La mia salvezza

By DayStonege

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#3° romanzo della serie della salvezza Alexander Laspek vorrebbe una vita comune. Famiglia, lavoro e amici. M... More

CAST
Prologo
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Capitolo dodici
Capitolo tredici
Capitolo quattordici
Capitolo quindici
Capitolo sedici
Capitolo diciassette
Capitolo diciotto.
Capitolo diciannove
Capitolo venti
Capitolo ventuno
Capitolo ventidue
Capitolo ventitré
Capitolo ventiquattro
Capitolo venticinque
Capitolo ventisette
Capitolo ventotto
Capitolo ventinove.
Capitolo trenta
Capitolo trentuno
Capitolo trentadue
Capitolo trentatré
Capitolo trentaquattro
Capitolo trentacinque

Capitolo ventisei

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By DayStonege

Capitolo ventisei.

«Dobbiamo per forza coinvolgere il tuo amico?».

Siamo ancora nello studio di quel maledetto, dopo il nostro piccolo momento romantico siamo tornati alla realtà. Ho spiegato a Carmen cosa intende fare Hans e lei non ci sta.

«E poi perché gli hai raccontato tutto?».

Alzo gli occhi al cielo. «Perché stavo per andare ad uccidere tuo marito! L'ho incontrato per caso e mi ha fatto ragionare. Se avessi saputo sin dall'inizio del tuo coinvolgimento, non gliene avrei parlato».

Lei si passa una mano tra i capelli. «Come gli spiegherai che non possiamo prendere quei documenti?».

«Semplicemente non lo farò. Potresti subire un processo se le cose dovessero andare per il verso storto, non voglio coinvolgerti».

«È impossibile», scuote il capo, «non puoi senza di me, l'hai detto tu stesso».

«L'ho detto, ma non pensavo che la posta in gioco fosse così alta».

«Collaborerò con gli inquirenti, posso avere uno sconto di pena o addirittura i domiciliari».

«Non se ne parla».

Lei mi prende il viso tra le mani, mentre io sto appoggiato alla scrivania. Entrambi in piedi ci guardiamo negli occhi. «Lo farò con o senza il tuo permesso».

«Non posso permettere che tu...».

Mi tappa la bocca con un bacio ed io mi rianimo. La prenderei ancora, qui e adesso, ma lei si stacca troppo presto. «Il tuo amico ci consiglierà. Andiamo da lui».

«Sei disposta a raccontarle la tua storia?».

Lei annuisce. «È per il nostro bene. Tu non sei d'accordo? Ti vergogni di me?».

L'abbraccio, affondando il viso tra i suoi capelli lisci e profumati. «Assolutamente no», le dico.

Lei mi bacia il collo. «So che sei sincero».

«Non sono bravo con le parole».

«È proprio per questo che ti credo. Non parli a vanvera, quel poco che dici è chiaro».

Rimaniamo abbracciati per qualche istante, fino a quando non interrompo il silenzio.

«Andiamo da Hans», le dico, «vestiti, io vado a preparare la macchina».

Lei mi accarezza il viso, indugiando sulla barba. Mi piace. «È meglio di no. Björn potrebbe scoprire i nostri movimenti tramite il GPS dell'auto ed insospettirsi. Prendi l'auto, parcheggiala davanti all'associazione e raggiungimi alla fermata del taxi che si trova duecento metri più sotto. Io sarò lì ad aspettarti, insieme andremo da Hans».

Annuisco, totalmente ammaliato dai suoi occhi, ma consapevole del fatto che lei ha perfettamente ragione e che dobbiamo andarci cauti.

****

Mentre Carmen, seduta con le spalle rigide, racconta tutto ciò che deve ad Hans, io studio entrambi.

Lui non sembra sconvolto, l'ascolta senza giudicare ne interromperla. Tiene le mani giunte sotto il naso, i gomiti appoggiati sulla scrivania e gli occhi completamente rivolti verso di lei. Non che io mi intenda moltissimo di linguaggio del corpo, ma mi sembra la postura tipica di chi sta ascoltando con interesse e sta registrando parola per parola nella sua mente. Questo mi fa mentalmente sospirare di sollievo.

Poi rivolgo verso Carmen. Non sembra nervosa come quando lo stava raccontando a me. Sta con la schiena dritta, seduta proprio sul filo della poltrona, le gambe accavallate e le mani appoggiate sul grembo. Ad eccezione di quando scrolla il capo per togliersi i capelli da davanti gli occhi, non compie nessun tipo di movimento.

Noto con stupore che non si sofferma sulla sua infanzia, non tenta di giustificarsi, non prova vergogna.

Tutte cose che invece con me ha fatto.

Ciò me la fa amare ancora di più.

Perché capisco che era sincera, quando mi ha confessato di non aver temuto il giudizio altrui, se non il mio. Le sue parole mi fanno meglio comprendere quanto io le piaccia, quanto ci tenga a me.

Come se avessi bisogno di un'ulteriore prova, vero Alexander?

La mia coscienza si fa sentire e non posso darle torto. Cosa potrei chiedere ancora a questa donna? Sta remando contro la sua stessa vita per venirmi a salvare in mezzo alla tempesta, senza che io le abbia mai dato delle rassicurazioni, le abbia fatto delle promesse.

Mi sono sempre ritenuto un uomo molto coraggioso, ma devo ammettere che Carmen non è da meno. Altrimenti, non sarebbe qui.

«Tutto qui?».

La voce di Hans mi ridesta dai miei pensieri.

Vedo Carmen accigliarsi. «Bé', sì. È...tutto qui», balbetta.

Capisco il motivo del suo cipiglio, così la tolgo dall'impiccio. «Non sembri scioccato», commento, rivolto ad Hans.

Carmen approva annuendo.

Hans sposta i suoi occhi castani su di me e solleva un sopracciglio. «Perché dovrei?».

Carmen sembra vacillare. «Ti ho appena raccontato di essere stata una prostituta e una narcotrafficante, di aver sposato un criminale che potrebbe ucciderci tutti da un momento all'altro».

«Non che sia un vanto», commenta Hans, «ma durante la mia carriera ho sentito di peggio. Voi siete dalla parte dei buoni, ma io ho difeso assassini, stupratori e ladri chiaramente colpevoli. È il mio lavoro sentire queste storie, e lo è anche difendere anche la persona più indifendibile di questo pianeta, nonostante mi faccia ribrezzo e sappia dalla loro stessa bocca cosa hanno fatto».

Io e Carmen siamo entrambi un po' intontiti ed Hans se ne accorge. Indica il nostro trio con un gesto della mano.

«Siamo un bel terzetto: Alexander ha ucciso chissà quanta gente per la pace del paese, tu Carmen avrai dato la dose letale a qualche povero drogato ed io adesso ti difenderò. Siamo delle brutte persone», commenta e si fa una risata, «l'avvocato, la puttana e il militare. Potrebbe essere il titolo del nuovo cinepanettone italiano di quest'anno».

Detto questo si lascia andare in una grossa risata ed io non so se prenderlo a pugni per quello che ha detto o ridere con lui.

Sento Carmen ridacchiare, quindi non deve essersi offesa. Posso lasciar correre anch'io.

«E allora?», chiedo, impaziente, «Che ne pensi?».

Lui sospira. «Amico, la prima cosa che penso è che la tua capacità di metterti nei pasticci potrebbe essere d'ispirazione per un film con Jim Carrey».

Lo guardo male. Basta stronzate.

Lui capisce e continua. «La seconda cosa, quella più importante, è che non possiamo affrontare tutto questo da soli. Sarò pronto a difendervi a spada tratta in tribunale, ma per arrivarci dobbiamo fare di tutto per restare vivi. Questo, purtroppo, non rientra nelle mie capacità».

Vorrei essere meno stronzo e ammettere che ha ragione, ma non ci riesco. «Quando sono venuto per Elsa...».

«Ti ho detto che ti avrei aiutato», mi interrompe Hans, «ma ti ho detto anche che avevo bisogno di prove certe, di una base solida da mostrare ai giudici».

Sbuffo, contrariato. «Ma hai sentito cosa ti ha appena raccontato?».

«Perfettamente», fa lui, con tutta calma, «rispetto all'ultima volta che ci siamo visti le carte in tavola sono cambiate e questo l'ho capito. Non potete portarmi ciò che mi serve senza essere scoperti e probabilmente uccisi».

Anche Carmen sembra spazientirsi. «E allora? Come dovremmo comportarci?».

«Non devo essere io a dirvelo».

«Mi prendi in giro?», chiedo, esterrefatto.

«Lo sapevo!», esclama Carmen, «Ti avevo detto che non ci avrebbe aiutato!», mi accusa.

«Io non posso aiutarvi nemmeno se volessi», ripete Hans, «ma qualcun altro che io conosco bene può farlo».

«Chi?», chiediamo io e Carmen, in coro.

«Ho un amico ai piani alti, al commissariato di polizia. Più precisamente, il commissario», fa lui.

«Come potrebbe aiutarci?», chiede Carmen.

«Questo io non lo so», precisa Hans, «lo sa solo lui. Gli parlerò e ci incontreremo di nuovo qui, noi quattro, per discutere il da farsi».

«Quando?», chiedo.

«Quando ce lo dirà lui».

«Ma è assurdo!», esclama Carmen, «potrebbe essere domani o fra un mese, o fra un anno!».

«È vero», le do man forte, «e chi ci dice che sarà colui che ci darà una soluzione?».

«Io», fa Hans, «dovete fidarmi di me. Tu, Alexander, hai aspettato per vent'anni la tua vendetta per Elsa, mentre tu Carmen hai detto ciò che sapevi solo dopo dieci anni. Io dico che potete aspettare ancora. Dobbiamo essere cauti, lo capite? Dobbiamo scegliere accuratamente di chi fidarci ed è per questo che devo essere io per primo a parlare con questo mio amico. Voglio capire se può aiutarci senza coinvolgervi troppo. Non posso esporci a pericoli inutili, siamo intesi?».

Il tono di Hans è calmo ed autoritario e finalmente riesce a placare i bollenti spiriti miei e di Carmen. Il suo ragionamento non fa una piega: sta volta non abbiamo a che fare con una ragazzina annoiata come Flavia, ma con suo padre, uno dei peggiori criminali che il mondo abbia mai visto. Non possiamo permetterci di sbagliare, se abbiamo cara la vita.



Solo una piccolissima cosa: solo io sbavo di fronte alla gif in testa al capitolo?

David Gandy è di una bellezza più unica che rara!

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