5. Ragazza in braccio, zaino in spalla

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Constatata l'ingrata condizione della ragazza, cercai di montarla sulle spalle, ma avendo anche lo zaino risultava veramente impossibile sostenerne il peso. Probabilmente Larou ce l'avrebbe fatta, ma anche lei poté verificare personalmente quanto fossi di carne molle.

Con sforzo provai a deambulare per qualche cubito, ma mi resi presto conto che l'avrei danneggiata ulteriormente, con le sollecitazioni continue di ogni mio passo che le avrebbero aggravato sempre più la ferita.

Optai per un cambio di strategia. Mi era impossibile trascinarla in braccio fino al villaggio in tali condizioni, e abbandonare il peso dello zaino era necessario, perciò decisi di svuotarlo e lasciarvi solo una manciata di oggetti all'interno, al fine di poterlo caricare in spalla senza problemi.

Quanto a lei, non potevo lasciare quella lacerazione completamente esposta, ed era di primaria importanza stringerle il grosso taglio al lato del torace.

Fu alla luce pomeridiana di quel momento che riuscii a guardarla in pieno volto, seppur in un contesto spiacevole e priva di sensi.

Aveva un viso grazioso, pelle chiara e lunghi capelli neri. Questi mutavano di colore tanto più ci si avvicinava alle punte, screziate d'un celeste quasi brillante, con alcune fra le vivide ciocche che arrivavano molto più vicine alla cute rispetto alle compagne, generando l'immagine di una moltitudine di fasci azzurrognoli che le solcavano i capelli. Erano caratteristiche che, in un certo qual modo, la rendevano esotica, ma non potei mirarne le iridi per ovvii motivi, laddove esaminare il corpo una ragazza svenuta non era un'opzione valutabile.

Indossava una maglietta biancastra eufemisticamente sporca e degli scuri quanto pietosi pantaloncini dalle estremità completamente logore.

Mi venne in mente di strappare parte dei miei abiti per ricavarne qualche fasciatura, ma anche io avevo dei pantaloncini molto corti e...

– Perché non ho più la maglietta? – farfugliai intontito.

"Grandioso," pensai, "sono a petto nudo con una ragazza svenuta che dovrò portare a zonzo per mezzo villaggio".

Sarebbe stato un rientro molto imbarazzante e, pertanto, sarei dovuto passare per le vie più nascoste possibili.

Tornando alla ferita, non avrei potuto usare gli stessi suoi indumenti per fasciarla, in quanto l'avrei sicuramente destinata a qualche brutta infezione, e non c'erano corsi d'acqua nelle vicinanze per poterli sciacquare.

Per fortuna trovai un piccolo telo fra le cianfrusaglie dello zaino, che quindi scelsi di usare per lo scopo.

Era una situazione alquanto imbarazzante, ma la fretta e l'ansia che non potesse più uscire da quello svenimento sovrascrivevano, demolendole, tutte le barriere mentali.

Le sfilai la maglietta intrisa di sangue, che quasi dovetti rimuovere in pezzi per come mi si disgregava facilmente fra le mani, così scoprii la terribile fenditura sul torace. Questa era profonda diversi digiti, tanto tragica dall'esser prossima a mostrare il bianco osseo delle costole. L'immagine mi fu di enorme impatto visivo, non riuscendo nemmeno a mantenere lo sguardo fisso sulla ferita. Per il singolo attimo in cui la vidi con piena attenzione, provai immediatamente un pesantissimo disgusto, ma se avessi continuato a guardarla avrei finito certamente per rovesciare il contenuto del mio stomaco sul prato.

Feci un respiro e convogliai tutta la mia concentrazione sull'operazione.

Una volta levata la maglietta mi aspettavo di fare lo stesso per la fascia sul seno, ma avendo già potuto guardarle le carni danneggiate dal taglio, fu evidente che non ne portasse alcuna.

Fu inaspettato, ma mi facilitò un po'.

Ripiegai con attenzione il nuovo tessuto e mi accinsi a fasciarle il busto al livello del petto, stringendo torace e seno, quest'ultimo di dimensioni non trascurabili seppur acerbo, ma non tali da causare impedimento al mio tentativo di medicarla.

La forgiatrice di lame ⅠDove le storie prendono vita. Scoprilo ora