The Galway Girl

By Maiaiam

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COMPLETA - SEQUEL SOSPESO Sara, di irlandese, conserva soltanto qualche gene ereditato da una madre che l'ave... More

Prologo
CAST THE GALWAY GIRL
2. London Calling
3. The Wild Boys
4. Cheap Thrills
5. Feel so close
6. Wonderwall
7. Just Hold On
8. Style
9. Ti scatterò una foto
10. Lost Boy
11. When you say nothing at all
12. Wildest Dreams
13. The A Team
14. Single ladies
15. Titanium
16. Sara
17. Somewhere over the Rainbow
18. You are my sunshine
19. No Woman No Cry
20. We will rock you
21. Sick and Tired
22. Faded
23. The one that got away
24. Sign of the times
25. The sound of silence
26. Hey Jude
27. Un senso
28. Kiss me
29. Somebody that I used to know
30. Telephone
31. Demons
32. Come Together
33. Something Stupid
34. Mr. Brightside
35. Drunk in love
36. Rainbow
37. Sunrise
38. Eppure sentire
39. Let's Hurt Tonight
40. Night Changes
41. Supermarket Flowers
42. Once upon a dream
43. Ghost
44. Don't be so shy
45. Tik Tok
46. The Times They Are A Changin'
47. Aria
48. Sorry
Dory e la sua GG
49. Mad World
50. Arms
51. Creep
52. Misery Business
53. La notte
54. Always on my mind
55. Broken
56. Sei nell'anima
57. Supermassive Black Hole
58. Judas
59. Hymn for the weekend
60. From Yesterday
61. Hunter
62. Royals
63. We found love
64. Fever
65. Numb
66. Hero
67. The End
68. Photograph
69. Alla fiera dell'Est
70. Singing in the rain
71. L'isola che non c'è
72. Teorema
73. Romeo and Juliet
74. L'amore esiste
75. Girl from the north country
76. Una canzone per te
77. Yellow
78. Galway Girl
79. You found me

1. The Galway Girl

10.3K 388 318
By Maiaiam

Canzone per il capitolo:

The Galway Girl - Gerard Butler (P.S. I love you OST)

***********************************************

...And I ask now, tell me what would you do

If her hair was black and her eyes were blue

I've travelled around I've been all over this world

Boys I ain't never seen nothin' like a Galway girl...

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Il momento alla fine è giunto. Non posso più evitarlo; dopo tanto soffrire, dopo tanto provare a dissimulare la necessità impellente, devo resistere ancora quest'ultima volta, e poi sarò finalmente libera.

Prendo un respiro profondo... un altro ancora... poi un altro ancora.

« No, aspetta », dico infine mettendo le mani avanti.

Maia alza gli occhi al cielo, snervata dei miei tentennamenti che stanno andando avanti da almeno un quarto d'ora. « Sara, siamo chiuse nel cesso del nostro appartamento da un'infinità di tempo... non ne posso più ».

« Ma io ho paura, Casper », mormoro con lo sguardo da cucciolo che sfodero all'evenienza, ma la mia amica e coinquilina non si lascia di certo raggirare con così poco.

« Sara, non ti sembra di esagerare un pochino? » domanda inarcando vistosamente un sopracciglio.

Sto per rispondere che la questione è, invece, decisamente seria e preoccupante, quando la vecchia porta in legno sverniciato dal tempo viene spalancata di colpo e Silvia entra di corsa nel microscopico bagno che condividiamo da qualche mese. Quando ci vede ancora sedute sul bordo della vasca, la nostra amica ci fissa con gli occhi sbarrati e la bocca aperta; i suoi lunghi capelli scuri, dalle punte che variano periodicamente dal fucsia evidenziatore al rosso magenta - e che le hanno permesso di aggiudicarsi il soprannome di Rainbow nel corso dei mesi-, sono raccolti in una lunga coda di cavallo che le solletica la schiena. « Ma siete ancora a questo punto, voi due? »

Maia cerca subito manforte e sostegno dall'amica che conosce da più tempo di me, spifferando tutto a mie spese. « Sto cercando di farle la ceretta alle gambe; siamo all'ultima striscia, oramai, ma questa mocciosa non vuole più farsela togliere ».

La fisso in cagnesco. « Guarda che io ho cinque anni in meno di voi due, non venti », mi lagno, scrutando timorosa l'ultima striscia di ceretta ancora incollata sulla parte interna del polpaccio: una zona dolorosissima.

Ma Maia mi ignora e tiene lo sguardo sconsolato puntato verso Silvia. A guardarci, sembriamo decisamente ridicole: io con solo l'asciugamano indosso e la maschera esfoliante sul viso, Maia con la maschera purificante all'argilla color verde evidenziatore e Silvia, che gira per l'appartamento con i cerotti sul naso contro i punti neri.

« Resti comunque una mocciosa, Sara. Non puoi avere paura di una stupida ceretta. Hai vent'anni, dovresti essere un po' più coraggiosa », borbotta Silvia, avanzando verso di me con le braccia conserte.

E io sono ancora con la gamba appoggiata alla vasca, incerta e impaurita di tirare via l'ultima striscia.

Sono troppo fifona, non ci posso fare niente; per me è un incubo perfino dovermi aggiustare le sopracciglia con le pinzette.

Quando penso di non avere più altra scelta che tirare via quel maledettissimo strato di stupida sostanza collosa e alquanto rivoltante, l'istinto di sopravvivenza mi fa venire in mente un'idea per sfuggire al mio atroce destino.

« Sentite, pensateci un attimo con attenzione; perché noi donne dobbiamo togliere i peli dalle gambe e da tutte le altre parti? Cioè, i maschi mica lo fanno, è una cosa profondamente ingiusta e maschilista che noi donne dobbiamo essere costrette dalla società a toglierli, infliggendoci del dolore altamente inutile.

Non trovi che sia così, Casper? »

So bene che quando c'è da parlare di femminismo o parità dei sessi, di invettive contro la società, di protezione dei più deboli e di tutto il resto, posso sempre contare sulla mia amica dal nome improbabile. Maia ama definirsi come un "raro esemplare di mozzarella pallida di origini est europee", e il soprannome Casper se l'è dato da sola per via della sua pelle quasi incolore; bionda in origine, si ostina da anni a tingere di nero corvino la chioma perché, così lei sostiene, fa molto strong e girl power; ascolta la musica rock degli hippie degli anni sessanta e sogna di viaggiare per il mondo a bordo di un maggiolino a fiori della Volkswagen; è una single convinta, si inalbera come non mai quando legge i romanzi sui bad boy o guarda i programmi tv con le ballerine svestite in primo piano, ha la gentilezza e la dolcezza di un camionista ucraino ubriaco... e, oltre a tutto questo, Maia è una maestra di asilo nido, educata ed estremamente affettuosa e amorevole con i suoi pargoli al di sotto dei tre anni di età. Le ripetiamo sempre che la faccenda ha dell'incredibile.

I grandi occhi scuri di Silvia mi scrutano con impazienza mentre io sono ancora qui in attesa, con quella stupida striscia di ceretta sulla gamba; dopo qualche istante, la vedo sbuffare prima di mettersi a fissare qualcosa di imprecisato alla finestra posta alle mie spalle. « E quello che diavolo sarebbe? »

Io e Maia ci giriamo di scatto per fissare la finestra socchiusa, immaginandoci di trovare il solito piccione che tenta di entrare come fa tutti i giorni, o addirittura qualcuno che ci sta spiando; viviamo al terzo piano di una palazzina piena zeppa di universitari tra i diciannove e i trent'anni: con tutti i ragazzi che ci sono, non mi meraviglierei di certo di trovare qualcuno intento a sbirciare.

Ma è quando sento un bruciore intenso alla gamba che mi rendo conto della dolorosa realtà: quella di Silvia altro non è stata che una stupidissima sceneggiata messa in piedi a spese della sottoscritta. Mentre ero distratta, mi ha strappato via l'ultima striscia di ceretta, e ora mi ritrovo a urlare un po' per il bruciore, e un po' per la sorpresa. Le lancio d'istinto il bagnoschiuma che trovo a portata di mano ma lei, portiere di pallanuoto, calcio e pallamano, lo acciuffa al volo senza grosse difficoltà e continua a ridere insieme alla sua compare per lo scherzo ben realizzato.

« Stronza », la apostrofo.

« Fottiti », è la sua risposta divertita.

« Avevi una faccia, Sara », continua a sghignazzare Maia, finalmente liberata dal problema ceretta.

In mezzo alle mie imprecazioni ben poco silenziose e a un paio di gomitate, riusciamo a farci spazio tutte insieme davanti al piccolo lavandino per riuscire a toglierci le maschere che ho costretto loro a mettere sul viso, così come facciamo quasi tutti i sabati sera.

« Mettere sta roba sulla faccia per me è una tortura tanto quanto per te lo è la ceretta », borbotta Silvia, quasi lacrimando quando tira via il cerotto per i punti neri. « E poi, vorrei ricordarti che tra cinque minuti inizia Barcellona contro Real Madrid, ottavi di finale di Champions: non me la perderei nemmeno se arrivasse lo spettro di Freddie Mercury fuori dal palazzo a cantarmi Bohemian Rhapsody a mo' di serenata ».

Io e Maia la fissiamo costernata, i visi gocciolanti e scioccati. « Nemmeno in quel caso, Rainbow? Non ci credo », le rispondo scettica.

Silvia sembra pensarci su un attimo, si passa la salvietta sul viso per asciugarlo, e alla fine conclude con una scrollata del capo: « No, ok. Stavo scherzando. I Queen non si toccano ».

Scrollo la testa e riprendo a sciacquarmi il viso, pensando a quanta familiarità abbiamo costruito noi ragazze in così poco tempo di convivenza. Sei mesi fa, quando ero appena arrivata qui a Torino per iniziare a studiare Lettere Moderne, avevo scovato questo appartamento quasi per caso grazie a un annuncio appeso alla bacheca della facoltà. Convinta che avrei convissuto con altre ragazze universitarie come me, magari dello stesso corso, avevo invece trovato due coinquiline che già lavoravano da un po' di tempo: Maia, appena laureata in quella che lei si diverte ancora adesso a chiamare come mocciologia dei piccoli frignoni, e Silvia, la sportiva del gruppo e gemella mancata di Maia, che si era appena laureata in Scienze delle Attività Motorie e Sportive. Si conoscono dalle scuole elementari, o forse ancora da più tempo.

Adesso Silvia allena la squadra femminile di calcio dei pulcini, ma il suo sogno è quello di riuscire a infilarsi negli spogliatoi della Juventus: la sua squadra del cuore; infilarsi in veste di quale ruolo... beh, sinceramente ancora non l'ho capito, ma nutro la profonda convinzione che se fortunatamente incontrasse Buffon per le strade di Torino, non credo proprio che si metterebbe a chiacchierare dell'importanza del riscaldamento prima delle partite, o su quanti minuti di stretching riservi ai muscoli dorsali.

Qualche settimana dopo il mio arrivo nell'appartamento, a completare il quartetto che avremmo a breve istituito, arrivò anche la Sara numero due del gruppo, altrimenti soprannominata Timon per distinguerla dalla sottoscritta, - anche se nessuno ha ancora capito il mistero che ha dato vita a quel buffo soprannome di Disneyana memoria-. Timon è la più piccola del gruppo, in tutti i sensi che si possano immaginare: nonostante l'anno di nascita che condividiamo in comune, tra i nostri compleanni passano parecchi mesi e il suo essere più giovane pare essersi somatizzato a livello della sua altezza, bloccata dai tempi delle scuole medie a uno scarso metro e cinquanta. Dai capelli rossi naturali e le numerose lentiggini sparse sulla pelle diafana, Timon ricorda un piccolo folletto dei boschi con grossi problemi di concentrazione: è svampita e sognatrice, vive sempre tra le nuvole, ma è anche l'animo più pacato e silenzioso del quartetto.

Tra tutte loro, invece, mi sono sempre chiesta quale ruolo dovrei ricoprire io...

Io sono quella che amo definire come la parte anonima del quartetto; difatti, sono l'unica a non avere un soprannome, dopo Rainbow, Timon e Casper. I miei capelli sono anonimamente scuri come quelli di molte altre ragazze, la mia pelle pare una via di mezzo insulsa tra un'esangue pallore, che ricorda le mie origini irlandesi per parte di madre, e una sorta di giallognolo malsano ereditato dalla pelle olivastra del mio italianissimo padre. In sostanza: in estate non mi abbronzo nemmeno se prego in gaelico, e passo i mesi invernali a sembrare una cugina mancata di Lisa Simpson. Certo, qualcuno potrebbe dire che ho due occhi blu che in molti invidierebbero, ma a cosa servono se sono così scuri che quasi nessuno riesce ad accorgersene se non li guarda con attenzione alla luce diretta del sole?

Io sono esattamente quella persona che la gente incontra tutti i giorni per strada, ma che non nota mai; sono quella che viene dimenticata, quella senza sale e sapore, timida il giusto per essere considerata riservata, ma non abbastanza per essere annoverata tra le intriganti e misteriose.

Ecco: il mio soprannome potrebbe essere l'Anonima. In fondo, è proprio così che io mi sono sempre considerata...

Le ragazze mi lasciano al mio bagno caldo prima di recarsi a guardare insieme la partita di calcio in tv, in attesa del ritorno a casa di Timon dalla periodica visita ai suoi genitori. Io, del calcio, so a malapena che si gioca con un pallone rotondo, e solitamente durante le partite passo il tempo a studiare, oppure resto insieme a Timon a guardare qualche serie tv in streaming. Ancora fatico a comprendere perché Maia si ostini a guardare le partite di calcio con Silvia, visto che non credo che le importi molto degli sport; dopo tante settimane di domande, sono giunta alla conclusione che lei lo faccia più per un suo contorto ragionamento mentale: di solito alle donne il calcio non piace e lei si ostina sempre a dire di voler abbattere gli stereotipi di genere, così lo sport in questione svolge per lei la funzione ideale.

A volte Silvia e Maia si arrabbiano con me, anche se lo fanno sempre in buon modo: dicono che dovrei essere più espansiva e intraprendente, che tutte le donne fanno sempre troppo le timide e le insicure e che il mondo avrebbe bisogno di più Rossella O'Hara ed Elizabeth Bennet e meno Cenerentole in attesa del principe azzurro... ma io sono timida per natura, romantica per scelta, sognatrice come conseguenza e... e disillusa dalla vita quotidiana.

Passo la crema sul mio corpo come faccio dopo ogni bagno, ma raramente perdo tempo a guardarmi allo specchio; il mio corpo troppo magro e con forme solo accennate non mi ha mai soddisfatta, e la scarsa altezza mi rende ancora più anonima agli occhi del mondo. Le mie amiche sostengono che io sia carina, che devo smetterla di sentirmi peggio di ciò che sono in realtà, ma non ce la faccio, è più forte di me; nel nostro quartetto sono quella più insicura e moderata, quella che ha avuto l'ultimo ragazzo all'incirca un triliardo di anni fa - e che per giunta è stata pure scaricata dal soggetto in questione -, quella che non esagera mai in niente...

« Sara? Hanno suonato alla porta », strilla Silvia dal divano. « Deve essere Timon che ha di nuovo dimenticato le chiavi di casa! E se non è Freddie Mercury, Del Piero o Damon Salvatore, lo sai che io non muovo il culo da qui per nessunissima ragione! »

Mi avvolgo nell'asciugamano in fretta e furia mentre fisso Maia che, come d'abitudine, era entrata in bagno qualche istante fa e si è messa a far pipì nonostante la mia evidente presenza. Ormai mi sono così abituata alla nostra mancanza reciproca di pudore che non ci faccio nemmeno più caso, anche se all'inizio, a causa del mio animo timido e tendenzialmente riservato, rimanevo puntualmente perplessa. In seguito all'invettiva della mia amica dalla pelle incolore a proposito dei tabù che la società maschilista propina alle donne nei confronti dell'attenzione al proprio corpo e alla sessualità – insomma, uno monologo durato all'incirca dieci minuti e durante il quale Rainbow non faceva altro che dare manforte all'amica -, abbiamo concluso che non ci fosse nulla di male a far pipì anche quando c'erano le altre coinquiline che si lavavano i denti o facevano il bagno – il bagno, esattamente, perché in questo vecchio appartamento non c'è nemmeno una stupidissima doccia -.

« Insomma, Sara, muovi quelle gambette secche che ti ritrovi e va' ad aprire quella cazzo di porta », borbotta Maia con le chiappe ancora sulla ciambella del water. « Io sono alquanto impossibilitata ».

« Ma sono con l'asciugamano e i capelli bagnati! »

Ma lei mi ignora e agita in aria la mano per annullare ogni mia protesta. « Quanti problemi... è solo Timon che ha dimenticato per l'ennesima volta le chiavi di casa ».

Con i capelli raccolti e disordinati sulla testa, prendo un lungo sospiro sconfitto e vado ad aprire la porta alla mia omonima.

Tenendo ben saldo l'asciugamano intorno al mio corpo ancora umido, apro la porta forse con troppa veemenza, determinata a ricordare a Timon che sarebbe anche il momento che si decidesse di ricordare di portare con sé sempre le chiavi e il telefono, invece di dimenticarli dappertutto; ma ciò che mi ritrovo davanti non assomiglia per niente alla Timon-occhi-a-cuore di mia conoscenza...

*********************************

Spazio Dory:

ed ecco il primo capitolo di The Galway Girl! :-)

Forse vi aspettavate subito i prati irlandesi... ma quelli arriveranno a tempo debito, non disperate ;-)

Ci sono un paio di sorpresine qui dentro ( e la sottoscritta è decisamente tra queste perché sì, eccetto per il furgoncino a fiori, quella Maia descritta sono proprio io ehehe )

Questa storia è dedicata soprattutto a Sara xTheGalwayGirlx ... ma anche a Silvia RainbowGirl85, a Timon stayshorty e, un pochetto, anche a me stessa... tra di noi ci sentiamo spesso ma siamo lontane così, anche se solamente dentro questa finzione, possiamo vivere sempre insieme.... sì, lo so, sono dolce come un bignè ricolmo di panna e la smetto subito, se no il diabete è dietro l'angolo :-)

Spero davvero che la storia possa piacervi... e vi avverto che, dopo Top Secret con ogni capitolo con il titolo di un film, qui avverrà la stessa cosa ma con i titoli delle canzoni ;-)

A presto!

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