Perla guardò il padre e, come già capitato ai precedenti semidei, anche lei riconobbe una parte di sé nello sguardo del genitore sovrannaturale, così ne accettò la legittimità.
Justice osservò l'amica con espressione commossa. Voleva anche lei abbracciare suo padre. Voleva poter dire qualcosa a Perla. Ma nemmeno con tutta la sua intelligenza riuscì a trovare parole adeguate.
Lentamente scivolò verso la porta che dava verso il ponte emerso della nave. Notò lo sguardo di Perla e lo incrociò. Si batté il cuore con la mano. Il volto rigato dalle lacrime. L'amica si svincolò dalle possenti braccia del dio e le corse in contro abbracciandola strettamente, poiché intuì empaticamente il suo lo stato d'animo.
Fece il suo ingresso il sileno che, più prostrato di prima, portò il suo reverenziale saluto ad uno degli dèi più potenti dell'Olimpo.
«Porta a casa Perla», gli ordinò Poseidone prima di svanire così come era apparso.
Mancavano pochi minuti e la nave sarebbe stata divorata dall'Oceano. Il resto dei passeggeri era già al sicuro sulla terra ferma.
Il sileno tranquillizzò le ragazzine informandole che presto sarebbero venuti a prenderli.
«Che cosa stiamo aspettando, un taxi?» esclamò Justice notando con la coda dell'occhio una cosa insolita per una nave: un deltaplano pronto all'uso adagiato pericolosamente sul parapetto sbileco. Giudicò adeguato il vento che soffiava.
Le onde del mare si fecero via via sempre più alte, e infierirono impietose contro il relitto.
Proprio come aveva supposto sarcasticamente, Justice vide sul serio una specie di taxi sfrecciare sul pelo dell'acqua oceanica. "Finirò mai di sbalordirmi oggi?"
«Vieni con me, Perla!» suggerì Justice dichiarando di voler ritornare da suo padre»
«Ma come?»
Justice indicò con lo sguardo il deltaplano.
«Tu sei pazza! Soffro di vertigini io! Ho paura»
«Non più di questi strani individui, spero!»
Nel mentre, l'auto avvistata si avvicinò e l'autista si sporse dal finestrino.
«Servizio trasporto della ditta Ermes & figlio al vostro servizio!» gridò un ragazzo abbronzato sulla ventina, dai capelli corti, e dall'aria scanzonata. Poi si sbracciò in direzione del Sileno, incuriosito dai fagottini che aveva in braccio.
«Giovincello Aliseo, non è il momento giusto per scherzare!»
«Sicuro!» ribatté incurante l'autista che, con un comando vocale, attivò un sistema a montacarichi, cosicché le portiere dell'auto si adeguarono al livello del relitto affondante.
«Justice, io...»
«D'accordo Perla, fai come vuoi. Resterai comunque per sempre nel mio cuore! Addio!», le disse correndo verso il deltaplano al quale si imbragò a velocità sorprendente, e poi cadde giù dal parapetto un attimo prima che una poderosa folata di vento la spedisse in cielo. Il mezzo triangolare imboccò la direzione della spiaggia. La mossa di Justice aggiunse altra ammirazione agli occhi di Perla.
Aliseo e il Sileno subirono il fascino della coraggiosa ragazzina.
«Che tremenda, Justice!» esclamò Perla.
Il Sileno le chiese se conosceva quella ragazzina scatenata. Perla gli raccontò di come Justice aveva affrontato i mostri polpo. Parlapiano scoprì che sul serio aveva trovato due semidee. "Come ho fatto a non capirlo? Solo i figli degli dèi sono in grado di fronteggiare i mostri che serpeggiano nel mondo esterno".
Guadagnato l'interno dell'abitacolo semovente, Aliseo soddisfò la sua curiosità.
«Ma cosa abbiamo qui! Una ragazza, e tre marmocchi?»
«Trattali bene, questi "marmocchi" sono tuoi fratelli!» lo ammonì il Sileno Parlapiano. «E questa giovincella è figlia di Poseidone!», aggiunse con reverenziale rispetto. La rivelazione agitò a tal punto Aliseo che per poco non sbandò con l'auto.
«Dobbiamo recuperare anche l'altra?» domandò dopo aver ripreso il controllo del mezzo.
«Dobbiamo essere sicuri. Nessun semidio, per quanto in gamba, può sopravvive nel mondo. Se appartiene alla stirpe di qualche dio, deve venire con noi sull'Isola di Vera Delo», concluse.
Justice non era nuova nelle gesta spericolate. Volare con il deltaplano era sicuramente la cosa meno rischiosa fatta quel giorno.
Sorvolò bellamente il litorale di Brasilia, poi anche la città e rintracciò la zona dell'alloggio dove il padre la stava aspettando. Senonché, senza alcuna logicità, perse i comandi del mezzo volante. Non precipitò ma, in barba al vento contrario e quello ascensionale, il deltaplano volò contro; quasi avesse una volontà propria. La portò dritta dritta sul grande balcone del suo alloggio. "E questa è un'altra legge della fisica andata con le gambe all'aria!" esclamò in sé e con il cuore in gola.
Il deltaplano frenò dinanzi al papà Carson Kassidy. Justice lo sorprese seduto al tavolino a conversare amabilmente con una donna che non aveva mai visto prima.
Il deltaplano svanì nel nulla e la piccola archeologa atterrò delicatamente come una piuma.
«Hai trascorso una bella giornata Justice?» chiese la donna che, a giudizio di Justice, era molto affascinante. Troppo anche per il padre che pur tante donne lo ammiravano.
Avvicinandosi, Justice rafforzò la sua impressione. Vestiva un abito intero, di cotone grigio con le bretelline che le lasciava scoperte spalle e schiena. Aveva i capelli più scuri dei suoi, ma altrettanto lunghi e lisci. Sotto la frangia perfetta, il più bel paio d'occhi di colore grigio chiaro. Due cieli in procinto di scatenare tempeste.
Squadrò il padre. Le mani sudate che tormentavano un cocktail senza berlo, era il segno del suo nervosismo.
«Definisca "bella giornata", bella signora» rispose un po' piccata. «Papà...»
«Jus-Jus, tesoro, saluta tua madre» la esortò simulando un po' di serenità.
«Non temere Justice», emise la donna mentre, con un gesto lieve della mano, fece comparire una sedia vista mare e un sontuoso cocktail di frutti tropicali.
«È quello che preferisci, vero cara?»
«Beh, si, grazie!» rispose lei studiandole il volto.
«Non avete idea di quello che ho passato!», sospirò la ragazzina crollando sulla sedia apparsa.
«E invece sì!» ribatté il padre volgendo lo sguardo alla signora.
«Justice, non ti stupirà sapere che noi sappiamo. Sei molto coraggiosa e possiedi una notevole apertura mentale».
Con un altro gesto della mano, apparve una nuvoletta grigiastra che, come fosse una sfera di cristallo, proiettò un breve riassunto della giornata trascorsa da Justice.
L'espressione neutra della ragazza diede ragione alla signora.
«Come ti dicevo, tesoro, lei è tua madre»
«Perché non mi sorprende?» ribatté lei quasi sospirando.
«Sai che tutti i nostri viaggi, e le esplorazioni, hanno avuto come un unico comune denominatore la ricerca dei legami nascosti che mettono in correlazione le maggiori civiltà del mondo antico, e soprattutto l'idea che Delo...»
«Papà! Taglia corto! Siamo venuti a capo insieme all'idea che l'isola di Delo, della Grecia, presenta diverse anomalie che ci hanno fatto credere che non sia l'autentica isola dove la civiltà ellenica credeva fossero nati Artemide e Apollo. Ma questo cosa centra?»
«Quello che vuole dire tua padre è che è tutto vero», annunciò la signora.
«Ma...», Justice stava per protestare ma la donna fu più scaltra.
«Quante prove ti servono per accettare la verità dei fatti?»
«Io sono Justice Kassidy, figlia di Carson Kassidy, il più grande archeologo del mondo... non posso essere figlia di Atena...» asserì con voce tremula, consapevole di aver compreso chi lei era in realtà.
«Ma che figlia intelligente! Mi hai riconosciuta prim'ancora che te lo svelarsi!» esclamò Atena e Justice brillò d'oro per un lungo momento rimanendone incantata.
«Ma io, devo viaggiare con papà! Non abbiamo ancora finito di... ho brillato! Vuol dire che sono capace di fare cose pazzesche come Perla?»
«Tra pochi minuti verranno a prenderti e andrai sull'Isola di Vera Delo, la vera, unica e sola isola dove sono nati Artemide e Apollo» spiegò Atena. «E no, il potere che dono ai miei figli è tutto insito nelle testoline. Ciò che può fare l'intelletto spesso supera qualsiasi prodigio».
«Ma... questo vuol dire che...»
«Ovviamente non sei obbligata, sarà tua la scelta. Se decidi di restare con tuo padre sappi però che tutti e due sarete in costante pericolo. I mostri si celano ovunque nel mondo esterno. Sono furbi, scaltri, e in eterna caccia di semidei, specie se particolarmente dotati come lo sei tu, Justice. Quello che hai sconfitto oggi sulla nave è solo la punta dell'iceberg»
«Papà, da quanto tempo lo sapevi?»
«Da sempre» le rispose secco, non nascondendo però un senso di disagio.
Justice immaginò di perdere il padre, proprio come Perla aveva perso sua madre meno di un'ora addietro. Sentì il cervello raggelarsi.
«Ma... sulla nave ho visto un frammento del meccanismo di Anticitera! Dobbiamo recuperarlo, è il pezzo più importante del museo che...»
«La mamma mi ha spiegato anche di quello, e un giorno andrai a recuperarlo».
«E... siete stati qui a chiacchierare, osservando me e la mia amica che facevamo a gara a chi si rompeva l'osso del collo per prima?», domandò cercando di ricacciare rabbia pura appena montata.
«Sull'Isola ti aspetta una vastissima collezione di testi antichi nella biblioteca del mio tempio, e cose come il tempio di Artemide, il Faro d'Alessandria,...» sviò il discorso la dea.
«Aspetta, aspetta! Vuoi dire quel Tempio di Atena, quel tempio di Artemide, ma proprio quel Faro di Alessandria?».
La curiosità per i reperti antichi era il nutrimento del cervello di Justice, e la madre seppe stimolarla in quel senso.
«E può venire anche papà allora?»
Atena espresse un no con gli occhi accompagnato da un sincero dispiacere.
Justice guardò il padre. Quel suo viso bruciato dal sole. Le cicatrici collezionate arrampicandosi per sentieri impervi e pareti scoscese. I suoi occhi che non tradivano nessun sentimento, tranne l'amore paterno, che lo obbligava sempre a fare la cosa giusta per per il bene della figlia.
Prima che le guance si rigassero di lacrime, fece la sua apparizione la strana macchina guidata dal ragazzo adulto. Portava in braccio i tre gemellini. Il sileno gli era seduto accanto, e sul sedile posteriore c'era Perla, affranta per la grave perdita affettiva.
«Servizio di trasporto della ditta Ermes & figlio, ultima corsa per Vera Delo, tutti in carrozza!» gridò burlescamente Aliseo.
Justice si alzò dal tavolino, bevve tutta la bibita alla frutta, e quando posò il bicchiere s'accorse che il padre e Atena erano svaniti nel nulla. Non riuscì a salutare nessuno. "Grazie Atena. Se avessi abbraccio mio padre, avrei cambiato idea".
Entrò nell'auto volante e si sedette accanto alla nuova amica. Perla l'abbracciò. «Chiamami Greta, Greta per sempre, è Perla colei che è morta oggi»
«Comprendo perché me lo chiedi, e per questo ti appoggerò... Greta. Ricorda però che un giorno dovrai fare i conti con questa decisione».
L'abbraccio durò parecchi minuti.
Il segreto del vero nome della figlia del dio del mare lo condivisero Justice e il sileno Parlapiano, nessun altro.
***
Il ricordo di Justice terminò nel momento in cui la barchetta fu messa appunto per raggiungere la misteriosa casa galleggiante.
Le onde del mare impetuoso risuonavano come un ammonimento. Promettevano morte a chiunque avesse intrapreso la via del mare. Justice osservò la massa d'acqua in tumulto. «Non mi fai paura» sussurrò freddamente.
«Siamo sicuri che funzionerà?», domandò Axel steso a pancia in su sulla misera barchetta, dietro ordine di Justice.
«Basta che fai come ti ho detto. E tu, Ike, sei pronto?»
«Puoi giurarci!» esclamò il vigoroso figlio di Iride.
«ORA!» gridò Justice messasi al comando del timone del motore spento. Ike si immerse in acqua e, aggrappandosi al bordo della piccola imbarcazione, iniziò a nuotare sospingendola. Axel tirò un lungo respiro e dalla bocca soffiò tutto il fuoco che riuscì a emettere. Sembrava un drago.
La luce della fiamma s'infranse nelle microscopiche goccioline di acqua delle onde generando innumerevoli arcobaleni, l'elemento che rendeva Ike più forte del del normale.
La misera barchetta sfrecciò come fosse un bolide da regata! Justice, con i capelli al vento, mantenne strenuamente il timone in direzione della struttura, incurante dell'ustione al braccio, souvenir antipatico delle a streghe di Salem. L'acqua salata accentuò il bruciore. Strinse i denti determinata.