La forgiatrice di lame Ⅰ

By Adriano_Marra

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Si prospettava essere una primavera come le altre per Keiko e i suoi amici, abitanti di un placido villaggio... More

Prologo
1. Sgattaiolando all'alba
3. Prima notte nella foresta
4. Ostaggio in una grotta
5. Ragazza in braccio, zaino in spalla
6. Gli arcani d'una fuggiasca
7. Intimità infranta
8. Appesi a un filo
9. Mani calde - parte 1
10. Mani calde - parte 2
11. Sgattaiolando al tramonto
12. L'amica di Larou
13. Pesce di biblioteca
14. Sgattaiolando di notte
15. Davanti al ruscello
16. Lupacchiotti irritabili
17. Una notte tormentata
18. Vicini alla meta
19. L'accampamento di Hako
20. Assassini e latitanti
21. Un'avventuriera sfuggente
22. Tecniche di evasione
23. In taverna
24. Hako poco sobria
25. Notte al calduccio
26. Le mutande della discordia
27. Indagini in fucina
28. Un bibliotecario atipico
29. Analisi ipogee
30. Visitatori alquanto irruenti
31. L'assedio di Irake mashi - Sciabolate fra i vicoli
32. L'assedio di Irake mashi - Messi alle strette
33. L'assedio di Irake mashi - Il generale Toratta
34. Mano nel tufo
35. Quotidianità postuma
36. Teso scotte e cazzo cime
37. Confessioni al largo
38. Scisma di cabina
39. Ansia astrale
40. Scialuppa abusiva
Anticipazioni

2. Spedizione di classe!

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By Adriano_Marra

Quello della scuola era un edificio costruito per metà sul mare. Molto più a sud rispetto al porto, era inquadrabile in una logica urbanistica che si protraeva per tutto lo sviluppo della costa occidentale: una sorta di percorso unitario e omogeneo, che teneva in sé innumerevoli architetture dalla funzione culturale.

Descrivendone gli spazi, la scuola sarebbe approssimabile a una sorta di recinto costruito di forma quadrata che, nel vuoto lasciato al suo centro, ricava un grazioso cortile attrezzato con panchine e rigogliose alberature.

Al piano terra, gli ambienti interni erano raggiungibili passando sotto l'ombra di un porticato, il cui soffitto costituiva al contempo il pavimento del ballatoio che, invece, consentiva l'accesso alle stanze al piano superiore, dove si trovava la maggior parte delle aule.

Tailia era più piccola di me di qualche mese, ma a causa del metodo di costituzione dei gruppi scolastici, finì per essere inserita nella classe dell'anno precedente al mio.

Varcato il passaggio dell'ingresso, scambiammo un'ultima chiacchierata in cortile prima di separarci.

– Voi che materia avete oggi? – mi chiese lei.

– Esplorazione, – sbuffai.

– Marittima?

– Sì... – risposi con riluttanza, mascherando con insuccesso la mia avversione nei confronti della disciplina.

– La odi così tanto?

– Sai che preferisco la terra al mare.

– Ma allora perché ogni mattina sei al porto? – chiese con curiosità, determinata a capire fino in fondo cosa mi passasse per la testa.

– La vista del mare mi piace, ma è una di quelle cose che preferisco tenere a debita distanza.

– Come un fiore splendido ma velenoso? – rispose con una metafora straordinariamente efficace.

– Uhm... sì, – pensai un po', prima di confermare, – Hai centrato il punto.

La discussione si arenò gradualmente, insieme al rallentamento del nostro cammino. Giunti dall'altra parte del cortile, appena di fianco alle colonne del porticato, non restava che salutarci, ma nessuno dei due sembrò volersi separare davvero, generando qualche attimo d'incerto silenzio dove né le fauci, né i reciproci sguardi, riuscirono ad aggiungere parole.

Finalmente, Tailia volse il capo altrove:

– Bene, allora... – e dopo quel tentennamento partì con una leggera e saltellante corsetta – Io vado in classe! – esclamò con voce energica, tenendo in alto una mano in gesto di saluto, – ci rivediamo per merenda!

– A dopo! – risposi.

– Ah, e salutami Larou! – tornò a guardarmi dopo aver già raggiunto l'apice delle scale a pioli, sbracciandosi oltre il ballatoio.

– Ja ja!

Rimasto solo, mi guardai un po' intorno, poi andai anch'io in direzione della mia aula.

Mi sedetti al posto con qualche minuto di anticipo, quando l'aula ancora era vuota per metà; tuttavia, si sarebbe sicuramente colmata di lì a poco, giusto in tempo per l'inizio della lezione.

Rivolsi lo sguardo oltre la finestra, inquadrando la vista del mare, e la mente non poté che tornare sul pensiero di poco prima.

Per qualche indigesta ragione, da noi, la voce Esplorazione sottintendeva marina. Non si trattava, perciò, di esplorare foreste, montagne, deserti o simili, materia invece nominata Esplorazione terrestre, quest'ultima peraltro repellente alla maggioranza degli studenti, ma ci preparava alla vita in mare, che fosse prettamente per ragioni esplorative o di commercio.

Era fra le materie principali, insieme a Materiali e Lingua, io però la odiavo.

Non ero diverso dagli altri quanto a spirito di avventura e curiosità, ma al contrario della maggioranza prediligevo la terra, ambiente per me dispensatore di immagini assai più ricche e suggestive.

Esplorazione terrestre piaceva pazzamente solo a me, ma anche Tailia e Larou la gradivano, essendo fondamentalmente gli unici in tutta la scuola a non autoflagellarsi quando i maestri annunciano una spedizione terrestre, iniziative che, ovviamente, la nostra scuola riduceva al minimo indispensabile, data la secondarietà di tale materia per una civiltà marittima come la nostra.

Fu così che borbottai silenziosamente in aula, rimuginando:

– Insomma... viaggiare pei boschi, guardare il cielo filtrato dalle fronde degli alberi, – monologavo interiormente, – trovare un laghetto rigoglioso chiuso da un fitto tessuto di vegetazione che risparmia dall'ombra quanto basta per lo specchio d'acqua e la sua cornice... – ero allora totalmente assorto nei miei pensieri, – Il mare è solo una lastra sconfinata e noiosa...

In un istante, la mia solitudine fu repentinamente interrotta da Larou:

Miai! – emise un breve e secco versetto di saluto.

– Ah! – sobbalzai per lo spavento.

Solo allora tornai connesso al mondo terreno, rendendomi conto d'essermi inabissato così tanto nel mio flusso di pensieri da non aver percepito il suo arrivo, seduto di fianco a me da tempo indefinibile.

– Ciao... Larou... – balbettai, ancora riprendendomi.

Lui era un altro mio caro amico, ma fu più fortunato di Tailia, visto che riuscimmo a trovarci all'interno della stessa classe.

Aveva una somatica del viso un po' diversa da quella delle nostre parti e una carnagione sensibilmente più scura, nonostante il colore , abitando in una zona molto calda e sempre esposti direttamente alla luce solare.

Quello che colpiva di più del suo aspetto, tuttavia, erano le chiare iridi color verde acceso, accompagnate da una sottile strisciolina altrettanto verde che gli solcava la porzione inferiore di entrambe le sopracciglia. Infine, aveva dei capelli rossicci fatti in piccoli ricci che chiudevano il quadro, dandogli una parvenza complessiva sicuramente non noiosa.

– Beh, beh, beh... – aperse il discorso con un'espressione maliziosa, – Com'è andata?

– Se ti riferisci ai compiti di aritmetica, pensavo di peggio, ma in realtà erano abbastanza scorrevoli.

A giudicare dal ghigno che gli si spense presto sul viso, tuttavia, divenne ovvio che si stesse riferendo ad altro.

– No, scemo. Mi riferisco a Tailia.

– Sì? – non capivo dove volesse arrivare.

– Eh... vi ho visti, sai, stamattina, mentre venivate insieme a scuola di remata in remata, – riprendendo il discorso, ripristinò un sorriso ammiccante e allusivo, che però non recepii come da lui inteso.

– Ah, giusto, mi diceva di salutarti! – risposi.

– Sì, va be'... – si adagiò sullo schienale, arreso, – ho capito, lasciamo perdere.

La discussione evaporò inconclusa.

– Il maestro Kiun sta facendo ritardo oggi, – constatai, col capo pigramente appoggiato alla mano il cui gomito, a sua volta, s'imprimeva sul banco.

– Uhm, vero, – seguì Larou, – che strano.

Pochi altri istanti passarono, e il fracasso d'una inaspettata presenza invase l'aula.

La maestra Chirei, docente di Esplorazione terrestre, aprì la porta della stanza scagliandovi un calcio, accompagnando la sua comparsa a un urlatissimo saluto:

– Salve a tutti!! – esclamò.

A seguirla c'era il professor Zeitsuta, il cui cognome era forse il più beffeggiato della scuola. Costui, ben più morigerato della prima, entrò in aula a passo calmo, se non addirittura talmente flemmatico da fungere come mitigatore dell'eruzione degli attimi precedenti.

Non avevano ancora detto nulla, eppure la reazione istantanea della classe, ormai al completo, fu di generale delusione. Tutti avevano già presagito l'annullamento della lezione di esplorazione marittima, o comunque ne temevano la possibilità, ma era comprensibile, data la trepidazione con cui si bramava l'imminente avvio della prima spedizione navale dell'anno.

La maestra fece un balzo davanti alla cattedra e vi si poggiò al di sopra a gambe incrociate, con quel fare giovanile e sbarazzino che la contraddistingueva.

– Cosa ci fanno qui i maestri di esplorazione terrestre? – chiese Larou, più a sé stesso che a qualcuno in particolare.

– Buongiorno ragazzi, – esordì il professor Zeitsuta, – Sappiamo che oggi vi aspettavate la prima spedizione navale dell'anno, – e già a quelle parole, si levò un mormorante malcontento, ma il professore procedette, – purtroppo, però, Kiun sarà impossibilitato per diversi giorni.

– Cos'è successo al maestro? – la voce di uno dei nostri compagni, espressione in realtà di tutta quanta la classe, mise sotto pressione il professore.

– Ehm, ecco... – Zeitsuta passò una mano fra i capelli della nuca e abbassò lo sguardo.

Quel breve tentennamento fu al contempo l'occasione perfetta per la maestra Chirei di prender parola:

– E chi lo sa! Si sarà preso una vacanza improvvisa avvisando solo il bidello per andare a far visita a... – Zeitsuta la interruppe con forza.

– Il... maestro, Kiun, ha avuto dei problemi familiari, – puntualizzò con volto serio, – pertanto è dovuto salpare con grande fretta.

– Quindi che ne sarà della spedizione? – chiese una studentessa, dalla seconda fila di banchi.

– Verrà momentaneamente sospesa –. Concluse il professore, con tono evasivo e quasi colpevole, conscio delle reazioni che quelle sue parole avrebbero generato nella platea.

E infatti, com'era prevedibile, ci fu una disapprovazione di massa. Alcuni sbuffarono, altri si lasciarono scivolare lentamente sulla sedia, finendo per guardare il banco dal basso verso l'alto, come per abbandonarsi a un'inevitabile morte, e qualcuno tentò anche di soffocarsi coi fogli degli appunti, fallendo.

Il professore richiamò la classe:

– Per favore!! – e tutti ripiombarono in un silenzio tombale, – Stiamo solo anticipando la spedizione terrestre e posticipando quella navale, ma la farete lo stesso! Perciò, adesso, ascoltate la maestra Chirei.

– Grazie, Soube.

Per quanto prontamente costei accettò di diventare protagonista dell'aula, fu evidente che non stesse aspettando altro.

– Va bene, allora... – la maestra partì a piena velocità col proprio discorso, – Siamo ben consapevoli di quanto la nostra materia sia ripudiata da molti, ma se esiste ancora, in questa scuola annacquata, c'è una ragione. – la maestra riusciva con grande abilità a mantenere una consistente dose di carisma nonostante la costanza del suo atteggiamento disinvolto e informale, – Potrete essere i più abili navigatori del mondo, i più grandi marinai o cartografi, ma tutti i viaggi per mare, per quanto lunghi, hanno sempre una fine... e, esclusa l'eventualità di crepare in fondo al mare per un naufragio, quella fine sarà sempre sulla terra secca. – prese una teatralissima pausa, poi riprese, – Saper affrontare un mare in tempesta è inutile se poi, una volta giunti a riva, non si è capaci di sopravvivere. Noi qui vi insegniamo a cavarvela non solo in mare, ma ovunque la vita vi condurrà –. Infine, terminò il discorso con quella che mi parve essere una postilla personale non prevista, – Tuttavia, prima ancora che sia il mondo a porvi davanti delle difficoltà, saremo noi stessi a farlo con la nostra fantastica materia! – concluse con un malvagissimo sorriso.

Sentire quelle parole mi fece sentire meglio, meno strano, o quasi più saggio dei miei compagni di classe, come se avessi compreso quel che loro ancora stentavano a capire, ma sapevo che fossimo tutti sulla stessa barca. Loro ripudiavano la terra, io ripudiavo il mare, e capivo che l'immaturità di un pensiero simile risiedesse nel concetto stesso di precludersi una parte di mondo, ma questo semplice discorso teorico non bastava a dissuadermi dall'idea che il mare mi fosse in qualche modo nemico.

A dissipare il gelo che seguì il discorso della maestra, quella volta, fui io, celatamente emozionato per l'inaspettata buona notizia, in completa controtendenza col resto dei presenti.

– Quando si partirà? E come dovremmo organizzarci, maestra?

Solo in seguito all'essermi alzato di scatto dal banco mi accorsi degli sguardi torvi dei miei compagni, i quali parvero non gradire particolarmente il mio entusiasmo.

Mi risiedetti nell'imbarazzo.

La maestra sembrò aver ignorato il clima di tensione, poi saltò giù dalla cattedra e iniziò ad appuntare le varie informazioni sulla spedizione alla lavagna. Naturalmente, come da nessun altro all'infuori di lei ci poteva aspettare, impresse le lettere sulla nera pietra senza far uso dell'apposito pennino acquifero, piuttosto lasciando che le scritte apparissero nella loro verdognola fosforescenza sotto l'umidità delle sue stesse dita.

– Esploreremo la foresta a nord-est, non lontana dalla città sul promontorio. Porterete con voi il solito equipaggiamento: bussola, cibo, tessuti, acqua, corde, qualche arma utile eccetera. Sarete divisi in gruppi da due, – si voltò verso la platea a scrittura finita, – Avete tempo fino all'ora di pranzo per concludere i preparativi. Appuntamento alle dodici davanti alla piazzetta della scuola. Ci sono altre domande?

– Quanto durerà la spedizione? – chiese Larou, – E saremo lasciati soli o no?

– Dopo una lezione introduttiva del professor Zeitsuta, vi sparpaglierete nel bosco avendo come limite ultimo il fiume. Sarete da soli, e i voti saranno tanto più alti quanto più a lungo riuscirete a rimanere nella foresta, in proporzione, ovviamente alla vostra condizione psico-fisica al ritorno, con un minimo di cinque giorni per ottenere la sufficienza. Coloro che moriranno dovranno ripetere l'anno –. Concluse.

La sfida sembrava ardua, ma ero eccitatissimo.

– Per quanto tempo dovremmo rimanere nella foresta per ottenere il voto massimo?

Chiesi, ma anche quella volta, per la natura della mia domanda, attirai un bel po' di sguardi truci dalle file davanti a noi. Forse diedi l'impressione di voler spavaldamente primeggiare sugli altri, ma non era mia intenzione. Magari non potevo ambire al massimo dei voti, ma per lo meno cercavo di avere in mente una misura di quel che ci chiedevano.

– Kiun –. Rispose seccamente la maestra.

Io, confuso, tentennai.

– Co... come ha detto scusi?

– Kiun, – ribadì, – il limite è il maestro Kiun. Coloro che torneranno al villaggio dopo di lui avranno il massimo dei voti.

– Ma, quindi, quanto tornerà?

– Ve l'abbiamo detto, non lo sappiamo, – rispose lei, quasi con tono d'ovvietà, – Potrebbero essere pochi giorni, come diverse settimane. L'obiettivo è quello di fargli fare un'indecente figura davanti al preside, dimostrando che i nostri studenti sono più preparati alla vita nel mondo selvaggio di Nas... Kiun stesso –. Si corresse.

Larou e io ci scambiammo titubanti espressioni, mentre qualche amara risatina emerse dal fondo della classe.

La mia mente non coglieva qualche passaggio del suo ragionamento, dalle ragioni infantili e ridicole, ma era quello che rendeva la Chirei una maestra atipicamente spassosissima, almeno per me.

Percepivo che fosse solo un pretesto per sbatterci a frasche, ma mi stava bene così.

– Perfetto! – la maestra tagliò corto, – Se non ci sono altre domande potete correre ai vostri bugigattoli e iniziare a prepararvi.

Nell'esortarci a uscire dall'aula, la maestra prese a spingere alcuni fra i più indecisi fra noi fuori dalla stanza, accelerando traumaticamente l'inizio dell'attività.

Io tentai in tutti i modi di non sembrare l'unica voce fuori dal coro per la terza volta, sforzandomi a uscire a passo normale dall'aula, ma in realtà fremevo dall'eccitazione.

Appena svoltai l'angolo con Larou, ci guardammo negli occhi per qualche secondo, sollevammo lentamente dei sorrisi da maniaci e, come la tempesta a seguire la quiete, scoppiammo in femminee urla di euforia.

– Finalmente una spedizione terrestre!! – esclamammo all'unisono.

– Siamo insieme in gruppo, vero? – chiese Larou.

– Ovviamente! – confermai.

– Evvai!! – urlammo entrambi.

– Allora, allora, allora. Facciamo così, – propose Larou, – Prima ci prepariamo autonomamente e poi, appena abbiamo finito, ci incontriamo per fare insieme il quadro della roba?

– Buona idea, ci vediamo a casa mia? – avanzai la mia parte di proposta.

– Ci sto, fantastico, allora a dopo!

– Ciao!

Senza sprecare una parola in più, ci separammo immediatamente e ognuno abbandonò la piazzetta della scuola, correndo con foga verso la rispettiva abitazione.

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