Il giovane dei desideri irrea...

Від _Arii_Marti_

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''la morte non può uccidere un sogno, la morte non è la fine dei desideri'' e la tua esistenza serve a dimost... Більше

Prologo
Fascino insolito
Scompiglio
Crisantemi
Domande
Un nome, un significato
Il cimitero
Una strana sensazione
2 Novembre 2021 (40 giorni dopo)
Una sconvolgente scoperta
Un incendio di ametiste
La Rivelazione
La Dimostrazione
Il regno dei cimiteriali
Avversarie simili
Shopping
Le frasi del destino
La mia vita è la tua
La speranza che lenisce la sofferenza
Terremoto
Il rito
La mamma di Cassie
Presentazioni
Dolceamaro
Curiosità traditrice e amicizia fedele
TRE PIANI DI PURA MAGIA
Ops: difficoltà in vista!
17 novembre 2021
Appuntamento
Il treno fantasma
La Parigi sotterranea
Solo contro te stesso
Mezzosangue
Noi
Mille urla nella testa
Sensi di colpa
Quel ricordo feroce
Tu
La causa di tutto
Tre azioni, tre battiti di ali
Primo battito di ali
Secondo battito di ali
Terzo battito di ali
Non ti deluderò
Ferite inguaribili
29 Gennaio 2022
Spazio autrice

Progressi e paure

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Від _Arii_Marti_

Ogni sguardo che condividevo con Burald mi rendeva come una candela, che accendeva i luoghi cupi e, anche se tremava nel buio della notte, era orgogliosa di farlo. Ero speciale, ero la scossa che lo svegliava dal suo stato spettrale. Ero sospesa tra due mondi, ma il rapporto col surreale teneva accesa la mia curiosità: in un certo senso mantenere uno stretto contatto con la morte mi faceva sentire viva.

Avevo sempre Diamond con me, in ogni caso, perciò ogni tanto riuscivo a sciogliermi i capelli: il profumo di gelsomino si liberava nell'aria e si disperdeva, leggero e libero, non più rinchiuso nella mia treccia. La prima volta che mi guardai allo specchio, mi vidi davvero strana: la chioma cadeva morbida e vaporosa sulle mie spalle, addolciva il mio viso affilato e produceva delle piccole onde castane. Non uscivo di casa in quel modo da molto tempo, perciò i compagni di classe sarebbero rimasti stupiti: forse, ora che ormai avevano accettato la mia abitudine di portare la treccia o per lo meno avevano smesso di badarci, avrei risvegliato i loro commenti.

Non potevo sopportarli ancora, adesso che iniziavano a diventare sempre meno frequenti. Mia mamma entrò in bagno all'improvviso e mi fece sobbalzare. -Wow, Cassie, stai benissimo! Forza, cosa aspetti? Corri a scuola o arriverai in ritardo! E non preoccuparti per i capelli: piacerai moltissimo a tutti.

Prima che potessi replicare mi spinse fuori e mi trovai in strada, con i capelli che fluttuavano guidati dal venticello. Non avevo nemmeno un elastico con cui poterli legare. Sospirai e mi diressi verso scuola. "Forza. La mamma è fiera di me, e sta anche diventando meno iperprotettiva perché si fida di Burald, quindi... Devo farmi coraggio per lei, una buona volta."

Non mi fermava più davanti alla porta prima che uscissi di casa, o perlomeno non sempre, non mi guardava più dall'alto al basso e non mi chiedeva più con chi andassi, o perlomeno non ogni volta che tentavo di varcare la soglia di casa per uscire: si limitava a domandarmi se era tutto a posto e mi rivolgeva un sorriso caldo e piacevole. E quel sorriso sembrava dirmi molte cose, sembrava dirmi che l'importante era la mia felicità e che, se io ero contenta, anche lei sarebbe la sarebbe stata. Imparai a dedicarle un po' di tempo ogni tanto e a non trattarla come se fosse solo una poliziotta che mi voleva controllare: la portai a fare shopping e a cercare dei nuovi fiori per il terrazzo... Stavano cambiando molte cose dentro di noi, ma anche tra noi.

-Cosa?! - Alessandro lasciò cadere sul banco la matita che stava mordicchiando. - Massi, sta per arrivare una tempesta di neve, me lo sento!

Lui alzò la testa dal banco, sbadigliando, e si tirò su il cappuccio della felpa. -Che stai dicendo, Ale? Sei sicuro di stare bene?

Il gemello gli tirò una gomitata nelle costole. -Nientepiùtreccinadabambolinaidiota ti dice qualcosa?

Allora anche Massimo mi lanciò un'occhiata. -Ah... Hai ragione bro, sembra molto meno stupida e innocente.

Tornò a dormire. Io andai verso il mio banco, fingendo di non vederli, non sentirli e non sapere della loro esistenza, ma lo sguardo di Alice si soffermò sui miei pugni stretti, sul mio solito abbigliamento casual e, ovviamente, sui capelli. Mi irrigidii e mi preparai a veder spuntare fuori la lingua velenosa dalle sue labbra perfette, e invece sfoderò un sorriso caloroso. -Non ascoltarli, è il loro modo di fare complimenti. Secondo me ti donano. I capelli, intendo.

-Grazie Alice... Non pensavo, non pensavo ti piacessero.

Qualche giorno prima ero andata con lei al cimitero degli animali, per aiutarla a non rimanere sola con Graveyard, e mentre ci incamminavamo insieme avevamo parlato un po' di noi. All'inizio era come se delle minuscole formichine mi salissero dalle braccia e mi riempissero di morsi e pizzicotti: non riuscivo a rimanere ferma e, per qualche ragione, scalpitava in me il desiderio di dirle che anche se ora era a conoscenza del segreto, non aveva nessun diritto di avvicinarsi a Burald. Le avevo perfino permesso di visitare il regno dei cimiteriali insieme a lui... Quella scelta si era trasformata in un magone in gola che non andava più giù: era sconvolta, sì, ma una come lei si riprende in fretta quando è in compagnia di ragazzi carini.

-Allora, ti sei divertita durante il tour del mondo sotterraneo? - mi ero inviperita a un tratto.

- Cassie, ero terrorizzata. Come potevo divertirmi? E poi no, non mi sono divertita affatto. Lo so perché me lo chiedi con quell'aria di sfida: hai paura che ti rubi Burald. - Aveva inarcato le sopracciglia e agitato la testa. - Comunque stai tranquilla, me l'ha detto lui: è legato a te da un patto che non può infrangere. Si tratta del suo lavoro, o forse dovrei dire della sua vita, quindi capisco quanto sia importante. Che senso avrebbe mettermi in mezzo?

- Quindi non mi sono sbagliata... Provavi qualcosa per lui?

Aveva sospirato e si era sistemata i capelli, in modo che le ciocche ondulate le incorniciassero alla perfezione il viso delicato. - Beh, forse... qualcosina... - La fissavo con gli occhi spalancati dallo stupore, e forse se ne accorse. -Che c'è?

-Beh, mi sembra strano che tu ti tiri indietro così facilmente.

Il suo sguardo, ammorbidito dalle lunghe ciglia e le iridi dal colore caldo, era diventato più ostile.... O magari non proprio ostile, più che altro... frustrato. Aveva stretto i denti e le erano apparse le fossette in una smorfia di amarezza.

-Pensi che sia una povera bambolina senza cervello? E senza cuore? Che segue la prima attrazione e non ragiona più? Non sono come mi credete tutti. Sono capace di rinunciare o di ricevere un rifiuto, sono capace di riconoscere quando una persona che mi piace è fatta per un'altra persona.

Avevo abbassato lo sguardo e fissato il terreno, pieno di foglie che scricchiolavano quando le calpestavo: con i loro colori autunnali ravvivavano la strada, che invece era grigia come il cielo. Con la punta della scarpa avevo toccato una crepa nell'asfalto. Poteva farmi sprofondare dentro di lei, per favore? Alice aveva ragione: ero caduta nella trappola dei pregiudizi. Non ero riuscita a vedere sotto la superficie.

-Quindi sei convinta che noi due...

-Basta guardarvi. Fate venire una sensazione strana, come se qualcuno stesse salendo dall'altro mondo per unirvi. - Abbassò la voce, forse per essere più delicata. - A proposito, mi dispiace per la tua perdita.

Avevo accennato un sorriso, ma... Sapeva anche della mia perdita? Dal fregarsene altamente dei miei problemi, era passata a dirmi che le dispiaceva? E poi, lo diceva come se fosse appena successo. Dopo anni... Non capivo. Però non c'era niente di malvagio o malizioso nelle sue parole. -Grazie Alice, è molto gentile da parte tua capire tutto questo. Forse io stessa non ci sarei riuscita. Ho sbagliato a trattarti così, oggi. Davvero, scusami...

Il bordo della strada era ricoperto da terriccio umido e da erba pallida, ma poco più in là terminava in una discesa ripida della collinetta e si lanciava in un prato spiovente. Su di esso gli alberi erano cresciuti con il tronco inclinato su un lato e le radici che a tratti spuntavano fuori dalla terra, tortuose come labirinti sotterranei. L'odore dello smog delle auto di passaggio sfocava i colori accesi della natura.

Quando eravamo arrivate nel cimitero degli animali del regno sotterraneo, invece, ero stata investita dalla luce violenta del fuoco: si agitava in tutte le direzioni, mosso dal vento, e il suo avvolgere ogni cosa, il suo alzarsi verso il cielo e il suo produrre un rumore roco mi logorava. Avevo iniziato a sudare: la pelle mi scottava e un calore ustionante mi divampava dentro.

Graveyard aveva salutato Alice e poi me, con un cenno della mano e un ampio sorriso, ma il mio sguardo era caduto nei suoi occhi, che luccicavano di viola e riflettevano l'incendio. Guardavano con soddisfazione le piccole tombe, al fianco delle quali si trovavano statue che raffiguravano animali: un gatto, seduto su una specie di piedistallo, lanciava uno sguardo felino con i suoi occhietti socchiusi, un cane accucciato invece teneva tra i denti un grande osso e aveva la coda sollevata, forse per la gioia e il divertimento. Di fianco alle lapidi in miniatura erano sistemate girandole colorate, gomitoli, collarini e ciotole vuote, che un tempo contenevano croccantini e cibo per animali.

Le cappelle erano basse quanto un bambino di sette anni, e riproducevano la forma delle cucce: il tetto a punta, i giochi che pendevano dal soffitto... Era perfetto... Però rendeva più pesante la malinconia.

Mi ero soffermata molto sulla tomba di un volpino con le orecchie dritte sulla testa. Di fianco alla sua foto c'erano l'incisione del nome e un piccolo bigliettino arancione. Lo avevo aperto.

Sei sempre stato dolce e ubbidiente, Bobo, ti ricorderò per sempre. Il tuo padrone vecchio ti ha abbandonato, ma io non lo farò mai.

Diamond

Per un istante mi era mancato il respiro: quella letterina doveva essere proprio sua, perché era ricca di affetto, di un affetto incondizionato che solo lui sapeva dare. Mi aveva riempita di brividi e. Non ero riuscita a fare a meno di pensare agli occhi di Diamond, lucidi come specchi, che riflettevano quel regno infernale e si riempivano di terrore.

Chissà come lo aveva ucciso il Dio dei cimiteriali... Come lo aveva fatto soffrire... Non l'aveva lasciato divorare dal fuoco, vero? Per favore, per favore, per favore. Ma mille ipotesi tremende mi affollavano la mente e non riuscivo a liberarmene. Burald non voleva dirmi nulla, mi ripeteva sempre e solo che non dovevo preoccuparmi e non aveva sentito molto dolore.

Mi era venuta la nausea e mi ero sentita una stretta allo stomaco. Alice mi aveva osservato: le si era accesa un allarme nelle pupille. -Cassie, stai bene?

Avevo scosso il capo. -Per favore, posso tornare su?

-Certo, non preoccuparti, vuoi che ti accompagni?

-Non c'è bisogno, grazie.

Mi ero incamminata, anzi, ero corsa verso la tomba ascensore. Ero oppressa da tutto quel fuoco, tutte quelle ingiustizie, tutto quel viola bluastro simile a un immenso livido che aveva dominato il mondo dopo una brutta caduta. Il mio respiro era diventato affannoso. Avevo lasciato Graveyard solo con Alice: forse lei si era fatta coraggio, ma io no. Iniziavo a essere a disagio nel regno dei cimiteriali, perché mi aveva strappato via Diamond, però riconoscevo che allo stesso tempo mi consentiva rimanergli ancora vicina. Dovevo mettere da parte ogni paura e continuare a frequentarlo. A tutti i costi.

Dopo quell'episodio dovetti nascondere a Burald questo mio timore e andare avanti come se nulla fosse. Da un lato adesso potevo sciogliermi i capelli, lasciarmi andare ed essere certa che mio fratello fosse sempre con me, ma dall'altro... In quel regno vivevano gli esseri spregevoli che lo avevano ucciso. Mi si stringeva lo stomaco ogni volta, mi venivano le vertigini ogni volta, e le lacrime mi offuscavano la vista. Che schifo. Il mondo dei cimiteriali faceva schifo. Il mondo dei cimiteriali era un plotone di esecuzione per tutti loro.

-Cassie, mi sembri agitata. Forse è meglio se non veniamo giù per un po'.

-No, ci mancherebbe, sto benissimo qui!

-Non credo. Non è il tuo ambiente naturale.

- Tu sei il mio ambiente naturale, Burald.

Ma non era così: negli ultimi tempi stava cercando di tenermi lontana da quel luogo perché iniziava a sospettare qualcosa, e mi stava proteggendo fin troppo. Se continuavo a farmi del male e tornarci, era per una buona causa e non doveva proibirmelo, non doveva limitarmi.

A volte Burald mi metteva in contatto con Diamond, in modo che ci potessimo scambiare dei messaggi, ma non glielo chiedevo tanto spesso perché questo poteva metterlo a rischio. Mi sembrava che Burald mi guidasse in silenzio e non mi volesse rivelare più niente del suo passato o in generale di sé stesso: o mi nascondeva qualcosa di molto doloroso, oppure c'era qualcos'altro che non andava.

Proprio quando tutto avrebbe dovuto procedere a gonfie vele, il vento si stava fermando. Dovevo inventarmi qualcosa per liberarmi dal lutto una volta per tutte e togliergli la maschera con cui si stava nascondendo a me. Ma cosa? 

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