28. Un bibliotecario atipico

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Immediatamente dopo aver salutato Ruggine, ci incamminammo nella direzione da lei indicataci e, nuovamente soli com'eravamo, dialogai con Hako con maggiore calma:

– Certo che hai rischiato grosso col fabbro.

– Bah... – si limitò a fare un breve versetto e sbuffare.

– Perché sei così acida? – chiesi.

– Semplicemente mi sembra un buco nell'acqua che aumenterebbe senza motivo il numero di persone a conoscenza del filamento. Un fabbro che ci manda da un bibliotecario? – chiese a me e a sé stessa, – Cosa vuoi che possa fare un bibliotecario con un pezzo di ferro? Cosa dovrebbe capirne?

– Va be', suvvia... se ce l'hanno consigliato loro stessi, ne saprà sicuramente qualcosa.

– Un bibliotecario più esperto di metalli di un forgiatore? Sarebbe assurdo... – rispose lei.

– Uffi, siamo sulla strada, e poi non avremmo altro da tentare, quindi cosa ci costa?

Quell'effimera discussione si concluse con un sospiro di Hako, che però non sembrava affatto soddisfatta. Ebbi la sensazione che dietro quel suo sbuffo vi fosse una più profonda volontà di rispondermi ancora, che però decise di trattenere.

Continuando a passeggiare, arrivammo alla piazza del municipio, che appariva come un grande spazio agorale pullulante di genti. Lo sfondo urbano si componeva di alti edifici su tre livelli, con alcuni che ne possedevano persino un quarto, costruiti con la chiara pietra tipica del luogo. Le facciate mostravano tutte le proprie partiture architettoniche tramite gli intagli nella pietra, che suggerivano la presenza talvolta di pilastri, colonne e lesene, talaltra di basamenti, architravi e cornici. Anche il corpo murario non era lasciato al caso, mostrando tutti i giunti fra un blocco e l'altro, palesando sulla superficie ogni singola assisa di cui si componeva.

La vegetazione non era dissimile da quella del nostro villaggio, tuttavia, in quell'ambiente secco e afoso, gli stessi alberi di roroenka che a Dasami contribuivano alla definizione di un'immagine umida e marina, qui esaltavano gli aridi colori della sabbia.

Stendardi dai caldissimi colori con sopra lo stemma del villaggio pendevano dai lati dei maggiori portali di accesso agli edifici pubblici, rimarcandone la funzione.

Nonostante la maggiore monumentalità del villaggio di Irake rispetto al mio, non ebbi una sensazione di piccolezza o spaesamento, bensì mi sentii parte viva e partecipe di quella cittadina così energica e sgargiante. Per un attimo mi sentii irakense anch'io insieme agli altri, e ancora una volta mi chiesi se Hako stesse provando sensazioni simili alle mie.

Diverse erano le fontane in cui la gente poteva rinfrescarsi, peraltro in prossimità della vegetazione posta lì artificialmente. Fra questi, vidi alcuni uomini sospendere il trasporto di un carro per sciacquarsi il viso e il petto, mentre più d'un bambino si tuffava insistentemente nell'acqua delle vasche, rincorso dai disperatissimi tutori che speravano di raggiungerlo prima che l'irreparabile fosse commesso.

Sul lato sinistro della piazza, corrispondente al settentrionale, imboccammo una via talmente ricolma di botteghe su entrambi i lati che ci illudemmo di essere in una strada semi-coperta.

Attraversare quel mercato affollatissimo non fu impresa facile, per cui dovemmo intraprendere percorsi molto tortuosi per aggirare tutti coloro che erano lì per acquistare la propria merce quotidiana: cibo, spezie, abiti, attrezzatura da disegno e molto altro, insomma... un assortimento dall'incredibile varietà di beni.

Le strade riapparvero immediatamente più tranquille quando riuscimmo a terminare quella lunga e curva via mercatile.

Procedemmo un altro po' e iniziammo a cercare la piazza secondaria di cui ci parlò Ruggine, in cui doveva esservi la biblioteca, ma alla fine del percorso ci si palesò dinanzi un grande parco ricco di vegetazione che si estendeva a perdita d'occhio.

La forgiatrice di lame ⅠDove le storie prendono vita. Scoprilo ora