io mi ricomposi e decisi di non fare nulla.

''Fai puntura'' dice avvicinandosi e posizionando il collo così che potessi iniettare il siero. Prima non mi mossi ma poi quando incontrò il mio sguardo annuì per darmi il consenso. Dopo feci come aveva detto e dopo averle iniettato il siero cadde a terra.

Io avendo paura che quando si sarebbe svegliata avrebbe potuto di nuovo farmi del male, decisi che era il momento di andare. Uscì dalla cella chiudendola a chiave e dopo andai verso l'uscita. Prima di chiudere la porta alle mie spalle sentì dei mugolii di dolore venire da lei, mi girai della sua direzione sospirando e alla fine chiusi la porta che ci divise.





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Vorrei sapere cosa ne pensate di questa storia per ora! Anche un commento negativo mi aiuterebbe a migliorarla.

Grazie!

-Blackgirl

Experiment on me ||CAMREN||Where stories live. Discover now