IL FRATELLO SBAGLIATO

Por MaraEvan9

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Giulia è innamorata di Edoardo da sempre e, quando lui lascia la ragazza storica, crede che sia finalmente ar... Más

Parte 1 LO SBAGLIO
Parte 2 Questioni delicate
Parte 3 Stupide schermaglie
Parte 4 Doppio errore
Parte 5 Il compleanno
Parte 6 Mi confesso!
Parte 7 Scappare per ritornare
Parte 8 Tormento
Parte 9 Complici
Parte 10 Proviamoci...
Parte 11 Cioccolato amaro
Parte 12 Ne sono fuori
Parte 13 Litigare fa bene?
Parte 14 Desiderio e Tormento
Parte 16 La vigilia di Natale (parte2)
Parte 17 In viaggio con te
Parte 18 L'ultimo dell'anno
Parte 19 Non posso!
Parte 20 Beccati!
Parte 21 Cosa hai fatto?
Parte 22 Un crudele destino
Parte 23 Accettazione
Parte 24 Il primo che voglio chiamare
Parte 25 Guerriero
Parte 26 Finalmente sei qui
Parte -commento-
Parte 27 Salvarsi da soli
Parte 28 Il motivo è Thomas?
Parte 29 E se i dubbi mi soffocassero?
Parte 30 Sotto lo sguardo di tutti.
Parte 31 Tradito!
Parte 32 Finalmente noi.
Parte 33 Non guardare. Non soffrire.

Parte 15 La vigilia di Natale (parte1)

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Por MaraEvan9


Thomas

Il Natale non è la mia festa preferita. A dire il vero, non amo le feste in generale. A casa mia festeggiare significa stare insieme, abbracciarsi, baciarsi, ridere, mangiare e bere. Bere tanto e di conseguenza anche ridere tanto. Io non faccio bene nessuna di queste cose, soprattutto se bevo, l'unica cosa che mi riesce è incupirmi.

Osservo con distacco le lucine che illuminano l'albero del soggiorno e mi chiedo quanto tempo perda mia madre a sistemare tutte le decorazioni che colorano l'intero piano terra. Ci sono fiocchi rossi e oro dappertutto, sul soffitto le ghirlande danno l'impressione di essere nella fabbrica di Babbo Natale.

Infilo le mani in tasca trattenendo uno sbuffo. Se potessi, eviterei tutto questo. Andrei a farmi un lungo giro in moto per poi chiudermi in qualche cinema e strafogarmi di popcorn mentre guardo un vecchio film. Ecco, questo sarebbe un programma davvero allettante. I film sono una delle poche cose che non mi stancano mai. Potrei quasi definirla una passione.

E invece mi tocca stare qui. Con la mia famiglia. L'unica che riconosco, che mi ha accolto quando avevo perso tutto. Devo molto ad Alberto e Laura. Se non altro per non avermi lasciato in mano ai servizi sociali. Chissà che fine avrei fatto se lui non mi fosse venuto a prendere. Almeno, quella sciagurata della mia madre biologica una cosa buona l'ha fatta quando ha messo il nome di Alberto nel mio certificato di nascita. Altrimenti non avrebbe mai saputo della mia esistenza. E nemmeno io.

Un profumo invitante di biscotti appena sfornati proveniente dalla cucina mi ricorda che oggi è un giorno speciale e che dovrò dedicare almeno una parte del mio tempo alle persone che hanno contribuito a farmi diventare l'uomo che sono adesso. Laura sarà solo la mia madre putativa, ma per me è l'unica. So che mi ama, ma le basi su cui è poggiato il suo affetto sono traballanti. Dopotutto sono il frutto del tradimento del suo caro marito. Lo sa lei, lo so io, come lo sanno tutti.  La conseguenza è che poi mi trasformo in un pezzo di ghiaccio. Chiudo ermeticamente le mie emozioni e tanti saluti alle buone maniere. Perciò, quando accade, preferisco andarmene.

«Ne vuoi uno? Sono alla cannella.» Mamma sorride quando entro in cucina. Le guance rosse sono una testimonianza del suo affaccendarsi intorno al forno.

Non è sola. Nonna Ada è su un lato della penisola intenta a passare con il matterello l'impasto per i tortelli. Lei è la madre di Alberto, perciò è davvero mia nonna. L'unica donna a cui permetto di rivoltarmi come un calzino ogni volta che vuole.

«Ecco il figliol prodigo.» sbotta appena mi scorge sulla porta.

«Non sei stanca di chiamarmi così, nonna?» le domando addentando un biscotto.

«Perché dovrei? Mi serve per ricordarmi che razza di benedizione tu sia per questa famiglia.» nel bene o nel male la sua schiettezza è proverbiale, in alcuni casi, come in questo, non so da quale parte tende di più.

«Grazie per il promemoria, allora.» cerco di alleggerire il tono, ma entrambe alzano il viso e mi guardano.

«Va tutto bene, Thomas?» la voce dolce di mamma è un bacio su una ferita. 

No, non va tutto bene. Ma dirlo ad alta voce equivale a ferirla per il poco rispetto che do al Natale, un momento che invece lei adora e che aspetta tutto l'anno.

«Certo. Sono passato per avvertirti che sto uscendo. Vado a salutare un amico.»

Nonna mi guarda, gli occhi curiosi stretti in due fessure. «E' una donna?»

Alzo un sopracciglio, stupito dalla domanda.

«Sei vestito troppo bene per essere un semplice amico.» Mi fa notare «E poi sembra che tu abbia fatto il bagno nel profumo.»

Mamma scoppia a ridere. Anch'io non riesco a trattenere un sorriso. Nonna ha l'occhio lungo. Non le sfugge mai niente.

«Allora, mi correggo. È un'amica.»

«E questa amica ha un nome?»

Sospiro. Se non parlo non mi lascerà in pace tanto facilmente. «Si chiama Pamela.»

Mamma si porta una mano al petto. «Pamela come la tua ex ragazza del liceo.»

«Proprio quella. Come ho detto è un'amica.» puntualizzo prima che si facciano strane idee. «Dobbiamo solo scambiarci gli auguri.»

«Certo, certo.» fa nonna come se la sapesse lunga. «Anch'io esco la sera della vigilia per incontrare mie vecchie fiamme solo per scambiarci gli auguri.»

«Ada, dai. Lascialo in pace.» Interviene mamma in tono di rimprovero.

«Pamela non è quella ragazza che portava sempre i pantaloncini?» domanda senza dare segno di aver sentito le parole della nuora.

Mi chiedo come faccia a ricordarsi di questo particolare dopo tanti anni.

«Non è bello giudicare le persone solo per come si vestono.» La mia è un'accusa, ma il tono è scherzoso ed entrambe mi sorridono benevole.

«Allora forse mi sarò sbagliata.» Si difende nonna lanciando a mamma un'occhiata eloquente.

Le rivolgo uno sguardo mesto prima di voltarmi per uscire. «Ti dirò se avevi ragione più tardi.» in risposta ricevo un borbottio indistinto che mi fa sorridere. Non lo ammetterò mai con nessuno, ma Nonna Ada è la mia preferita. Lei è uno spirito libero. Da quando è rimasta vedova si è rimboccata le maniche e ha cominciato ad andare in giro per il mondo. Sola o in compagnia non importa. Lei fa come vuole e nessuno si permette di dirle nulla, anche se manca ad eventi importanti legati alla famiglia, poco male. Sceglie lei se partecipare o meno.

In giardino intravedo papà che chiacchiera con Paolo. Mi fanno un cenno di saluto al quale replico distrattamente. Il mio cellulare sta squillando e rispondo prima che l'altra persona rimetta giù: «Sto arrivando.» dico sbrigativo, prima di riattaccare. Pamela prova a richiamare immediatamente ma lascio perdere e mi infilo in macchina. Una cosa che non mi piace di lei è questa: è assillante e appiccicosa. Lo era ai tempi del liceo e, a quanto pare, lo è ancora.

Cerco di ricordarmi perché sto andando a un appuntamento con lei. Forse è stato per dimostrare a me stesso che non sono il solito stronzo insensibile. Sono settimane che Pamela mi prega di vederci. Negarmi ulteriormente significherebbe recidere il cordone che ancora mi tiene ancorato alla mia parte più giovane. Non sono sicuro di voler passare completamente al Thomas adulto, non ancora.

E poi, ho solo accettato un caffè. Non ho il tempo per nient'altro, né la testa. Quella è persa e non riesco a schiodarla da quello che, ormai, è diventato un chiodo fisso: Giulia.

Ripenso continuamente al nostro bacio. Al suo viso arrossato. Al suo corpo caldo. E poi rammento che appena un'ora dopo lei è andata in camera di Edoardo e ci è rimasta per tutta la notte.

Già. Proprio come un cretino ho aspettato sveglio che uscisse. Ma non è accaduto. Il giorno dopo non ci siamo parlati. Lei sta fuggendo da me. Si comporta come se non fosse successo niente. 

Se da una parte voglio fregarmene, dall'altra mi chiedo cosa pensi. Il bacio le è piaciuto, questo non si discute, ne voleva sempre di più, l'ho sentito. Però cosa rimane alla fine? Solo uno sbaglio. Sono sicuro che è così che ha catalogato ciò che è successo, l'ennesimo sbaglio. L'ennesimo affronto.

Quando arrivo davanti alla pasticceria mi stupisco di trovare la macchina di mamma ferma nel parcheggio. Gloria o Edoardo devono essere passati a comprare qualcosa per stasera. All'interno però vedo solo Giulia che aspetta davanti al bancone. Quando i suoi occhi si accorgono di me ha un lieve sussulto che si perde nella musica natalizia mandata a random nel locale.

Mi permetto di osservarla tutta mentre cammino lentamente per raggiungerla. La cuffietta di lana bianca sulla testa le nasconde parte dei capelli, mettendo in risalto l'ovale del viso e le guance arrossate dal freddo. Gli occhi dorati sembrano fuoco liquido. Mi guardano come se volesse scappare e al contempo farsi travolgere da me. È bella oltre ogni aspettativa. Ogni volta in mille modi diversi.

Il suo respiro spezzato mi raggiunge nel momento stesso in cui le sono davanti.

«Ciao.» Sussurro.

«Ciao.» La sua voce sottile è appena udibile. Mi chino in avanti accostando il viso al suo. Mi aspetto che si ritragga, invece lei resta. Sembra trattenere il respiro ma poi aspira, annusa l'aria intorno a noi e io so che sta annusando me.

Le sue palpebre hanno un fremito, schiude le labbra e io mi ritrovo ipnotizzato dalla sua lingua che le inumidisce.

Chiudo gli occhi di scatto trattenendo l'impulso di afferrarla e commettere qualche stupidaggine, come baciarla qui davanti a tutti.

«Così mi uccidi, cazzo!»

«Eh?», trasalisce.

Non dovrebbe stupirsi. Se ancora non ha capito l'effetto che mi fa allora è proprio stupida.

«Thomas, eccoti finalmente!» la voce squillante di Pamela spezza l'incantesimo in cui siamo caduti. Il suo corpo prorompente si accosta al mio avvolgendomi in un abbraccio morbido eppure freddo. Quando anche le sue labbra toccano le mie guance sono preso da uno strano senso di repulsione che mi spiazza. 

«Ti aspettavo a quel tavolo.» Dichiara intanto Pamela, «ti ho fatto dei cenni appena sei entrato. Non mi hai vista?»

Le sue parole finiscono in sottofondo mentre mi rendo conto che Giulia si è allontanata da noi. La guardo frugare nella sua borsa per prendere il portafoglio e pagare il pacco infiocchettato che le ha messo davanti la commessa.

«Scusa, Pamela. Puoi aspettarmi al tavolo. Ti raggiungo subito.»

«Ma...», non rimango a sentire cosa ha da dire e con due falcate sono davanti a Giulia.

«Ti aiuto.»

Lei mi rivolge un'occhiata corrucciata. «E' solo un pacco.»

Faccio spallucce e prendo la confezione dal bancone che lei blocca prontamente. «Non ho bisogno del tuo aiuto.»

«È buona educazione accettarlo  quando ci viene offerto con tanta gentilezza.»

«Come no.» Borbotta, ma mi lascia fare e insieme ci dirigiamo all'uscita.

«Te l'ha chiesto mia madre?» le domando appena siamo fuori.

«Avrebbe dovuto passare Gloria, ma poi mamma le ha chiesto una messa in piega dell'ultimo minuto. Così sono venuta io.» Sta usando un tono freddo che non mi piace. Evita persino il mio sguardo. Per qualche motivo è di nuovo arrabbiata con me.

Infilo il pacco nel bagagliaio e mi volto per affrontarla. «Che ti prende?»

Giulia si irrigidisce e invece di rispondere apre lo sportello del guidatore e fa per salire a bordo, ma io sono più veloce e la fermo ghermendole un braccio.

«Per nulla gentile e assai maleducata.» le soffio in faccia.

Giulia tenta di sgusciare fuori dalla mia presa, ma ottiene solo che io rafforzi il contatto, peggiorando la situazione. Ora la tengo premuta contro la macchina con tutto il mio corpo. Profumo di miele e gelsomini mi inebria le narici. Lei solleva il petto in un respiro profondo, portando il suo seno a contatto con il mio petto. Nonostante il tessuto spesso dei cappotti riesco a sentire il suo calore.

«Mi lasci andare, o devo mettermi a urlare?»

«Urlare non era quello che avevo in mente.»

«Thomas, che ci fai qui con me?» Sbotta perdendo la pazienza. «Pamela ti sta aspettando.»

«La stessa cosa che tu facevi baciando me, mentre Edoardo ti aspettava a tavola.»

I suoi occhi si spalancano. L'orrore che vi leggo non è per me. È per ciò che ha fatto.

«Ti senti in colpa? È per questo che non mi hai più parlato? Che sei così fredda con me?»

«Davvero ti importa? Non hai idea di quello che sto passando in questi giorni.»  Un sorriso amaro le fiorisce sulle labbra. «Come hai potuto baciarmi in un momento così delicato? Io sto con Edoardo. Tuo fratello!» Sibila feroce come non è mai stata. «Ti rendi conto di quello che hai fatto? Della mancanza di rispetto nei miei confronti e in quelli di tuo...»

«Hai ragione.» la interrompo stringendole i polsi che tengo saldi nelle mani. «Non stavo certo pensando a Edoardo quando ti ho baciata. Non ho avuto rispetto per lui.» ammetto facendola ammutolire. «Ma se parliamo di te, allora le cose cambiano. Perché quando ti bacio è a te che penso. Solo a te.» Le ultime parole sono appena un sussurro.

Giulia trema, sbatte le palpebre ripetutamente. «Certo, come no. Stai cercando di confondermi!»

Con una spinta riesce a sganciarsi dalla mia presa, scivola di lato e si infila in macchina, ma non le permetto di chiudere lo sportello. «Non abbiamo finito.»

«Si, invece. Torna dalla tua amichetta, sarà sicuramente più disponibile di me a...intrattenerti.» Cerca di chiudere con forza lo sportello. Lo trattengo.

«Non sono qui per quello che credi.»

Tiene ostinatamente lo sguardo fisso sul parabrezza. «Qualunque sia il motivo non sono affari miei.»

«Però ti infastidisce che io sia qui con lei.»

«Ti sbagli. Non potrebbe importarmene di meno.»

Trattengo un'imprecazione davanti alla sua ostinazione. «Allora ho capito male. La tua faccia imbronciata non era per me.»

«Oh sì, che era per te.» si volta a guardarmi. «Sei un maledettissimo stronzo, Thomas! Non voglio più che ti avvicini a me. Se lo farai ancora, giuro che dopo che avrò finito con te non sarai più capace di soddisfare una donna.»

Le mie sopracciglia schizzano fino all'attaccature dei capelli. La sorpresa mi fa allentare la presa sullo sportello. Approfittando della mia distrazione, Giulia tira la maniglia dello sportello e chiude con forza. Solo per un soffio le mie dita non finiscono incastrate nella lamiera.

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