Primum non nocere

By FrancescaCaeli

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Sara non vuole una storia d'amore, vuole concentrarsi sui pochi esami che la separano dalla laurea in Medicin... More

Prologo - I Parte
1 - Trentaquattro millisecondi
2 - Il ragazzo della pizza
3 - Masochista
4 - Serate storte
5 - Il primo giorno
6 - Memoria anatomica
7 - Prenotare una TAC
8 - I Nervi cranici
9 - Tra simili
10 - Dai nemici mi guardo io
11 - Ordinare una pizza
12 - Verità maschili
13 - Le tre risposte
15 - Stazionario
16 - Pesce fuor d'acqua
17 - Una spesa tranquilla
18 - Macchinetta del caffè
19 - Conversazioni altrui
20 - Qualcosa in cambio
21 - Tre o quattro Moscow Mule
22 - Consapevolezze
23 - Problemi di controllo
24 - Santa Lucia
25 - Troppo
26 - In mezzo al mare
27 - Baci polverosi
28 - Porte che si aprono e che si chiudono
29 - Lasciar sfuggire
30 - A cosa stai pensando?
31 - Un bus affollato
32 - Non c'è
33 - Ritardatario
34 - Cene silenziose
35 - Per sbaglio
36 -Il lavoro del Portapizza
37 - Come sempre
Fine Prima Parte
Prologo - II Parte
38 - Un'ultima sigaretta
39 - Il Karma
40 - Sangue del suo sangue
41 - Incastrato
42 - Biscotti
43 - L'ABC
44 - Dubbi
45 - Corso Cavour Numero Quindici
46 - Tse Tse
47 - Ero fottuto
Fine Seconda Parte
Prologo - III Parte
48 - (Sara) Qualcosa era andato storto
49 - (Ale) Piano B
50 - (Sara) Videochiamate ottimiste
51 - (Ale) Quel dannato minuto
52 - (Sara) Wonderwall
53 - (Ale) Un qualunque motivo
54 - (Sara) Debolezze
55 - (Ale) Pugnalate

14 - Borderline

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By FrancescaCaeli

Avevamo lavorato fianco a fianco per tre pomeriggi di fila, riscrivendo e ricalcolando i dati raccolti e riuscimmo a finire la presentazione quel venerdì mattina.

-Così va bene...- dissi riguardandola un'ultima volta ed aggiunsi meno sicura visto il suo silenzio:- Non trovi?-

Lui si reggeva la testa con una mano, col gomito sulla scrivania, e fissava stanco lo schermo:- Si...può andare. Direi che più di così col preavviso che ci ha dato il prof non è possibile.-

-Sei un perfezionista eh?- mormorai, salvandone una copia sul computer ed inviandola per mail ai rispettivi professori.

Decisamente in quei pomeriggi quella non era la sola cosa che avevo notato di lui. Amava prendere spazio sul tavolo, mentre io occupavo a malapena lo spazio di un quaderno, lui disponeva penne, fogli e cartelle come se fosse uno stratega che doveva impossessarsi del territorio. Quando non era convinto su qualcosa si grattava dietro l'orecchio destro, come se quel gesto lo aiutasse davvero a pensare e il più delle volte funzionava. Inoltre detestava il telefono, il cellulare, il cercapersone e qualunque oggetto che impedisse un colloquio faccia a faccia, come se non vedere il viso di una persona lo privasse di conoscere le sue vere intenzioni. L'avevo visto alzarsi più e più volte per "andare a parlare" con qualcuno a cui sarebbe bastato fare una chiamata.

Era strano essersi accorta di tutte quelle sue peculiarità in così pochi giorni, ma non strano quanto sentirlo dire: - E tu sei decisamente una maniaca del controllo.-

Era dannatamente vero quello che aveva detto, ma non capivo come l'avesse dedotto in così poco tempo e voltandomi, incapace di fermare l'afflusso di sangue alle guance, sorrisi pronta a negare.

Lo sguardo del Portapizza sembrava non ammettere menzogne e le sue parole mi smascherarono definitivamente:- Non solo ti appunti parole sul palmo delle mani, ma il tuo desktop è pieno di post-it con le tue cose da fare, con quelle che vorresti fare e perfino con quelle che vuoi ricordare di fare agli altri.-

Presa in contropiede boccheggiai un po' offesa e lui ne approfittò per precisare:- Sei quasi al limite del disturbo ossessivo...-

Decisamente era riuscito a farmi innervosire, tanto che incapace di mordermi la lingua ribattei riferendomi ai suoi scatti d'ira:- Detto da un borderline è quasi divertente.-

Il suo sguardo verde si fissò su di me per qualche secondo e per un attimo mi parve di riuscire ad intravedere la sua indecisione tra il riso e la rabbia per quello che avevo detto.


In quel momento si spalancò la porta della sala medici ed entrò Stefano nervoso, sedendosi accanto a noi.- Quei due scansafatiche questa mattina hanno il colloquio per la tesi, quindi non verranno.- si lamentò riferito a Davide e Marco, sbattendo la testa contro il tavolo.

-Buongiorno anche a te Stefano.- lo salutò divertito il Portapizza, che forse aveva deciso di lasciar correre il mio riferimento alla sua personalità Borderline, o forse lo stava facendo apposta per non confermare la mia teoria.

-Voi due cosa ci fate già qui?- chiese curioso vedendo il tavolo sommerso da appunti e dal mio computer, che per la verità riportava solo tre piccoli post it innocenti.

-Abbiamo appena finito una presentazione per il congresso del prof.- spiegò sbrigativo Alessandro, allontanandosi in fretta da me, come lo infastidisse il fatto che Stefano ci avesse visto lavorare insieme.

Il ragazzo col pizzetto guardò curiosamente prima me, poi di nuovo il suo amico ed infine gli chiese:- Posso prendertela in prestito questa mattina?-

Il mio Tutor, ormai seduto alla sua postazione, non provò neanche a salvarmi dalle grinfie di Mr. Prepotenza che sapevo mi avrebbe fatto fare il lavoro dei miei colleghi, e senza degnarmi di uno sguardo rispose: - Fa pure.-

Io mi morsi la lingua sapendo dove lo specializzando di neurologia sarebbe andato a parare e non mi stupii affatto di sentir la sua voce:- Dolcezza, che ne dici di fare un paio di prelievi ai miei pazienti? C'è tutto l'occorrente nella sala infermieri. Ecco la lista.-

Senza possibilità di ribattere annuii prendendo il foglietto che mi porgeva con il numero delle camere da visitare, e mi avviai verso il mio destino.

Al di là dei compiti ingrati che mi aveva rifilato il "quasi" neurologo, mentre uscivo con l'occorrente dalla sala infermieri, constatai di essere davvero felice che quella mattina avessimo finito la presentazione. Lavorare con Alessandro non era stato poi così male, dopo quei piccoli chiarimenti: aveva un umorismo piccante, ma sapeva anche trarre il meglio dalle cose, senza lasciarsi abbattere.

Fu mentre pensavo a queste cose che effettuai quasi tutti i prelievi, fino a dirigermi verso l'ultimo paziente. Entrai nella stanza duecentoquarantadue, dove un uomo sulla cinquantina steso a letto, mi fissava un po' inquietantemente dentro la sua vestaglia bianca. Non era insolito, soprattutto in caso di malattie degenerative cerebrali, vedere i pazienti un po' allarmati al proprio ingresso in stanza, poichè alcuni spesso non riconoscevano l'ospedale come luogo familiare e vivevano le attività di reparto come uno stress.

-Buongiorno, sono qui per i prelievi. Stia tranquillo, faremo in un attimo.- spiegai meccanicamente con gentilezza, poggiando il vassoio con le provette e gli aghi sulle sue gambe.

-Mi dia il braccio per favore...- mormorai ancora avvicinandomi a lui e questi, sebbene avesse lo sguardo preoccupato, allungò il braccio destro verso di me.

-Perfetto!- dissi estraendo il laccio emostatico dalla tasca e passandoglielo attorno al bicipite – Ora vedremo se ha delle belle ven...-

Non feci in tempo a finire la frase che il paziente con uno scatto fulmineo, mi afferrò per il collo.

-Tu non mi inietterai il veleno!- gridò furioso e spaventato insieme.

Io portai le mani al suo braccio per allentare la stretta e feci due passi indietro, ma quello con furia si alzò dal letto per impedirmi di andarmene, facendo cadere il vassoio con un tonfo assordante.

-Signore... si calmi...- mormorai con voce spezzata.- Non volevo iniettarle nulla... era solo un...-

Sentii la sua presa sulla mia gola farsi più forte e l'ossigeno per parlare prese a mancarmi. In pochi attimi anche la vista prese ad annebbiarsi e mentre riflettevo su quanto ci avrei messo a svenire, percepii delle grida nel corridoio e dopo un'istante la presa dell'uomo arrestarsi.

Caddi indietro a terra, incapace di sorreggermi, prendendo a respirare affannosamente.

Sentii una donna parlare gridare con ansia:- Dobbiamo sedarlo!-

-No! Riesco a tenerlo, chiamate Rosie!-

Quella voce mi era decisamente familiare, e mentre i miei occhi riprendevano a mettere a fuoco notai una tuta verde trattenere per le braccia il paziente a letto.

-Chiamate Rosie...lei riuscirà a calmarlo!- urlò ancora.

Mentre mi portavo le mani alla gola arrossata, vidi l'infermiera dall'aria materna entrare preoccupata in camera.

- Gustavo! Cos'hai combinato?- lo sgridò avvicinandosi ad Alessandro.

L'uomo nel vederla sembrò ritrovare il lume della ragione, perché benchè ancora trattenuto dallo specializzando, riuscì a parlare:- Rosie, aiutami! Volevano avvelenarmi! Quel soldato voleva...-

-Gustavo sei in ospedale, non c'è nessun soldato! Nessuno vuole avvelenarti!-

-Mi sta intrappolando! Mi fa del male vedi?- gridò ancora provando a liberarsi dalle braccia del mio Tutor.

-Lui è il dottore, ti sta solo fermando perché rischi di farti male...vedi che ha la divisa dell'ospedale? Se ti calmi ti lascerà andare.-

L'uomo osservò da prima l'infermiera e poi il dottore, e poi d'un tratto smise di opporre resistenza iniziando a piagnucolare:- Io...io mi dispiace.-

Rosie si avvicinò a lui, ormai inerme vicino al letto e prese a consolarlo.

Alessandro, dopo aver atteso ancora qualche minuto, lo liberò e con passi veloci si avvicinò a me ancora a terra. – Stai bene?- chiese guardandomi con i suoi occhi verdi sinceramente preoccupati.

La voce mi uscì afona:- Si...- e questo sembrò preoccuparlo ancora di più perché mi portò le mani sulle spalle, come se volesse sollevarmi di peso da terra. Riprovai con più determinazione:- Sì...sì sto bene.-

-Riesci ad alzarti?-

Con fatica poggiai una mano a terra facendo leva, ma non so se fu la mia forza o la sua premura nel portare un mio braccio dietro sulle spalle, ad aiutarmi a rialzarmi da quel pavimento.

Senza dire nulla, mi accompagnò in infermeria, dove mi fece sedere su un lettino. Con una precisione maniacale, senza che potessi ribellarmi, visto che comunque non ne avevo la forza, osservò i segni rossi sul mio collo, misurò la mia saturazione d'ossigeno e osservò se avessi qualche contusione sulle braccia o alla testa. Solo quando riscontrò che, eccetto per una piccola escoriazione laterocervicale sinistra, non avevo nulla sembrò calmarsi.

-Torno subito.- disse abbandonandomi sul lettino ed uscendo furioso dalla stanza.

In quel momento non sapevo davvero cosa mi avesse più stupito, se la violenza del paziente o la premura di Alessandro nei miei confronti. Ancora non osavo pensare a cosa sarebbe successo se lui e l'infermiera non fossero arrivati in tempo. Non mi era mai capitata una cosa simile e sapevo che più che il male fisico, era stata la violenza in sé a spaventarmi. Non avevo mai immaginato che in un lavoro dove si ci dedica agli altri si potesse venir aggrediti con una tale brutalità.

Le assurdità di quella mattinata però non sembravano finite, perché mentre Rosie mi porgeva una sacca di ghiaccio da mettere sul collo per prevenire il livido, le grida di una furiosa litigata tra il mio Tutor e il suo collega riecheggiarono nel piano.

Fu l'infermiera a commentare con tranquillità il comportamento di Alessandro:- Ha fatto bene! Lui non è un tuo paziente e non potevi sapere fosse violento, ma Stefano e i suoi due tirocinanti lo conoscevano. Sapevano che soffriva di allucinazioni e avrebbero dovuto avvisarti o quanto meno accompagnarti.-

A me quella giornata sembrava tutta allucinante, non solo il signore della duecentoquarantadue, ma anche la furia con cui il Portapizza in tutina verde rientrò preoccupato in infermeria.

-Per me hai fatto bene a dirgliene quattro.- disse Rosie con sicurezza – Ritorno a vedere come sta Gustavo, se avete bisogno ditemi.- e ci lasciò solo nella saletta.

Alessandro sembrò concentrarsi un attimo sul respiro, come avesse bisogno di calmarsi, e poi, passandosi una mano tra i capelli sempre più spettinati, giunse d'innanzi a me: - Non ti sei bucata con l'ago vero?-

Io scossi la testa, allontanando il ghiaccio dal collo indolenzito:- No no, sono solo caduta...-

-Ti gira la testa? Hai nausea?- chiese ancora.

-No davvero... è tutto okay.- mormorai abbassando lo sguardo provata, perché ero consapevole che le mie mani tremassero ancora spaventate da quell'episodio.

Sentii la sua mano avvicinarsi e allontanare i capelli dal mio viso, ponendoli dietro l'orecchio con una premura che entrava decisamente in contrasto con le sue grida che avevo sentito poco prima: -Ascolta...se ti senti bene, oggi resta pure a casa. Ci vediamo lunedì, okay?-

Io annuii confusa da quel gesto o forse dal suoprofumo, fatto sta che il dubbio cominciò ad insinuarsi un poco dentro di me: possibile che con quegli sbalzi d'umore fosse davvero Borderline?


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