Capitolo dieci

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Il mio percorso verso casa Zimmerat è più veloce di quanto voglia

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Il mio percorso verso casa Zimmerat è più veloce di quanto voglia. Perché non c'è mai traffico, quando serve?

Vi state chiedendo perché sono isterico come una casalinga?

Il fatto è che l'idea di Hans mi mette molta paura. Accettare l'impiego come guardia del corpo di Carmen è un'arma a doppio taglio, in diversi sensi. Sarei sotto tiro della perfidia di Flavia, che non è cosa da poco. Ma c'è dell'altro, anche se mi costa ammetterlo. Non posso pensare di stare a contatto con la donna che sogno tutte le notti senza nemmeno provare a rendere le cose più intime di come dovrebbero essere. Perché sarebbe troppo chiedermi di resistere a baciare quelle labbra imbronciate, cercare di non afferrare quelle cosce perfette e generose e non inalare il suo profumo dannatamente femminile. Mi prenderei a schiaffi: non solo ho scopato la figlia di Zimmerat, adesso vorrei fare lo stesso con la moglie.

Entro nel giardino dei Zimmerat con l'auto di mio padre e cerco di parcheggiarla in un posto un po' meno vicino. Mi sentirei ridicolo a metterla vicino al luccicante Range Rover bianco vicino al qualche sono appena passato. Esco dall'auto e mi dirigo alla porta. Dopo aver suonato il campanello, viene ad aprirmi il solito cameriere sessantenne.

Mi saluta cordialmente. «È un piacere rivederla, signor Laspek. L'annuncio al signor Zimmerat?».

«Sì, grazie».

Lui fa mezzo inchino ed io alzo gli occhi al cielo. Quante cazzo di esagerazioni, manco fossi alla corte dello Zar!

Lo seguo dentro la casa che continuo ad ammirare per la sua raffinatezza. Non biasimo le scelte di Björn, se anch'io avessi avuto tutti i suoi soldi avrei voluto vivere in una reggia sfarzosa.

Il cameriere apre la porta dell'ufficio del signor Zimmerat e pochi secondi dopo si fa da parte per farmi passare. Lo ringrazio con un cenno del capo e appena sono dentro chiudo la porta dopo di me.

Zimmerat si appoggia alla sua lucidissima scrivania di mogano e si solleva. Mi viene incontro, sorridendo, poi mi porge la mano. «Signor Laspek. Sono felicissimo di vederla».

Non potrei dire lo stesso, ma mi fingo cordiale. «Anch'io sono molto contento di essere qui, oggi. Vorrei parlarle».

Lui annuisce e la pelata riflette la luce che trapela dall'enorme finestra che da sul giardino. Mi indica una sedia. «Ma certo. Si segga».

Mi accomodo. «Grazie».

Lui fa il giro della scrivania e crolla sulla sua poltrona di pelle, che scricchiola. «Prego. Mi dica tutto».

Deglutisco e mi faccio coraggio. «Bene. Ho preso seriamente in considerazione la sua offerta di lavoro. Se per lei va ancora bene, vorrei accettarla».

Lui sorride, mostrando una fila di denti ingialliti. «Oh, sono molto felice di sentirlo! Ovviamente la mia proposta è ancora valida».

«Ottimo».

La mia salvezzaWhere stories live. Discover now