La forgiatrice di lame Ⅰ

By Adriano_Marra

2.9K 436 221

Si prospettava essere una primavera come le altre per Keiko e i suoi amici, abitanti di un placido villaggio... More

Prologo
1. Sgattaiolando all'alba
2. Spedizione di classe!
3. Prima notte nella foresta
4. Ostaggio in una grotta
5. Ragazza in braccio, zaino in spalla
6. Gli arcani d'una fuggiasca
7. Intimità infranta
8. Appesi a un filo
9. Mani calde - parte 1
10. Mani calde - parte 2
11. Sgattaiolando al tramonto
12. L'amica di Larou
13. Pesce di biblioteca
14. Sgattaiolando di notte
15. Davanti al ruscello
16. Lupacchiotti irritabili
17. Una notte tormentata
18. Vicini alla meta
19. L'accampamento di Hako
20. Assassini e latitanti
21. Un'avventuriera sfuggente
22. Tecniche di evasione
23. In taverna
24. Hako poco sobria
25. Notte al calduccio
26. Le mutande della discordia
27. Indagini in fucina
28. Un bibliotecario atipico
29. Analisi ipogee
30. Visitatori alquanto irruenti
31. L'assedio di Irake mashi - Sciabolate fra i vicoli
32. L'assedio di Irake mashi - Messi alle strette
33. L'assedio di Irake mashi - Il generale Toratta
34. Mano nel tufo
36. Teso scotte e cazzo cime
37. Confessioni al largo
38. Scisma di cabina
39. Ansia astrale
40. Scialuppa abusiva
Anticipazioni

35. Quotidianità postuma

42 10 4
By Adriano_Marra

Per gli istanti che trascorremmo in caduta libera, Hako e io urlammo terrorizzati, stringendo fortissimamente Saioki.

Entrambi eravamo sicuri che, una volta toccata la base della valle, ci saremmo sfracellati miseramente al suolo, diventando un altrettanto misero pasticcio di carne.

Alla conclusione di quegli interminabili attimi, tuttavia, non vi fu un patetico spiattellamento, bensì un rallentamento. Entro gli ultimi cubiti che separavano i nostri piedi dal terriccio erboso, la nostra caduta sembrò magicamente decelerare morbidamente e, quando Saioki posò dolcemente i piedi sul prato a valle, le uniche cose a essere morte furono le nostre corde vocali.

Coi piedi nuovamente ancorati a terra, Saioki continuò a correre a disumana velocità verso sud, diretta al mio villaggio, mentre noi altri, coi capelli sferzati dall'aria, rimanemmo a occhi spalancati a tremare per la paura fino all'arrivo, senza avere la forza di dire alcunché.

Alcuni stadii in corsa più in là

Saioki attraversò a velocità sconcertante tutta la valle, il tratto di spiaggia verso sud e la penisola del mio villaggio.

Arrivammo a destinazione all'incirca in un terzo d'ora, ma dalla nostra percezione, che fummo trasportati per tutto il tragitto in spalla, e reduci d'esserci gettati da una falesia di quattro buone centinaia di cubiti, quel tempo sembrò infinito.

Saioki abbandonò i nostri corpi tramortiti e privi di vita manifesta su una panchina della piazzetta della scuola. Alla fine, ebbe pure il coraggio di salutarci energicamente, con voce innocente e serena:

– Ciao ragazzi, io vado! Cercate di non cacciarvi nei guai eccessivamente.

Entrambi avemmo poco più della capacità di fissarla in modo vitreo ed emettere un sibilo di morente conferma.

– Va bene, vi lascio riposare... ci si vede! – ma un istante prima di partire tornò a parlare, – Ah, vero, stavo quasi per dimenticare... tenete la vostra mappa! Ciao ciao!

Lanciando sulle mie ginocchia la pergamena del maestro Kiun, voltò definitivamente le spalle e tornò di corsa verso Irake mashi, lasciando i nostri cadaveri decomporsi sotto l'arido sole pomeridiano.

Fu una fortuna che ciò avvenne nella fase della giornata in cui le vie del villaggio erano quasi completamente vuote, limitando il numero di passanti che potessero vedere quella giovane donna dalle fattezze di una ragazzina correre a velocità folle con due persone sulle spalle.

Giacevamo seduti l'uno a fianco all'altro, con membra demolite e capo poggiato sullo schienale della panchina, rivolto verso l'alto, guardando nel vuoto del tersissimo cielo.

Ci vollero diversi minuti prima che uno di noi due riuscisse a riacquistare la capacità di esprimersi a parole.

– Cosa è successo? – chiese retoricamente Hako, moribonda.

– Ci siamo buttati dal promontorio... – dissi io.

– Ci siamo gettati da una falesia... – ripeté Hako, identicamente, ma in termini diversi.

– Come non siamo morti?

– Vorrei saperlo anch'io.

– Forse dovremmo lasciar fare a loro... – aggiunsi, riferendomi alla risoluzione generale di tutto il conflitto del villaggio di Hako.

– Non se ne parla, – si espresse a fatica, con mente e corpo profondamente disfatti, ma avendo ancora un barlume di volontà.

Contemplammo per diversi altri minuti il vuoto del cielo, iniziando a riprenderci molto lentamente.

– Che ora è? – chiese lei.

– Non lo so, – risposi, troppo stanco per calcolare lucidamente l'orario guardando le ombre, – dovrebbe essere pomeriggio.

– Fin lì ci arrivavo anch'io, – disse in tono piatto.

– Siamo alla piazzetta della scuola.

– Eh beh?

– Dovrebbe esserci un orologio solare sulle pareti.

– Quindi?

– È dall'altro lato, dovrei girarmi per guardare.

– Allora ne faremo a meno, – non disse ciò ironicamente, bensì condividendo con me la medesima sensazione di paralisi completa.

Dopo l'ennesimo intervallo di silenzio, riaprii bocca.

– Sono le sedici.

– Cosa? Perché? – rispose Hako, non spiegandosi come potessi aver avuto in quel momento un'informazione così precisa.

– La gente sta uscendo da scuola, la giornata scolastica termina alle sedici.

Le comunicai ciò nella più piena stasi e nel totale sfinimento iniziando a vedere alcuni studenti che, provenienti dalle nostre spalle, uscivano da scuola per riversarsi nelle vie cittadine, tornando alle proprie rispettive case.

– A quanto pare tutti quanti ci vedranno sulla panchina collassati, eh? – constatò Hako.

– Che schifo, – mi lamentai, vacuamente.

– All'incirca quante persone ti conoscono a scuola?

– Quelli della mia classe e pochi in più.

– Vedi il lato positivo allora, saranno solo una trentina di persone a esserti fonte di vergogna.

– Non aiuti affatto sai...

Parlavamo entrambi con lo sguardo rivolto in alto e timbro perso, come se l'unica emozione che potessimo provare fosse la stanchezza; per quanto la stanchezza possa considerarsi un'emozione.

Fra le tante persone che ci apparivano dinanzi, di cui alcune si soffermarono a fissarci, una persona in particolare si arrestò davanti alla panchina.

– Keiko?

A parlare fu una voce femminile non troppo familiare, ma che ebbi ormai modo di poter ben distinguere.

– Eh... Jaka? – risposi io, muovendo appena gli occhi nella sua direzione.

– Che, che è successo? – chiese con volto lisciamente dubbioso, lasciando che la tracolla che portava in spalla iniziasse a scenderle lentamente sul lato del braccio.

– Stiamo solo qui ad abbronzarci, non è ovvio? – disse Hako con sarcasmo.

– Ehm... Keiko, è una tua amica lei? – mi chiese Jaka.

– Eh... – confermai a versi.

In quel momento Jaka fu raggiunta da Larou e Tailia che, altrettanto uscenti da scuola, di conseguenza, condivisero la visione di me e Hako moribondi sulla panchina.

– Keiko!? – Tailia urlò dallo stupore.

– Ciao amico! – disse Larou, interrompendo il suo fischiettio spensierato e mantenendo anch'egli una parvenza di confusione, – ti si vede sempre meno a scuola eh?

Tailia si posizionò davanti a me e Hako, per poi chiedere spiegazioni.

– Ma dov'eri finito? Sei fuggito di nuovo con lei?! – si riferì acidamente ad Hako, – Ma siete ridotti malissimo, dove siete stati?

Al tono tanto criticante quanto premuroso di Tailia fu Hako a rispondere, ma rivolgendosi a me.

– Keiko, in questo momento sono inabile solo al venticinque percento, appena scendo sotto il dieci ti giuro che la affogo nel sottovaso del vaso di casa tua in cui dormo.

Decisi che fosse il momento di riprendermi con sforzo e mettere una fine alla nostra inerzia da panchina. Mi diedi una spinta di busto in avanti e sospirai, poi parlai a tutti.

– Allora, per favore. Abbiamo passato... cose, pandemonii e cataclismi varii. Abbiamo rischiato di schiattare un numero di volte maggiore delle dita di una mano e, vi prego...

Implorai a tutti calma e comprensione, immaginando il modo in cui potessero starci vedendo in quel momento, per giunta in complessiva somma a tutte le vicende dell'ultima settimana.

Riflettendoci, c'era il rischio che iniziassero a pensare che stessi ammattendo da quando ebbi incontrato Hako, e che potessero iniziare a concepire che stessimo meditando chissà quali obliquità, sempre più spesso marinanti la scuola e in fuga dal villaggio.

A sciogliere la tensione, come di consueto, fu Larou, che sembrò l'unico ad aver ben inteso la complessità della vicenda.

– Va bene, ho capito... preferisci raccontarci tutto a casa tua o in luogo più appartato?

Sospirai lungamente, tentando di riconnettermi alla vita terrena.

– Forse, forse è meglio un luogo più appartato, – dichiarai.

– Quanto appartato?

– Livello massimo.

– Ottimo, era proprio quel che volevo sentire, – concluse Larou, – Beh, signori... – si rivolse a tutti, – dovrete aiutarmi a prendere alcuni oggetti da casa mia.

– Che intenzioni hai, Larou? – chiese Tailia, mentre lui già si allontanava da noi, per dirigersi alla propria casa, esortandoci implicitamente a seguirlo.

– Beh, abbiamo bisogno del luogo più isolato possibile, no?

– Quindi? – lo incalzò Tailia.

– Passeremo la serata tutti insieme, un po' per far riposare Keiko e un po' per obbligarlo a dirci tutto! – disse in tono amichevole ma assertivo, prendendo le redini del gruppo e decidendo per tutti, – Quindi portatevi un panino e delle lanterne, questa sera la passeremo sulla mia nave!

Alzatici dalla panchina

Prima che Hako e io potessimo incamminarci in direzione del porto, dove ci saremmo ricongiunti con gli altri alla nave di Larou, avevo una questione inderogabile da risolvere. In tutto quel tempo di assenza dovevo aver destato non pochi dubbi nei miei amici, ma non dimenticai nemmeno di dover tenere in conto Kokua. Allora fu cocente il fatto di fornire un'adeguata spiegazione al mio tutore, tale che giustificasse la mia singolare sparizione di quei giorni.

Non tornammo subito a casa, un po' per prendere respiro, ma anche per darmi del tempo per capire come formulare la storia, cercando di non rivelare tutte le reali peripezie in cui ci imbattemmo.

Nel frattempo, Jaka e Tailia seguirono Larou per aiutarlo nei preparativi per quella sera galleggiante, probabilmente procurandosi cibo, giochi e chissà quali altri oggetti funzionali ai piani ricreativi di Larou.

Dopo alcune ore, tornammo davvero a casa, e giunse il momento di assumermi le mie responsabilità.

Hako mi attese su una delle sedute sulle pareti esterne di casa, vicina alla porta d'ingresso, ma riuscii a non farla attendere troppo siccome il dialogo si rivelò molto più semplice del previsto.

Terminato il colloquio con Kokua, uscii di casa.

Col tramonto prossimo all'arrivo e il cielo già decisamente aranciato, Hako issò il dialogo mentre andavamo verso il molo:

– Quindi? Si è arrabbiato?

– Kokua intendi?

– Sì.

– No, l'unica cosa che gli importava era che fossi vivo e vegeto.

– Davvero non si è posto alcun problema nel vederti assente per giorni?

– Mi ha un po' redarguito circa la possibilità che stessi iniziando a trascurare un po' la scuola, ma su quello l'ho rassicurato... o comunque, detto fra noi, sappiamo entrambi di avere per le mani qualcosa di molto più prioritario rispetto alla scuola.

– Dette da te queste parole suonano strane, sai?

– Eh, va be', sarà che mi stai lentamente corrompendo, – tirai una risatina ironica.

– Ma che tipo di rapporto hai con tuo padre?

– Chi?

– Dico, Kokua... mi sembra che lui abbia davvero un rapporto molto distaccato con te, o che tu abbia un grado di indipendenza incredibile.

– Kokua non è mio padre, – risposi.

– Ah no? E allora... – iniziò a cadere nel dubbio.

– Lui è il mio tutore, non ho genitori.

– Ma allora, scusami... quindi sei orfano? Com'è che questo discorso non è mai saltato fuori?

– Non lo so, non credo. Certe cose non le ho mai capite, però Kokua è il mio tutore da quando sono piccolo, sono con lui da tempo immemore.

– Ma come vi siete conosciuti?

– Ah, non ricordo, mi ha preso sotto la sua ala da appena nato. I tutori vengono assegnati a livello amministrativo dal villaggio.

– Aspetta, vuoi dirmi che da appena nato ti hanno assegnato a lui... d'ufficio? – recava segni di lieve incredulità o per lo meno di confusione.

– Diciamo di sì.

– Certo che il vostro villaggio è proprio strano.

– Sai bene che il tuo non è da meno.

– Sarà, ma io almeno dei genitori li ho, o meglio, li avevo... – si rabbuiò in viso, ma, seppur con probabile sforzo psicologico, tornò ben presto a un'espressione distesa.

Fu Hako stessa a cambiare argomento:

– Piuttosto, hai presente quando, mentre i soldati si stavano ritirando dal villaggio, hai tentato di fermarmi per impedirmi di tornare da loro?

– Sì?

– La mia spada è stata spinta improvvisamente per terra subito prima che svenissi.

– Ah ecco, ora ricordo... non saprei cosa dirti; so solo che in quel momento avrei voluto fermarti.

– È la seconda volta che fai utilizzo inconsapevole dei tuoi poteri, te ne sei reso conto, vero?

Annuii e sospirai, già intendendo che stessimo andando verso l'esortarmi a imparare a usare i poteri.

– Sì, Hako, so che dovrei imparare; devo solo trovare il giusto tempo... e il tuo aiuto.

– Vorrà dire che in questi giorni inizierò a pensare a modi per insegnarti a usare la tua energia.

– Quali tipi di modi? – chiesi, ormai allascando la discussione.

– Probabilmente ti farò sollevare pietre grosse, – scherzò.

– Ah, fantastico... – il dialogo si sciolse in una vaga indeterminatezza.

Arrivammo all'ingresso del porto.

A quel punto avremmo solo dovuto trovare la nave attraccata di Larou, prevedendo che lui, Tailia e Jaka fossero già ad aspettarci in prossimità di questa.

Cambiammo oggetto di discussione, ma quella volta fui io ad aprire il discorso.

– Sai, Larou di solito invita sulla sua nave solo gli amici o la gente di cui si fida molto, – dissi.

– Come dovrei prendere questo gesto?

– Per loro sei poco più di una totale estranea, perciò credo che Larou si stia sforzando di cogliere ogni occasione possibile per integrarti meglio.

– Pff... – sbuffò mostrandosi fredda, – peraltro, devo ancora capire cosa dovremmo fare una volta lì, sinceramente.

– Mi sa che dovremo raccontare un bel po' di cose.

– Sai che non voglio coinvolgere troppo anche loro.

– Hai ragione, però ho paura che la gente inizi a mal pensare di noi due. Se ci fai caso, nell'ultima settimana abbiamo passato più tempo nel bosco che a scuola.

– Vuoi davvero raccontargli tutto?

– Non tutto, però almeno l'indispensabile per captare la loro benevolenza; non vorrei che pensassero che io stia uscendo dai gangheri, e che tu sia la causa di questo.

– Vedo che ti fai tanti problemi sulla visione che gli altri hanno di te, – mi lanciò un'occhiatina dalle dubbie intenzioni.

– Semplicemente vorrei non passare per ammattito.

– E va bene, ma sii discreto. Fino a qualche giorno fa avrei scacciato violentemente ogni possibilità di confessare anche la più piccola cosa. Mi stai contagiando col tuo modo di fare... – rise ironicamente.

– Mah guarda, credo che lo stesso valga anche per me. Difficilmente, senza di te, mi sarei trovato ad affrontare a parole un generale di un esercito nel mezzo di un assedio.

– Modestamente, ti sto insegnando l'arte della grinta! – esclamò lei con vitalità, alzando un braccio e gonfiandone il tondeggiante muscolo per accompagnare le sue parole.

– Se la metti così, allora io ti starei infondendo la virtù della ponderazione?

– Non saprei fino a che punto definirti ponderato, dopo l'assedio e quel tuo piano assurdo.

– Però ha funzionato.

– Hai ragione, non posso rimproverarti di nulla stavolta, ma non montarti la testa... carnemolle –. Concluse con la classica formula canzonatoria, come per trattenersi dal darmi ulteriore soddisfazione per la riuscita del piano.

Proseguendo su uno dei pontili del porto, fummo improvvisamente richiamati dalle voci degli altri in lontananza. In fondo alla diramazione lignea del pontile, Larou e le due ragazze si sbracciarono energicamente per attirare la nostra attenzione e indurci a svoltare a sinistra.

– Keiko, Hako! Per di qua! – esclamò Larou.

– Arriviamo! – risposi, reputando definitivamente conclusa quell'estemporanea chiacchierata da tramonto fra me e Hako.

|||

Ti piace la storia?

Entra nel nostro gruppo Telegram qui: https://t.me/ikhi_gruppo

Il canale YouTube: https://www.youtube.com/c/StudioIkhi

Continue Reading

You'll Also Like

2.6K 127 27
"sei la prima ragazza di cui io mi sia innamorato" "da quando hai memoria vero?" "da sempre pive"
3.4M 145K 54
"L'amavo non per il suo modo di ballare con i miei angeli, ma per come il suono del suo nome poteva mettere a tacere i miei demoni." -Christopher Po...
IGNI By Vals

Mystery / Thriller

626K 28.7K 55
[In riscrittura] Qual è il vostro posto nel mondo? Cassie non ne ha uno. Viene costantemente sballottata da un Paese all'altro da quando, all'età di...
398K 15.1K 20
La normalità della vita di Seline verrà presto sconvolta e si troverà rinchiusa in uno stanzino tra le grinfie di un uomo mascherato che si fa chiama...