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By Raven_Cherish

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By Raven_Cherish

Amber bussò alla porta della camera di Dick, dove Alfred l'aveva gentilmente accompagnata fino ad essa e poi era andato via.

Il ragazzo aprì dopo pochi secondi, «Ciao» disse, quasi sorpreso di vederla lì.

«Ciao» disse anche lei, abbassando gli occhi per cercare di nascondere il rossore causato dal pianto, ma era impossibile non farlo, tuttavia Dick, capendo la situazione, fece finta di nulla, evitando di chiedere spiegazioni.

Dick osservò i suoi vestiti che ora lei aveva addosso, «Ti stanno bene» sorrise in maniera impercettibile, poi fece qualche passo indietro, e con un cenno della mano l'invitò ad entrare.

Nella sua stanza, come nel resto della casa, a prevalere erano i colori scuri, come il blu per le pareti, spezzate da cornici rettangolari colo oro che racchiudevano le lampade a muro sopra ciascun comodino ai lati del letto.

«Pantaloni da ginnastica larghi e décolleté a punta con tacco dieci, combinazione perfetta direi» tentò di scherzare lei, nonostante il suo stato d'animo.

Lui rise, e poi crucciò la fronte, «Non sono scomode?» domandò, «Me lo sono sempre chiesto, sai» proseguì.

«Scomode non è la parola giusta, credimi» rispose Amber, «Io userei più la parola killer.»

«Killer? Addirittura?» Dick scosse la testa, «Se sono davvero così tremende allora perché le portate?»

«Perché sono belle, e come dice sempre mia madre, per le cose belle vale la pena soffrire almeno un po'» Amber alzò le spalle e si avvicinò alla finestra, curiosa di scoprire cosa si vedesse al di fuori da essa.

La casa era fuori centro, isolata, e non vi era nulla nelle vicinanze se non il buio, spezzato da alcuni lampioncini lungo il perimetro dell'enorme giardino e qualche albero.
In lontananza, avvolte dall'oscurità, le luci e le sagome dei grattacieli di Gotham emergevano in tutto il loro splendore.
Sembrava così calma vista da lì, senza tutti quei rumori, la gente, le macchine, il traffico, le sirene della polizia e delle ambulanze che ogni notte sfrecciavano per quelle strade.
Ma a Gotham era così, erano le cose silenziose ad essere le più pericolose, quelle nascoste, quelle che nessuno vedeva e sentiva, quelle che covavano lentamente negli angoli più bui della città e che quando esplodevano si facevano sentire, perché portavano con loro il caos e lasciavano solo morte e disperazione.

Dick aveva pensato fino a quel momento al modo migliore per introdurre il discorso senza destare sospetti. Poteva dirle che aveva chiesto ad Alfred, e lui, essendo esperto, gli aveva detto che non era una ferita che poteva essersi procurata nel modo che lei gli aveva detto, o più semplicemente poteva dirle che non le credeva... sta di fatto che fu lei a parlare.

«Non ci conosciamo, è vero» iniziò Amber, «Ma tu sei stato gentile ad aiutarmi e io... io non sono stata sincera con te, non ti ho detto la verità.»

Dick rimase in silenzio, era stato più facile del previsto, pensò.

«Non sono caduta in casa e con un coltello in mano» sospirò. «Sono stata... aggredita.»
Dirlo, dire quel termine le fece accapponare la pelle, e dovette stringersi tra le braccia per cercare di controllare quei brividi che le lambirono la pelle.

«Ti va di parlarne?» Dick parlò piano, e fece qualche passo in sua direzione, sapeva che non doveva essere facile per lei, e poi il tutto era ancora molto fresco e vivido nella sua mente e sulla sua pelle.
Uno spiacevole evento che si sarebbe portata dentro per sempre, ma a cui doveva anche ritenersi fortunata visto com'era andata.

Amber continuò a dagli le spalle, e a fissare quel paese corrotto quale era Gotham, pensando a come sarebbe stato senza tutta quella criminalità, ormai infiltrata in ogni dove.
«Ero in taxi e stavo tornando a casa, era tardi e sulla strada che stavamo percorrendo c'erano stati degli incidenti, così il tassista...» morto, gli ricordò la sua voce interiore, facendole tornare gli occhi lucidi, «Ha deciso di passare per Bowery...» fece un'altra pausa.
«Andava tutto bene finché non ha suonato a una macchina ferma al centro della strada, l'uomo in quell'auto stava parlando con una donna... una prostituta» precisò, «Il tassista ha perso la pazienza e così ha suonato più volte il clacson, e la macchina avanti è partita.
Una ragazza poi ci ha bloccato la strada prima ancora che potessimo ripartire, e un uomo si è avvicinato a noi, ha detto che aveva perso un cliente... ha fatto scendere me ed ha bloccato lui... e io... io sono scappata. Mi sono nascosta in un vicolo e ho chiamato un taxi, volevo chiamare anche la polizia, ma mi sono bloccata, so che quella è gente con la quale non si scherza e ho avuto paura che in qualche modo sarebbero potuti risalire a me e alla mia famiglia e fare loro del male.»

«Non devi sentirti in colpa, chiunque avrebbe fatto la stessa cosa. Quel posto è un mondo a parte, la polizia vale meno che zero lì, e nessuno può farci nulla» cercò di farle capire lui.

«Non è una scusa, quella persona è morta perché io sono stata egoista e vigliacca» esclamò Amber, arrabbiata con sé stessa.
«Ho ragionato come la maggior parte delle persone di Gotham, come le persone che disprezzo...»

«Non la vedo così» l'interruppe Dick.

«Beh, io sì, ho pensato solamente a me stessa, come fanno tutti» una lacrima scivolò silenziosa sul viso di Amber.

«Tu hai agito così per paura e per proteggere la tua famiglia, la gente invece lo fa per il proprio tornaconto, favori, soldi, potere...»
Più Dick cercava di farle capire che non era la persona che credeva di essere, più lei si sentiva così.

Amber sembrava essere arrivata a un punto di non ritorno, si sentiva confusa e ce l'aveva a morte con sé stessa.
«Mettiamo che tu abbia ragione» mormorò, «Allora perché io mi sento così male» la sua voce si spezzò a causa del pianto in quel preciso istante, chinò il viso e con una mano si stropicciò gli occhi.

Dick sospirò, e poi fece una cosa che non faceva da tanto, e che non era più abituato a fare, e che in quel momento gli venne spontanea.
Poggiò una mano sulla spalla di Amber e la fece girare, poi si avvicinò e avvolse entrambe le sue braccia intorno alle sue spalle, poggiando la sua guancia sulla sua testa.
Nonostante le scarpe alte era più bassa di lui di diversi centimetri.
«Credimi, non è stata colpa tua, le persone che dici di disprezzare... loro non ammetterebbero mai le loro colpe, e non si sentirebbero mai neanche in colpa, perché per quanto terribili siano le cose che fanno, per loro è giusto, quindi non dire che sei come loro, perché non lo sei, chiaro?»

Amber annuì debolmente, mentre pian piano, cullata da quell'abbraccio, si accorgeva della situazione.
Il suo corpo si trovava tra le braccia di Dick, un ragazzo che in fin dei conti conosceva da poco più di un'ora, in un abbraccio a cui lei non aveva avuto modo di rispondere.

«Non sarebbe il primo tassista che viene ucciso per quelle strade, e non penso tu abbia prove che si tratti della stessa persona» disse lui, mentre con una mano prese ad accarezzarle i capelli lunghi proprio dietro la nuca; immaginava fosse rilassante, e infatti dopo non molto Amber sembrò diventare molto meno rigida e i suoi singhiozzi iniziare a cessare.

Si allontanò all'improvviso da Dick, dopo aver riacquistato un briciolo di lucidità, «Scusami» biascicò asciugandosi con il dorso delle mani le ultime lacrime.

«Tranquilla, è tutto a posto» rispose lui, «Non dobbiamo parlarne per forza» continuò, infondo aveva ottenuto la risposta che cercava, anche se si era rivelato un buco nell'acqua.

«No, no va bene così, e poi questo non l'ho raccontato neanche alla mia migliore amica, non volevo si preoccupasse per nulla, magari raccontarlo a qualcuno mi farà bene» ammise, e questa volta mentre parlava decise di guardarlo negli occhi.
«Cosa pensi di Robin?» chiese d'improvviso.

«Robin?» disse Dick crucciando la fronte, «Non saprei... che lavora con Batman?»

«Quella sera era da solo, ed è grazie a lui se ne sono uscita illesa, o quasi, quando ero in quel vicolo, alcuni uomini mi hanno raggiunta, erano ubriachi e mi hanno minacciata... e poi è arrivato lui, dal nulla» scosse la testa.
«Era da solo, e lui non è mai da solo, e poi era sparito... non so se sia realmente chi dica di essere, sta di fatto che sette contro uno non è da tutti» iniziò ad arrotolarsi una ciocca di capelli tra le dita, «Quelli erano uomini adulti e lui solo un ragazzo, o così mi è sembrato.»

«Lo hai visto? Come lo sai?» Dick fece finta che quelle fossero domande di pura curiosità.
Sapeva che era impossibile che lo avesse riconosciuto o comunque avesse dei sospetti.

«La voce» disse poi Amber, «Cercava di camuffarla, alterarla, di farla più cupa, ma potrei sbagliarmi.»

«Già... comunque» Dick cambiò argomento, «Che ne dici di fare quello per cui siamo venuti qui?»

Amber corrugò la fronte perplessa.

«Le auto» chiarì Dick.

«Oh, giusto... vintage» ricordò lei.

«Beh, almeno se i tuoi faranno domande non dovrai mentire.»
Dick voleva cambiare argomento, e voleva anche cercare di farla distrarre un po', ma non fecero in tempo neanche ad uscire dalla stanza che un rumore sordo, proveniente da sotto i loro piedi fece vibrare il pavimento.
Il tutto fu molto lieve ed ovattato, ma per giungere a loro in quel modo il rumore doveva essere molto lontano, o molto sottoterra.

Amber s'immobilizzò, «Cos'è stato?» disse.

Dick era sorpreso quanto lei, «Molto probabilmente è caduto qualcosa in cantina... ci sono cose grandi e pesanti lì sotto, botti di vino... vado a controllare, tu aspettami qui, torno subito» mentì, quel rumore poteva provenire solo da un posto: la caverna, ma non aveva idea di cosa si trattasse, era tanto che non scendeva lì sotto.
«Sta tranquilla, è già capitato in passato» aggiunse per tranquillizzarla.

Erano passati poco meno di dieci minuti, e Amber, rimasta da sola nella camera di Dick, aveva iniziato ad avvertire il peso della stanchezza e il sonno accumulati in quei giorni.
Aveva dormito poco e niente da quella sera, e ora i suoi occhi faticavano a restare aperti.
Si sedette ai piedi del letto, e si chinò con il busto, poggiò il gomito sul materasso e la stessa mano finì a sorreggere il peso della sua testa.
Faticava a tenere gli occhi aperti, non doveva cedere, doveva almeno aspettare di tornare a casa, ma poi il sonno ebbe la meglio, e lei finì per addormentarsi così, con il busto su quelle coperte scure, in contrasto con i suoi capelli biondi e la sua carnagione chiara.

Premetto di aver odiato un pochino Dick in questo capitolo, ma solamente perché mentre Amber pensa a "confidarsi" lui pensa solo a ricevere risposte, ovvero di sapere se lei c'entri qualcosa con quel posto e con la nuova "attività" che si sta creando.
Per il resto penso abbia agito abbastanza bene, infondo non si conoscono quasi...

Aspetto le vostre opinioni in merito

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