Capitolo trentadue

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"Fanculo, Carmen, ho già avuto la mia spiegazione e va bene così. Scopi qua e là e spendi i soldi di quel cesso di tuo marito. Scusa se sono sorpreso, evidentemente mi ero fatto un'idea sbagliata di te. Sicuramente migliore di quella giusta, che tu stessa mi hai appena fornito".

Non ricordo il preciso istante in cui ho detto quelle parole, nonostante mi rimbombano in testa da ore. Ricordo solo che conoscevo Carmen da poco e che ancora non sapevo cosa ci fosse oltre le gambe toniche e gli occhi ammalianti.

L'unica cosa che so, è che mi sento l'uomo peggiore del pianeta. Lei adesso mi odia e ne ben motivo. Mi sono scopato la figliastra, l'ho messa in una situazione di merda che l'ha costretta a rinunciare alla sua vita agiata e infine l'ho delusa, abbandonandola sul ciglio della strada quando più aveva bisogno di me.

In questo momento, anche mentre il mediatore culturale mi traduce ciò che dice il commissario italiano, non riesco a pensare a quanto io sia un fallito.

È vero, ho ottenuto la mia vendetta per la morte di Elsa, ma ho perso Carmen per la mia stupidità. Come ho potuto pensare che le due cose non potessero essere collegate? Sono stato uno sciocco, quando ho pensato che potevo avere sia la donna di cui mi ero innamorato, sia giustizia per l'unica donna che avessi mai amato fino a quel momento. Quasi rido di me stesso, per quanto sono incasinato.

«Pare che il signor Laspek non sia dell'umore giusto per continuare».

A quelle parole, sollevo lo sguardo. Senza che me ne accorgessi, Andreas Luirsman mi ha appoggiato una mano sulla spalla e si rivolge al mediatore culturale, che tempestivamente traduce al commissario italiano, un sessantenne panciuto che vedrei meglio in un fast food piuttosto che nella camicia troppo stretta per la sua pancia prominente.

Guardo dritto negli occhi Andreas e scuoto il capo. Voglio sbrigare al più presto questa faccenda e cercare di sistemare le cose con Carmen. Voglio quantomeno tentare, anche se so già che lei mi rifiuterà.

Andreas annuisce, ma è al mediatore culturale che si rivolge. «Ho il rapporto della polizia, posso spiegare io al signor Laspek le cose nel dettaglio. Per la stupida burocrazia, c'è tempo. Sta arrivando il suo avvocato, oltretutto».

Una volta detta la traduzione del mediatore e un cenno di assenso del commissario, Andreas si dirige verso la porta ed io lo seguo come un cane bastonato. Mi fa entrare in un piccolo ufficio e mi invita a sedermi. Lo faccio e lui mi imita.

«Tuo fratello, Hans e un loro amico stanno venendo qui», esordisce.

«Mio fratello e Stefan?», domando, instupidito.

«Così pare».

Mi passo una mano tra i capelli, mentre la consapevolezza di fa strada nella mia mente. «Probabilmente la mia famiglia sa tutto».

Andreas solleva un sopracciglio. «Suppongo che telefonare alla moglie di tuo fratello, nel panico come una diciottenne che non sa cosa mettersi per il ballo della scuola, abbia contribuito a creare un clima tale che Hans non si è potuto sottrarre dal dire la verità sul tuo viaggio improvviso».

«Pensavo che...».

«Sì, pensavi che i telefoni fossero intercettati ed effettivamente era così. Ma il tuo sforzo è stato inutile, perché Björn si era già mosso. Fosse stato il contrario, era stata comunque un'idea stupida, perché chi sapeva di tutta questa storia avrebbe capito che si trattava di una richiesta d'aiuto importante. E, come abbiamo già potuto costatare, Björn vi spiava da tempo».

Sospiro, abbattuto. Non so nemmeno cosa rispondere.

«Sei davvero un pessimo militare, quando si tratta di gestire situazioni a te troppo vicine. O forse stai solo invecchiando. In entrambi i casi, hai fatto bene a ritirarti».

La mia salvezzaWhere stories live. Discover now