La mia salvezza

By DayStonege

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#3° romanzo della serie della salvezza Alexander Laspek vorrebbe una vita comune. Famiglia, lavoro e amici. M... More

CAST
Prologo
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Capitolo dodici
Capitolo tredici
Capitolo quattordici
Capitolo quindici
Capitolo sedici
Capitolo diciotto.
Capitolo diciannove
Capitolo venti
Capitolo ventuno
Capitolo ventidue
Capitolo ventitré
Capitolo ventiquattro
Capitolo venticinque
Capitolo ventisei
Capitolo ventisette
Capitolo ventotto
Capitolo ventinove.
Capitolo trenta
Capitolo trentuno
Capitolo trentadue
Capitolo trentatré
Capitolo trentaquattro
Capitolo trentacinque

Capitolo diciassette

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By DayStonege


Sia - The Greatest

«Ma come si permette quella...quella...».

Seguo Carmen in silenzio, con un perenne sorriso cucito sul volto. Lei mi sta davanti, mentre siamo diretti all'auto che ho lasciato in fondo al viale. Pesta i tacchi furiosamente, contro l'asfalto innocente. Marcia a passo di carica, imprecando, col fiato corto.

Non riesco a farmi scappare una risatina.

Lei si volta verso di me, inorridita, puntando le mani sui fianchi. «E tu ridi, pure?», mi chiede.

Metto le mani nelle tasche dei pantaloni, godendomi le sue espressioni. È molto arrabbiata. Ed è bellissima. Ma non lo dirò ad alta voce, nemmeno sotto tortura. «E cosa dovrei fare?», le chiedo, divertito.

«Avresti dovuto intervenire, invece di startene lì a goderti la scena».

Ma certo, come se non fosse stato memorabile. «Siamo passati al tu, adesso, signora Zimmerat?», le chiedo, con un sopracciglio sollevato.

«Al diavolo!», esclama lei voltandosi e continuando la sua marcia.

Con un sorrisetto sulle labbra riprendo anch'io la marcia, senza risparmiarmi lunghe occhiate al suo sedere. «Davvero molto fine, signora. Questo lo ha imparato nell'alta società berlinese?».

«Taci!», mi ordina, senza voltarsi ne fermarsi.

Rido di gusto e lei arresta nuovamente la sua marcia.

Si volta, togliendosi i capelli dal viso. «Vuoi smetterla?».

«Di fare cosa?».

«Di ridere».

«Non lo farò», ribatto.

Caccia una ciocca di capelli lisci dietro l'orecchio. «Ti piace davvero così tanto?».

Capisco immediatamente a cosa si riferisce e non mi va nemmeno di fingere con lei. Chi se ne importa, di quello che pensa, di quello che vuole. «Sì».

La sua bocca si spalanca. «Non cerchi nemmeno di dissimulare!».

Faccio schioccare la lingua, sfoderando il mio miglior tono saccente. «Perché, dovrei?».

Lei, per tutto risposta, fa un urletto esasperato. Poi ringhia. Ringhia, porca puttana. Ed io non so se ridere o prenderlo come un complimento. Perché tutta questa tiritera, sta avvenendo per un solo motivo: lei è gelosa. Gelosa di me.

Devo scoprirlo.

Accelero il passo e mi piazzo davanti a lei.

Ha il fiatone e le guance arrossate. «Andiamo!», esclama.

«No, aspetta».

Caccia un altro urletto, come una bambina capricciosa. «Fammi passare!».

Un po' di persone si voltano verso di noi, incuriosite. Questo non mi piace, perché alcuni di loro potrebbero riconoscerla e farsi strani pensieri. E, peggio, potrebbero azzeccarci.

«Abbassa la voce», la rimprovero, «qui è pieno di gente».

Lei si guarda attorno con circospezione e sembra calmarsi, ma senza abbandonare il suo cipiglio indispettito. «Portami a casa».

«Lo farò, ma prima devo chiederti una cosa».

Sospira, furiosa. Dannazione, è così bella mentre tira fuori l'aria dalla bocca imbronciata. «Fallo e andiamo via».

«Sei gelosa?».

Io sono fatto in questo modo. Sarà anche perché la natura mi ha fatto uomo e non donna. Sono diretto, non uso mezzi termini inutili. Forse avrei potuto farlo quando avevo vent'anni, ma adesso che ne ho quasi il doppio non mi va di perdermi in stupide frivolezze.

Appena Carmen recepisce la mia domanda, sulle prime, è scioccata. Sbarra gli occhi e successivamente, ma solo per pochissimi istanti, talmente pochi che ne posso dubitare, passa nel suo sguardo un lampo terrorizzato. Segue la rabbia, un fuoco imponente che le fa stringere le pupille per far spazio al caldo color cioccolato delle iridi. «Che cosa te lo fa pensare? Il tuo ego è davvero così smisurato?».

Allargo le braccia. «C'erano un sacco di persone in quell'ambulatorio e tu guarda caso litighi con Eva?».

«È stata lei ad iniziare!».

«Te la sei cercata, visto come mi hai trattato».

Alza gli occhi al cielo. «Ammetto che quello è stato un colpo basso, Alexander, ma mettiti in testa che io non sono gelosa!».

«E questo, allora?», dico, indicando lo spazio che ci separa, «questo che cos'è?».

Inizia a camminare e da dietro un spalla mi dice: «Frutto della tua fantasia».

La seguo silenziosamente, rimuginando su quello che ci siamo appena detti, ed inizio ad arrabbiarmi anch'io. Non sono un visionario e non credo nemmeno di star ingigantendo le cose. Non riesco a prendere in considerazione l'idea di dire queste cose, solo perché mi sono irrimediabilmente invaghito di lei.

Ma ho bisogno di una conferma.

Siamo arrivati all'automobile ormai, e la apro cosicché lei vi prenda posto. Sta volta torna a sedersi sui sedili anteriori, accanto a me. Forse anche per lei la conversazione non è finita. Salgo anch'io e faccio partire l'auto, immettendomi nella solita strada.

Ma quella conferma di cui ho tanto bisogno, non può aspettare.

Prendo un'uscita prima della solita e mi immetto in una strada secondaria, dall'asfalto sdrucciolevole.

«So che di qua si arriva prima, ma questa strada è stata chiusa da tempo. È senza sbocco da anni», dice Carmen.

«Questo lo so anch'io», ribatto, scalando di marcia.

«Perché rallenti?».

Scalo in seconda mi dirigo verso la fine della strada, dove l'uscita è stata sbarrata. C'è molta vegetazione attorno a noi e da qualsiasi angolazione l'auto non si vede.

E finalmente mi fermo, per ascoltare la mia conferma.

«Ma cos...».

Non ha tempo di finire la domanda, perché io sono già su di lei. Indossa la cintura di sicurezza e i suoi movimenti sono limitati.

Tanto meglio.

Non che io abbia intenzione di stuprarla, ma non ce la faccio più a tormentarmi. Devo sapere se quella dell'altra volta è stata un'avventura occasionale o se le piaccio davvero. Questo è, secondo me, l'unico modo che ho per capirlo.

Poso le labbra sulle sue, inizialmente forzandole. Ma dura poco. Dopo qualche istante di reticenza le sue mani stringono con forza i miei capelli, mentre la sua bocca mi accoglie. Le nostre lingue danzano insieme, massaggiandosi reciprocamente.

Ed io ho finalmente la mia conferma.

Mi stacco da lei, rimanendole comunque a pochi centimetri dal viso. «Anche questo è frutto della mia fantasia?».

Lei respira affannosamente. «No, ma della mia».

Mi attira a sé, stringendomi i capelli dietro la testa. Ci baciamo ancora, furiosamente, come se ne andasse della nostra stessa vita.

Non vorrei farlo, ma mi costringo ancora una volta a staccarmi da lei. «Perché pensi che sia una tua fantasia? Sta accadendo per davvero».

Lei abbassa lo sguardo. «Perché non posso».

È malinconica e mi si stringe il cuore. Le accarezzo teneramente i capelli. Quello che sto per dirle farà più male a me che a lei. «Puoi. Non è la prima volta che tradisci tuo marito, portandoti a letto il primo che capita».

Lei fa una risatina amara. «Sarebbe così, se tu fossi il primo che capita».

Le sue parole mi disorientano e mi confondono. Mi rendono felice e triste allo stesso tempo.

E lì capisco che è meglio stare i silenzio. Saranno i fatti a parlare.

Metto da parte la mia coscienza, il mio orgoglio ed il mio buon senso. E la bacio ancora.

È precisamente quella l'unica parola che mi vortica in testa.

Ancora.

Sta volta è lei che si stacca da me. «Non riesco a smettere».

«Non devi», mugugno, mordicchiandole le labbra.

Lei si slaccia la cintura di sicurezza ed io, quasi simultaneamente, sono sopra di lei. Sbatto la testa sul tetto della macchina, ma non sento nulla. Mi piego e schiaccio il bottone che fa abbassare il sedile di Carmen.

Ed è così che ho finalmente l'opportunità di sdraiarmi su di lei.

«Non torneremo indietro da questo», mormora.

Le accarezzo il viso. «Io sono rimasto indietro già prima. Sono rimasto indietro dal primo momento che ti ho vista».

Mi aspetto che mi sorrida. Che mi getti le braccia al collo e che ammetta che sono romantico, che aspettava da tempo ciò che le ho appena detto. Ma non lo fa. Scosta il viso facendo ricadere la mia mano.

«È proprio per questo che non posso farlo».

In quel momento un macigno si posa alla base del mio stomaco. Lei nemmeno mi guarda ed io torno frastornato al posto guida, sistemandomi distrattamente i capelli, dei quali, francamente, non me ne fotte un cazzo.

Capisco cosa Carmen ha voluto dirmi.

E mi rendo conto che non posso averla.

Perché non è così semplice come tradire suo marito di tanto in tanto. È altro. Sarebbe difficile troncare o tornare indietro senza farci più male di quanto ne stiamo già subendo.

Cala un silenzio glaciale e lei solleva il suo sedile.

«Ho capito», mormoro.

Lei punta lo sguardo di fronte a sé. «Preferisco che tu mantenga la bassa opinione che hai di me. Fa male, ma di meno rispetto a quello potremmo farci se questa cosa continua».

Sollevo lo sguardo che avevo puntato sulle mie ginocchia e la osservo. «Non ho un'opinione bassa di te. Non potrei averla nemmeno volendo».

Lei si volta a guardarmi. «È meglio lasciare le cose così come stanno, Alexander, perché se dovessi innamorarmi di te complicherei solo le cose».

E se io lo avessi già fatto?

Annuisco e tengo per me i miei pensieri.

Quando mi rimetto in autostrada, lei guarda fuori dal finestrino con aria pensierosa.

E non resisto.

«Ti era mai successo prima?».

Forse le mie parole le arrivano in ritardo, perché solo dopo parecchi istanti si volta verso di me. «Di tirarmi indietro, intendi?».

Annuisco.

«Mai».

Annuisco ancora.

«E a te?».

«Non ho una relazione con una donna da anni. Non so nemmeno più come si fa».

«Io non ho mai avuto una relazione d'amore».

Questo mi suggerisce più cose di quanto lei vorrebbe. È palese ormai che non ama suo marito, ma immaginavo che, forse un tempo, doveva averlo amato. Le sue parole mi dicono il contrario.

La guardo per qualche istante, poi torno sulla strada. «Allora perché l'hai sposato?».

«Questo non te lo dirò mai».

****

"Ciao, Alexander, sono Eva. Ho convinto Ella a darmi il tuo numero perché volevo scusarmi con te. Forse ho esagerato, con quella donna. Mi spiace se ti ho messo in imbarazzo".

Non ho nessuna voglia di rispondere a questo messaggio, anche se la parte più razionale di me vuole farlo. Dopo aver accompagnato Carmen a casa sono venuto a rinchiudermi dentro la dependance e mi sono messo a pulire le pistole. Proprio mentre stavo terminando, mi è arrivato il messaggio di Eva.

Sono scontroso e un po' incazzato, anche per questo motivo non dovrei risponderle. In fondo, quella donna non c'entra nulla e conoscendo il mio pessimo carattere so che finirei per trattarla male.

Quello che è successo oggi con Carmen mi ha destabilizzato. Lei si sta frenando perché ha paura di innamorarsi di me, accidenti. Ed io? Chi mi salva?

Nessuno. Perché io sono già fottuto.

Mi ritorna in mente il proposito che mi ero posto: trovarmi una fidanzata.

Ed Eva sembra la donna perfetta.

In verità non so molto su di lei, ma posso sempre recuperare. Mi sembra di esserle piaciuto, almeno esteticamente. Anche lei non è male.

Il cellulare, abbandonato sul tavolino basso del soggiorno, inizia a squillare. Lo recupero senza leggere il mittente.

«Sì?».

È una voce titubante. «Alexander?».

«Sì?», ripeto.

«Sono...sono Eva».

«Oh. Ciao».

Davvero Lex? Puoi fare meglio di così.

«Hai ricevuto il mio messaggio?».

«Sì. Stavo per risponderti», mento.

«Ribadisco le mie scuse. Non avevo il diritto di dire quelle cose. In fondo, ci conosciamo da pochissime ore».

Mi gratto destramente il mento. «Accetto le tue scuse ad una sola condizione».

Ridacchia. «Sono certa che possiamo trovare un accordo».

«Cena con me».

Che banalità. L'idea brillante del secolo.

«Si può fare».

Mi rendo conto, però, che non potrò portarla in nessun ristorante. «Non vorrei fare il marpione, ma sono costretto ad invitarti da me».

Inspiegabilmente lei ridacchia. Devo piacerle davvero. «Significa che porterò io il vino».

«Oh, bene».

«Ella mia ha spiegato il lavoro che fai», mi racconta, «so che non puoi muoverti di casa. Essere una guardia del corpo dev'essere una grande responsabilità».

Più che una responsabilità, per me, è una condanna. «Sì, lo è».

«Allora, quando me la prepari questa cena?», mi chiede allegramente.

Il fatto è che non lo so nemmeno io. Carmen potrebbe mandarmi a chiamare da un momento all'altro, in qualsiasi giorno. «Quando vuoi tu».

«Se vuoi posso venire anche stasera. So che il tuo lavoro ti tiene molto impegnato, capisco che prendere un impegno ed essere sicuro di mantenerlo non ti è possibile».

Valuto la possibilità. In fondo, questa è forse l'unica sera in cui sono quasi sicuro che Carmen non mi manderà a chiamare. Non dopo la nostra discussione. «Sì, credo sia meglio che tu venga stasera».

Lei ride. «Perfetto».

«Allora ci vediamo dopo. Ti scrivo un messaggio con l'indirizzo».

«Va bene. E...Alexander?».

«Dimmi».

«Non so come te la cavi con la cucina, io personalmente sono una frana. Che ne dici se porto con me un take-away».

«Va bene».

«Pizza o cinese?».

Come si ci fosse veramente dubbio.

«Pizza».

«Bene. A più tardi», mi saluta e riattacca.

Le mando il messaggio con l'indirizzo e do un'occhiata all'orologio: si sono già fatte le sei del pomeriggio. Eva non ha stabilito un orario, ma è meglio che mi porti avanti. Sistemo quel poco che c'è da sistemare, visto che sono un uomo molto ordinato e finalmente, dopo mezz'ora, mi decido a fare una lunga doccia. Dopo essermi spogliato, mi infilo sotto la doccia, rimanendo diversi minuti sotto il getto bollente.

E non posso fare a meno di riflettere sulla mia vita.

Penso succeda a tutti, quando si ci trova in uno spazio ristretto, da soli e in silenzio. I pensieri prendono sempre il sopravvento, insieme ai ricordi e agli errori compiuti. Risposte non date, eventi falliti, brutte figure. Tutto torna nel momento in cui l'acqua ti picchietta la testa.

Dopo vent'anni mi ritrovo a volere una relazione con una donna, anche se sta volta è molto diverso. Non mi fa male come una volta pensare alla morte di Elsa e del nostro bambino, ma è come cicatrice ben in vista, pronta a sanguinare da un momento all'altro. Se tutto questo non fosse successo, avrei un figlio ventenne ed una moglie amorevole. Perché Elsa mi amava. L'ho sempre saputo.

Guardandomi indietro riconosco che attribuire la colpa a mio fratello per tutto ciò che è successo è stato scorretto. Tutto è successo per una ragione, su questo non ho dubbi, ma non si tratta di Arran. Si tratta piuttosto dell'uomo che ha investito Elsa, e che è scappato senza nemmeno soccorrerla. Questo tizio maledetto non è mai stato trovato e più volte in tutti questi anni mi sono ritrovato a giurare a me stesso che se mai l'avessi trovato, lo avrei ridotto in cenere, a costo di farmi sbattere in carcere e gettare via la chiave.

Questo mi ricorda che non sono mai stato sulla tomba di Elsa. Non so nemmeno dov'è, o se i suoi genitori hanno deciso di scrivere sulla lapide il nome del bambino che aspettava, anche se scientificamente si trattava solo di un agglomerato di cellule. Non ho mai avuto il coraggio di chiedere, ma so che mia madre, ogni qual volta va al cimitero per far visita ai miei nonni, le lascia dei fiori o un lume. Me lo disse lei una volta, ma io non ho mai avuto il coraggio di chiedere o ribattere.

Esco dalla doccia cercando di scrollarmi di dosso l'inquietudine che mi assale ogni volta che faccio certi pensieri e dopo essermi asciugato indosso un jeans ed una polo. Credo siano sufficienti per una cena in casa mia.

Proprio mentre sto mettendo le scarpe qualcuno bussa alla mia porta.

È ora. Dopo vent'anni, sto tentando di avere una relazione.


Ciao a tutti! Vi piacciono le gif che metto all'inizio di un nuovo capitolo? Sto considerando l'idea di mettere anche il titolo di una canzone, all'inizio del capitolo, voi che ne pensate? L'ascoltereste? Fatemi sapere!

Come vi è sembrato questo capitolo? Secondo voi Carmen e Lex riusciranno a stare lontani? Ed Eva? Che ruolo avrà in tutto ciò?

Non ci resta che scoprirlo!

A presto...


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