Capitolo sette

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Maroon V- Don't Wanna Know

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Maroon V- Don't Wanna Know

Mi sudano le mani. Alcune gocce mi colano anche sulla schiena, scendendo dalla nuca. Sono smanioso, mentre il cancello automatico di casa di mio fratello Arran si apre lentamente. Porca miseria, non è mai stato così lento. Non aspetto nemmeno che si spalanchi del tutto, ci passo attraverso appena si crea lo spazio minino per far passare la Seat di mio padre. Do un colpo di acceleratore e, dopo aver tirato il freno a meno, scendo furiosamente dall'auto, lasciandola lì in mezzo al giardino. Ella deve avermi visto dalla finestra, perché spalanca la porta di casa appena sbatto con violenza lo sportello dell'auto. È crucciata, lo vedo mentre salgo i tre gradini del portico con un solo salto.

«Ma che diamine...».

Non ascolto nemmeno Ella, neanche la guardo. Le passo accanto e lei chiude la porta dietro le mie spalle, sbuffando. Mi fermo al centro del salotto e la vedo. Mi da le spalle e sta sorseggiando un intruglio che sembrerebbe tè.

«Carmen», la chiamo, col cuore il gola.

Lei si volta e si mette in piedi, la tazza bianca ancora in mano. Non avrei mai pensato che potesse essere più bella di quando l'ho vista la prima volta, ma è così. È divinamente bella, stretta nel suo tubino indaco e con una giacchetta blu scuro appoggiata sulle spalle. Piega la testa di lato e i capelli corti le accarezzano il collo lungo ed aggraziato. Un mezzo sorriso si forma sulle sue labbra colorate di un rosa acceso. «Ciao, Alexander».

Tento di darmi un contegno, posandomi una mano sul petto. Il cuore corre all'impazzata e non so se è per la paura o perché lei è così fottutamente bella. «È un piacere vederti».

Lei annuisce. «Devo parlarti di Flavia», mi dice.

Il mio stomaco precipita a terra e il sangue mi rimbomba nelle orecchie. «Sì, certo».

Ella, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, mi mette una mano sulla spalla. Sussulto e lei mi guarda accigliata. Scrollo le spalle e, dopo avermi lanciato un'occhiata della serie "tu non me la racconti giusta", si rivolge a Carmen. «Può stare qui tutto il tempo che le serve. Posso offrirle qualcos'altro?».

Carmen scuote il capo. «No, grazie».

«Bene», fa Ella, rivolgendosi a me, «sono in cucina, se hai bisogno di qualcosa».

Annuisco e lei si allontana ancheggiando.

«Allora...», inizia Carmen.

«Certo, dimmi».

Lei si acciglia. Ha notato il mio nervosismo, quindi è meglio che mi dia una calmata. Si siede sul divano immacolato di Ella e accavalla le gambe. Io mi sistemo accanto a lei. Siamo distanti meno di mezzo metro ed avverto il suo profumo speziato. Manda in festa le mie narici e calma in un certo senso il mio nervosismo.

«Alexander, vorrei che tu fossi sincero con me», mi dice.

Annuisco, sperando che non mi chieda quello che penso.

La mia salvezzaWhere stories live. Discover now