35. Quotidianità postuma

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Per gli istanti che trascorremmo in caduta libera, Hako e io urlammo terrorizzati, stringendo fortissimamente Saioki.

Entrambi eravamo sicuri che, una volta toccata la base della valle, ci saremmo sfracellati miseramente al suolo, diventando un altrettanto misero pasticcio di carne.

Alla conclusione di quegli interminabili attimi, tuttavia, non vi fu un patetico spiattellamento, bensì un rallentamento. Entro gli ultimi cubiti che separavano i nostri piedi dal terriccio erboso, la nostra caduta sembrò magicamente decelerare morbidamente e, quando Saioki posò dolcemente i piedi sul prato a valle, le uniche cose a essere morte furono le nostre corde vocali.

Coi piedi nuovamente ancorati a terra, Saioki continuò a correre a disumana velocità verso sud, diretta al mio villaggio, mentre noi altri, coi capelli sferzati dall'aria, rimanemmo a occhi spalancati a tremare per la paura fino all'arrivo, senza avere la forza di dire alcunché.

Alcuni stadii in corsa più in là

Saioki attraversò a velocità sconcertante tutta la valle, il tratto di spiaggia verso sud e la penisola del mio villaggio.

Arrivammo a destinazione all'incirca in un terzo d'ora, ma dalla nostra percezione, che fummo trasportati per tutto il tragitto in spalla, e reduci d'esserci gettati da una falesia di quattro buone centinaia di cubiti, quel tempo sembrò infinito.

Saioki abbandonò i nostri corpi tramortiti e privi di vita manifesta su una panchina della piazzetta della scuola. Alla fine, ebbe pure il coraggio di salutarci energicamente, con voce innocente e serena:

– Ciao ragazzi, io vado! Cercate di non cacciarvi nei guai eccessivamente.

Entrambi avemmo poco più della capacità di fissarla in modo vitreo ed emettere un sibilo di morente conferma.

– Va bene, vi lascio riposare... ci si vede! – ma un istante prima di partire tornò a parlare, – Ah, vero, stavo quasi per dimenticare... tenete la vostra mappa! Ciao ciao!

Lanciando sulle mie ginocchia la pergamena del maestro Kiun, voltò definitivamente le spalle e tornò di corsa verso Irake mashi, lasciando i nostri cadaveri decomporsi sotto l'arido sole pomeridiano.

Fu una fortuna che ciò avvenne nella fase della giornata in cui le vie del villaggio erano quasi completamente vuote, limitando il numero di passanti che potessero vedere quella giovane donna dalle fattezze di una ragazzina correre a velocità folle con due persone sulle spalle.

Giacevamo seduti l'uno a fianco all'altro, con membra demolite e capo poggiato sullo schienale della panchina, rivolto verso l'alto, guardando nel vuoto del tersissimo cielo.

Giacevamo seduti l'uno a fianco all'altro, con membra demolite e capo poggiato sullo schienale della panchina, rivolto verso l'alto, guardando nel vuoto del tersissimo cielo

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Ci vollero diversi minuti prima che uno di noi due riuscisse a riacquistare la capacità di esprimersi a parole.

– Cosa è successo? – chiese retoricamente Hako, moribonda.

La forgiatrice di lame ⅠDove le storie prendono vita. Scoprilo ora