17. Una notte tormentata

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Insieme ad Hako, anche io caddi all'indietro per controspinta mista a impreparazione.

Quella rapida ombra non era che uno di quei feroci cuccioli di numa di prima, che ci intercettò e ci raggiunse. Tentò di azzannare Hako alle spalle, ma io, per fortuita prontezza, riuscii a scostarla e farle schivare l'addentata, ma quell'animale ce l'aveva ancora con lei.

La scena durò pochissimo. Se avessi sbattuto le palpebre in quell'istante probabilmente mi sarei perso metà dell'accaduto.

Il cucciolo, dopo averla mancata con quel suo alto balzo, riatterrò sul suolo con una lunga frenata, artigliando il terriccio.

L'animale non si diede pace né tregua. Appena riuscì a riottenere aderenza si rilanciò famelicamente su Hako, provando a riazzannarla. Questo le si riavventò addosso, ma Hako agguantò celermente un coltello da una tasca del proprio zaino e lo sferrò senza tentennamenti dritto sull'animale, che non ebbe neanche il tempo di raggiungerla col proprio salto, arrestato a metà traiettoria dal contrattacco della ragazza.

In quel momento le dinamiche rallentarono lievemente, passando da avere una velocità umanamente non percepibile a una percepibile con fatica, consentendomi di iniziare a elaborare l'accaduto.

Il cucciolo fu mortalmente trafitto, ma ancora si muoveva verso Hako che, avendo potuto guadagnare un po' di tempo, non ci pensò due volte prima di prendere un secondo coltello dallo zaino. Con questo mise completamente fine alla vita del già moribondo numa, lanciandoglielo dritto al cranio.

Immaginai che quella completa assenza di pietà fosse dovuta a un misto di carica adrenalinica e di paura che quel primo colpo non bastasse per poterci dire fuori pericolo.

Dopo la seconda coltellata, Hako si risciolse a terra, accasciando la testa sulle radici di un albero retrostante per riprendere lucidità, mentre il cucciolo diede segno dell'ultimo fiato lasciando appassire la propria folta coda pateticamente al suolo.

Il mio respiro era pregno d'ansia, pur essendo stato uno spettatore abbastanza passivo. Hako aveva appena sfiorato l'irreparabile, ma il risultato finale lo presi come un grande colpo di fortuna. In fondo, a meno di un graffietto collaterale sulla spalla, entrambi ne uscimmo illesi grazie a lei e al suo istinto da omicida.

– Come hai fatto? – dissi ad Hako, ansimante e incredulo.

Lei parlò senza rispondermi direttamente.

– Hai avuto dei bei riflessi, carne molle, – sospirò.

Non sapevo che dire, e soprattutto non mi aspettavo che potesse rispondermi in un modo simile.

– Hai, lo hai ucciso... – constatai banalmente, ancora scosso.

– E quindi?

– Sì, ma... il modo, cioè... non ti sei neanche macchiata di sangue, l'hai ucciso in volo, – probabilmente, con le mie parole, sembravo star rimpiangendo il fatto che non fosse stata sbranata, ma in realtà volevo solo comunicare la mia incredulità del fatto che tutto era accaduto con straordinaria velocità e semplicità.

L'animale le si avventò contro, lei gli lanciò un coltello, l'animale morì, fine. Fu l'apparente banalità meccanicistica con la quale si susseguirono quelle azioni a lasciarmi esterrefatto.

– Non volevo sporcarmi la maglietta di sangue. Dopo tutto è tua, no? – andava ancora riprendendo fiato, – e poi cerco il più possibile di colpire a distanza.

– Lo dici come fosse semplice, – emisi un sorrisetto ironico.

– Forse... però se non mi avessi spinto per terra non me la sarei passata così bene. Grazie.

La forgiatrice di lame ⅠDove le storie prendono vita. Scoprilo ora