Amami Per Sempre Capitano ||...

By aroundmyheart_

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•COMPLETA• /in continua revisione/ Atterrati dalla guerra, senza alcuna via di fuga. Lei porta grigiore nella... More

• 1 - KIM
• 2 - ASHER
• 3 - KIM
1° Cast Dei Personaggi
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2 Cast Dei Personaggi
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NON È UN CAPITOLO
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. . . EPILOGO . . .
💫 RINGRAZIAMENTI 💫
🌷 SEQUEL 🌷

• 17 - KIM ~ ASHER

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By aroundmyheart_

KIM

Sono riuscita a tenere il conto per circa 1726 persone, e ancora la cena deve essere servita.
Do un'ultima occhiata verso il tavolo dei ragazzi e mi accorgo che hanno cambiato posto.
Con lo sguardo provo a cercarli, tenendo gli occhi fissi sulla porta nella speranza che escano o entrino dalla sala.
Eppure l'unico che ancora non ho visto è stato il coglione, mi chiedo cosa stia facendo, non che mi interessi è solo una curiosità.

<<Aspetti qualcuno?>> mi chiede Sallie in tono dubbioso, facendomi distogliere lo sguardo dalla porta e rivolgendolo a lei.

<<Certo che no. Stavo pensando una cosa sai>> dico prontamente per cambiare discorso.

<<Cosa? >> corruga la fronte e raddrizza la schiena.

<<Quello che ci hai detto questa mattina su tuo padre>> ritorno su questo discorso, per non parlare di ciò che stavo facendo qualche secondo fa.

<<Ah si, lui è un Primo Capitano sai>> insiste col dire, senza aggiungere altro.
Per mandare avanti il discorso, approfondisco con le domande <<Si, questo lo avevo capito, Intendevo, perché non vi parlate più?>> la mia intromissione può essere fastidiosa, ma la curiosità mi spinge verso le vie più sbagliate, ferendo gli altri nel profondo. È difficile che mi parlino come prima, solo che questo è un brutto vizio che non riesco a controllare.

<<Non ci parliamo perché è la mamma che non me lo permette. Lui è un carattere duro, sempre molto severo con me e con lei. Pretende da me molto e io non so come dirgli che riesco a fare il possibile, invece con mia madre litiga ogni qual volta quando ha del tempo per vederci. Devo dire però che alcune volte mi accontenta se gli chiedo qualcosa. Stanno per divorziare e questo...mi fa tanto male>> mi torna in mente quando mi chiudevo in camera da sola e piangevo ogni volta che la mamma non voleva dirmi dove era papà; ho sofferto per questo, ma alla fine sono riuscita a cavarmela da sola, come una vera vincente.

<<Per questo ti sei arruolata? Per fuggire da tutto questo?>> è una domanda che ho fatto anche a me stessa, solo che non ho saputo trovare risposta. Poggio la testa su una mano e mi sistemo sulla sedia per mettermi comoda e ascoltare il discorso di Sallie.

<<Avrei preferito fosse stato così, ma non è andata come volevo. È stato sempre mio padre a mettermi su questa strada, è lui che mi ha obbligato. Non sopportava il fatto che andassi male a scuola, che uscissi con i miei amici o che scegliessi di rimanere con mia madre ei miei fratelli. Voleva che almeno uno di noi avesse intrapreso la carriera militare, e cosi scelse me, la figlia di mezzo. Ho imparato a sparare e avere un'ottima mira, ecco perché adesso sono qui, per di più contro la mia volontà>> racconta a malincuore, facendo trapelare ogni sua emozione. Le credo, perché tutto questo mi ricorda mia madre e i suoi soliti discorsi per convincermi che il percorso militare fosse un inutile scelta, una cosa che solo gli uomini avrebbero potuto intraprendere e che fosse troppo pericoloso per essere gestito dalle mani di una donna.

<<Ora che siamo qui, cerchiamo di dare il meglio di noi. Siamo una squadra e la nostra forza può essere servita anche in queste cose, soprattutto per alzare il morale a chi è triste>> le dico giocherellando con delle spintarelle al gomito <<Tu non esitare a chiedere, sai che siamo sempre qui per aiutarti>> le prometto, incrociando le dita proprio davanti ai suoi occhi.

Di scatto mi giro vero la porta d'ingresso della sala e fa capolinea l'uomo che questa mattina è venuto da Asher. Zoppica per arrivare ad un tavolo e quando si volta per sedersi riesco a vederlo bene in viso. Lividi che ricoprono ogni angolo della sua faccia, un labbro spaccato, uno zigomo rotto, ferite sul naso e i lividi sugli occhi che prendono man mano colore. Adesso collego tutto tra Asher, Robin, Martin e quest'uomo, e l'unica ragione per cui fossero tutti così tesi equivaleva proprio a questo, ridurre in questo stato un uomo, che a occhio nudo avrà la stessa età di mio padre, più o meno sui 50.
Parlando proprio di lui, vedo mio padre cercare qualcuno in sala ma con false speranze, perché ritorna verso quell'uomo stringendogli la mano e rassicurandolo di qualcosa.
Per di più io e lui abbiamo una chiacchierata in sospeso.

Allo stesso tempo vedo i cuochi farsi strada con dei grossi pentoloni tra le mani. Tutto è imbandito su una tavola, con file di piatti pronti per essere riempiti.
<<La cena è servita>> grida il cuoco con un mestolo in una mano e una campanella nell'altra. Sorrido alla scena, ma è come se non riuscissi ad essere realmente felice in questo momento.
Non so come, ho un po' di nostalgia.

~•●•~

ASHER

Dubito che la sera sia il momento migliore della giornata, e poi ci sono cose che accadono più a notte fonda che alla luce del giorno.

Sono contento che sia arrivata l'ora della cena, un po' meno per quello che è successo.
Questa giornata sembrava non finire mai per le sventure successe, ecco perché vorrei dimenticare tutto il resto. Mi siedo al tavolo dei Generali dopo che Thompson mi aveva richiamato con un gesto della mano.
Mio padre è distante da noi, così che non possa sentire ciò che diciamo, l'avrà fatto per questo, Thompson sa sempre cosa fare.

Studia ogni mia movenza e mi osserva con espressione seria e ostinata, mantenendo il contatto visivo.
<<Mi rimproveri, me lo merito>> incrocio le mani calando il capo sul tavolo, sono pronto a riceve la raffica di lamentele e rimproveri da parte sua, dirmi come al solito che sbaglio ancora a gestire la mia rabbia.

<<Non farò niente del genere>> inizia lui, che ritorno a guardare con rammarico il suo viso corrugato. Stende le mani sul tavolo distogliendo lo sguardo e puntarlo su una finestra.
<<Sono certo che abbia parlato senza pensare, un po' come fai tu quando si tratta di prendere a botte qualcuno, ma se ci pensi non siete poi così diversi infondo. Potresti cambiare, tu potresti riuscirci, ma tuo padre resterà l'uomo che un tempo lui odiava di essere e che tutt'ora non riesce a gestire, proprio come non riesci a fare tu con la tua rabbia>>

<<Non è colpa mia>> mi ferma alzando una mano, per poi indicarmi la figura rabbuiata di mio padre.

<<Avrebbe voluto fare di più, ma so che non ci sarebbe mai riuscito, il suo modo di fare non è a grandi linee come riesci a fare tu. Potresti essere migliore di lui, non abbassandoti a questi livelli. Perciò quello che voglio insegnarti è qualcosa che vorrei ricordassi per la vita, perché rimanere nel passato non ti aiuterà a superare il futuro, tantomeno colmare il vuoto delle tue perdite. Cerca di scovare in te stesso qualcosa che non hai saputo apprezzare per bene, e vedrai che le cose andranno meglio>> avrei voluto sentire questo dall'uomo che mi ha cresciuto con calci e insulti, ma purtroppo nella vita non si può avere tutto.
Ecco perché se avrei avuto bisogno di un vero consiglio sarei corso da Thompson, uomo fedele e di parola, nonché il migliore anche come padre. Si, è così che lo reputo, ha saputo stringermi tra le braccia come fossi suo figlio, un ragazzo con mille sogni infranti e obbiettivi mai raggiunti.

<<Grazie signor David, è sempre il migliore>> entrambi ci stringiamo la mano con una presa decisa e come ultimo un occhiolino.

<<Questa volta ti è andata bene, che non succeda più ragazzo>> mi avverte scherzosamente, ma so che in quelle parole c'è fin troppa verità. Vado al tavolo dei miei fratelli, avvertendoli che salterò anche la cena.
La prima portata è brodo di pollo, una mezza schifezza che preferisco non ingerire prima ancora di non vomitare tutto.

Mentre mi avvio verso l'uscita come d'istinto mi volto per dare un'ultima occhiata alla sala, e come temevo, vengo attratto da due piccoli occhi vispi e fulgidi già puntati su di me.
Colmi di curiosità, di interesse, di piacere, e questa sua intenzione di starmi così vicino mi fa sentire solo di più alle strette, di starle solo più lontano.
E poi chi dice che deve starmi vicino o che io sia costretto ad accoglierla nella mia vita?
Entrambi siamo liberi di scegliere, di essere dipendenti con le nostre stesse emozioni, solo che le mie hanno avuto una dura pugnalata, così facendo non ho avuto tanta scelta su quali poter utilizzare.
Ma lei sembra troppo, troppo per la mia portata ormai ridotta.

Il pensiero di ricordarla mi trafigge in due, come quando senti il cuore comprimersi tra le pareti del tuo petto, che ti manca il respiro ogni volta che cerchi di dimenticarti di quella persona che ha portato così amore nella tua vita che al pensiero di sostituirlo, di abbandonarlo, per quello di qualcun altro ti fa sentire solo in colpa.
E come lo spiegherai alla tua coscienza?
Come cercherai di convincerla che questo dolore ti sta portando solo allo sfinimento, che non hai più lacrime da versare perché ogni notte cerchi una posizione diversa per non fartele colare sul cuore, dove tu sei rimasta, e dove quel ricordo di te esisterà solo nella mia testa. Perché ogni sera vorrei abbracciarti, ma sono costretto a riempirmi la bocca di sabbia, la saliva si prosciuga come hanno fatto anche i miei occhi, che cercano insistenti di umidificarsi ma invano rimangono socchiusi ad immaginarti ancora al mio fianco. E sono di nuovo tristi, come dalla tua scomparsa.
E che cosa dovrei fare?
Prendermela con il mondo intero perché ormai non ci sei più?
Dimenticavo, tu adesso stai bene, ma sono io quello in crisi. E non piango più, non ne ho le forze, non ho più lacrime per tutti i momenti in cui ne ho versate quanto una cascata, forse come il pacifico, di cui mi sono ritrovato a nuotarci, a nuotare nel mio dolore.
E c'erano mani tese pronte a salvarmi, cercando di convincermi che loro sarebbero stati la mia salvezza. E non gli crebbi, proprio come non lo feci della tua morte.
Lo so io e lo sai anche tu di essere intrappolata nella mia testa, ed ogni giorno che passa un pezzo del mio cuore si distruggerà convincendosi che ormai sei molto più lontana da me, una lontananza che non potrà mai essere raggiunta.

Sfinito, la mente ruba ogni singola forza che mi rimane in corpo. Mi aggrappo alla parete come se qualcosa mi stesse spingendo sul pavimento, incapace di camminare e di continuare a vivere, di respirare.
Porto una mano al viso per accarezzarmi una guancia; qui posavi le tue labbra, i tuoi baci caldi.

E come ore fa sento di nuovo bagnarmi il viso dalle mie stesse lacrime, bloccato nel respingerle indietro.
E il loro percorso è dritto fino alle mie labbra, che accolgo e assaporo, il tuo sapore era come questo, ma più fresco e puro, come solo tu eri.

Sorrido per tutte le volte che ti persuadevo nel restare con me, e a notte fonda facevamo l'amore come due persone irregolari, pazze fino al midollo, e instancabili dell'altro, instancabili di ammirare i difetti e i pregi, perché sapevamo di essere belli insieme, solo noi due.
Ed ora eccoci qui, più soli che mai.

Respiro con affanno quando percepisco una presenza alle mie spalle, e con la coda dell'occhio, senza voltarmi per intero, identifico la persona. È ancora lei, la piccola e coraggiosa ragazzina dalla lingua lunga che si fa forza a raggiungermi per darmi qualcosa che, sicuramente, non saprà gestire.

<<Scusami se oggi sono stata così invadente, volevo esserti solo d'aiuto>> perché ora si dimostra dispiaciuta?
E questo suo tono malinconico da dove è uscito?  <<Io...>>

<<Non c'è n'era bisogno, ma grazie lo stesso.
O forse dovresti essere tu a ringraziare me per averti offerto il mio aiuto>> attratto dai suoi respiri pesanti mi volto nella sua direzione per scrutarla, guardarla con disprezzo dopo i suoi atteggiamenti presuntuosi. E quando lo sguardo gli si acciglia capisco che stia osservando con disappunto il mio viso, che ovviamente sarà arrossato per via delle lacrime.

<<Stai bene?>> domanda, raccogliendo le ciocche di capelli dietro l'orecchio.
Noto il sangue sulla manica della sua divisa, ritornando al momento di stamattina.

<<Una meraviglia. Adesso però vai dalle tue amiche, si staranno chiedendo perché ti trovi con uno stronzo come me, perciò va da loro e non farmi perdere tempo>> ruoto gli occhi dandogli subito le spalle, un'altra ondata di lacrime sta per traboccarmi dagli occhi.
Devo andare via di qui!

<<Perché ti comporti così?>> urla la ragazzina; in realtà me lo chiedo anch'io.

<<Perché ragazzine impiccione come te devono rimanere al loro posto!>> ribatto subito dopo essermi allontanato da lei.
<<Stammi lontano, ragazzina>> sussurro più a me stesso che a lei; ti farai solo male, e io non lo voglio.

E mentre varco la porta, tengo strette le mani attorno alla stoffa della divisa, proprio al centro, proprio dove vorrei strapparmi il cuore.
E quando mi ritrovo da solo nel corridoio posso dare sfogo al mio pianto, mantenendo il pensiero su quelle piccole iridi nocciola.
Fanno tanto male anche le sue. 🏁

___________________________________

Eccolo qui il "Capitolo 17" della storia😊🎉🎉🎉
Pian piano ci avviciniamo a bei momenti che verranno💕

⚠️ATTENZIONE, CAPITOLO REVISIONATO⚠️

Niente di niente. Non vi dirò nulla.
Ma ciò che vi chiedo è: avete mai provato questa sensazione di colpa? di pressione? di un dolore forte che non riuscireste minimamente a definire? di qualcosa o di qualcuno che vi manca così profondamente da piangere dal nulla solo ricordandola?
Questo è il modo in cui io sono riuscita a descriverla, sperando che anche da parte vostra sia stata compresa e apprezzata❤️

Vi aspetto al prossimo capitolo✨

ciaooo😙😜🙈🙉🙊

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